martedì 16 febbraio 2021

" Guardatevi dal lievito dei farisei " (Mc 8,15)

 



"Noè trovò grazia agli occhi del Signore"(Gn 6,8)

" Guardatevi dal lievito dei farisei " (Mc 8,15)
Signore sono qui con il desiderio di incontrarti nella Parola che questa mattina hai pensato per me, con la difficoltà a fare ordine ai miei pensieri, a farti spazio perchè entri e mi nutra fin nelle midolla e mi guarisca e mi liberi da tutte le mie angosce.
"Non abbiamo che un solo pane! " ti dicono i discepoli mentre tu li stai mettendo in guardia dal lievito dei farisei, dal pensare che tutto di pende da noi e che tu non c'entri con le nostre insignificanti, banali (per te, presumiamo) preoccupazioni quotidiane.
Avere la memoria corta dipende da quante cose ci sforziamo di metterci dentro, per pianificare, organizzare, acquisire, capire, sentirci forti, autonomi, autosufficienti, più bravi, più in gamba di tanti poveri scemi che non vedono al di là del proprio naso.
Eppure tu Gesù continui a darci credito, ad operare non servenoti di cose mirabolanti, straordinae, ma traendo il molto, il di più, dal poco, dall'insignificante, perchè si manifesti la potenza di Dio e non la nostra forza. Giovanni, quando ti cercava, da picclo ebbe l'intuizione che, per stringerti, abbracciarti, dormire con te, doveva farti spazio.
Un bambino ha le idee chiare su quello che serve per ciò che gli preme.
Allora per Giovanni tu eri l'irrangiunfedgibile, l'imprendibile e così ci ha fatto la catechesi.
Ma anche quando ti facciamo salire sulla nostra barca o noi saliamo sulla tua, che è lo stesso, continuiamo a fare, pensare come se non ci fossi e ci preoccupiamo del pane che non ci siamo portati dietro, senza minimamente uscire fuori da noi stessi e vedere in te il pane di vita eterna.
Come i tuoi apostoli allora, anche noi Signore continuiamo a dare importanza al lievito dei farisei, lo usiamo per fare il nostro pane quotidiano, ignorando la tua Provvidenza, contando solo sulle nostre povere forze.
Eppure, quando partiamo, siamo animati dalle migliori intenzioni, ma ci perdiamo per strada
La mappa ce la scordiamo a casa e il percorso diventa un labirinto da cui non sappiamo sbrogliarci.
La memoria è la prima che va in tilt, quando la preoccupazione di morire di fame prende il sopravvento e tu puoi parlare all'infinito, ma ilnostro cuore si chiude a riccio, entriamo in confusione, ci viene il panico e stiamo male.
Gesù quanto vorrei che la porta del mio cuore fosse sempre aperta per te, che fosse in grado di riconoscerti, anche quando i tuoi connotati sono diversi da quelli che ci aspetteremmo.
Oggi è Carnevale e, anche se mai ho sentito il bisogno, il desiderio di mascherarmi, e mai l'ho fatto, forse perchè vivevo in maschera da quando non mi sono sentita ok per chi era addetto alla mia educazione e formazione.
Ho pensato però a fare maschere per i piccoli che mi erano affidati, immedesimandomi nel loro desiderio di vivere una giornata spensierata di gioco e di trasgressione.
Costruivo le maschere con quello che avevo, non riuscendo mai a renderli felici, perchè si sa che le maschere sono scomode, anche quelle più costose.
Ricordo le maschere di lana che confezionai appositamente perchè Franco prima e poi suo figlio Giovanni non avessero freddo e potessero il mese di febbraio farsi ammirare per le strade della città senza dover mettere il cappotto.
La maschera da clown, da Arlecchino, da cocher....
Tempi lontani di cui non ricordo il sorriso e la gratitudine dei piccoli, quanto la mia soddisfazione ad essere così brava ad inventare cose a cui nessuno aveva pensato.
Il mio orgoglio mi ha portato a fare tante cose inutili che non servivano a far felici ma ad autoincensarmi perchè ero brava, specialmente a creare con poco, con ciò che per gli altri era da buttare, cose utili, belle, uniche.
In questa mia storia di esaltazione personale dove non trovavo mai la misura tu sei entrato o mio Signore e mi hai preso per mano.
Nel deserto in cui mi hai portato io non volevo entrare e ho lottato con tutte le mie forze per trovare un pane diverso da quello che tu mi offrivi.
Sul corpo porto i segni di questa lotta titanica per non dare a te lo scettro della mia vita.
Ma tu Signore non hai desistito e hai continuato a picconare il mio cuore di pietra, a demolire le difese che nascondevano la mia fragilità, il mio peccato.
Tu Signore pian piano mi hai tolto tutte le maschere dietro le quali mi nascondevo a te e agli altri.
Mi hai amato di amore eterno, non hai permesso che il tuo santo vedesse la corruzione.
Per questo Signore ti ringrazio, ti lodo e ti benedico.
E' il primo Carnevale che vivo senza preoccupazioni di cibo o di vestito, è il primo che vivo in modo autentico, perchè so che non ti scandalizzi di fronte alla mia nudità, anzi gioisci perchè puoi rivestirmi di luce e farmi segno della tua infinita misericordia.

giovedì 11 febbraio 2021

APRITI!



Sfogliando il diario...
Si sono aperte le cateratte del cielo questa notte.
Finalmente ha piovuto. È da tanto che aspettavamo che accadesse che l'acqua irrigasse i campi, che ci lavasse, ci purificasse, ci rinfrescasse da questo caldo appiccicoso, da questa estate bollente.
“Apriti!” lo dice Gesù al sordomuto perché entri in relazione con i suoi simili, perché esca dall'isolamento che lo tiene separato dai suoi e gli impedisce di dare e di ricevere vita.
Ma Gesù, per chi è sordo e muto, non può ricorrere a parole persuadenti, parole che non sarebbero comprese da chi come il sordomuto è colpito da una malattia che non fa intendere.
I sordomuti capiscono il linguaggio dei gesti, vale a dire che suppliscono con la vista a ciò che le orecchie impediscono di far entrare.
Le orecchie e gli occhi sono la porta attraverso cui può venire comunicato l'amore, la vita. Attraverso gli occhi e le orecchie può passare la guarigione.
Io pensavo che la mia unica parte non malata fossero gli occhi, fino a 35 anni, quando mi accorsi che il problema non era il televisore che volevo cambiare, ma io che avevo bisogno di un paio di occhiali.
Da allora non ho avuto grossi problemi a leggere, a vedere, fino a quando poi ebbi difficoltà a usare un unico paio di occhiali per vedere da vicino e da lontano.
Così cominciai a usare due paia di occhiali che erano estremamente fastidiosi da usare, perché prevedevano ogni volta un fermarmi, un considerare a quale distanza stava l'oggetto da vedere.
Così, nonostante il parere dei medici, per via dell'intervento alla zona cervicale, ho messo le lenti multifocali che mi permettevano di cambiare, senza pensarci troppo, l'oggetto da guardare.
Lenti multifocali, che si sostituirono alle bifocali, che mi permettevano di avere sottomano lo strumento di lavoro, avevano però un difetto: quello di non permettere la visione alle bande laterali, a meno di girare la testa.
Poiché gli interventi mi avevano reso pressoché impossibile la rotazione, mi sono trovata costretta, quando era necessario, a cambiare posizione ogni volta che volevo vedere di lato.
Questo cambiamento di posizione è d'obbligo ancora e mi crea molti problemi, perché o faccio cambiare posizione agli altri o mi posiziono dopo che gli altri si sono accomodati, adeguandomi, quando è possibile, alle esigenze di chi mi sta di fronte.
Mi capita con Gianni al mattino di doverlo letteralmente rincorrere per incrociarne lo sguardo, senza stare male e poter anche capire quello che dice, osservando il movimento delle labbra e degli occhi, quando li apre.
Gli occhi, in questi ultimi, tempi sono diventati molto importanti, da quando ho cominciato a sentirci meno.
Gli occhi hanno sopperito alla deficienza dell'udito.
Ma ora si sono ammalati.
In questo momento uno, il destro, funziona, ma una toppa, una poltiglia melmosa, resinosa li appiccica e mi oscura la visione.
È diventato una lotta leggere, scrivere, vedere.
Dopo l'intervento di ieri, in cui mi hanno bendato un occhio, la cosa è diventata ancora più complicata. (Per fortuna la tortura dura solo un giorno).
La cattiva notizia è che le lacrime artificiali prescritte costano €15 e sono monodose.
Ho fatto il conto che durano 5 giorni, perché le devo mettere tre volte al giorno.
Mi appare sempre più chiaro dove andranno a finire i soldi dell'accompagnamento, ammesso che me li diano.
Ma una riflessione viene da farla.
Ho sempre pensato e detto che il Signore ci aveva rimandato a settembre per il matrimonio, per il figlio, per la casa, per l'uso del denaro, ma, ma mano che procedo mi rendo conto che si può essere rimandati a settembre in un infinito numero di materie.
Per quello che mi riguarda sono stata rimandata per l'uso del corpo, delle orecchie, degli occhi, della bocca, delle mani, dei piedi, dell'intestino, della schiena, dello stomaco e via dicendo.
Gli occhi finora erano salvi e non avrei mai pensato che c'erano crediti in questa materia, specie quando, tolti gli occhiali, a poca distanza dalla conversione, osservando il cielo azzurro, la luce che attraversava l'aria pulita da un recente temporale, gli alberi e tutta la natura rigogliosa di quella stagione che mi pare fosse la primavera, esclamai:”Ma Per lodare e benedire il Signore non c'è bisogno di occhiali, perché queste cose le vedo solo ora che gli occhi mi funzionano meno, secondo i canoni della medicina ufficiale!”
Era il tempo in cui stavo combattendo per cercare gli occhiali giusti, dopo l'ultimo tamponamento, dove erano andate in frantumi le lenti multifocali e cominciò l'odissea della messa a fuoco.
Un bel percorso non c'è che dire.
Ora guardo dalla finestra il cielo grigio... continua a piovere dopo un tempo interminabile di solleone, afa e foschia, specie in certe ore.
Penso che questa acqua pulisca ogni cosa, che tornerà il sereno e si rinfrescherà l'aria sì da renderla respirabile.
Ogni temporale è seguito dal sereno che accogliamo sempre con gioia, specie quando l'acquazzone ha rimosso le scorie inquinanti che rendevano l'aria pesante, irrespirabile.
Io ho una cortina davanti agli occhi, una barriera che non mi permette di vedere bene.
Gli esami a settembre sono impegnativi.
Non so quanto studio, interventi, medicine, dispendio di tempo, energie e denaro saranno necessari per vedere in questo rimando ciò di cui ho bisogno o ciò che mi serve.
Non so.
Questo compito per ora è solo cominciato.
Rifletto sul Vangelo e penso che ciò che importa non è ciò che voglio vedere io, ma ciò che Lui vuole che veda.
Che mi tocchi le orecchie, che mi bagni la bocca con la saliva.
Che io veda i segni con i quali Lui, il Signore, vuole comunicarsi a me, vuole donarmi la sua forza.
“Apriti!”
Voglio aprire il mio cuore all'annuncio di salvezza completamente e in modo irrevocabile.
Quando finiranno questi esami?
Signore grazie della tua parola, grazie di questo tempo che mi doni per meditare ciò che mi dici.

martedì 9 febbraio 2021

"Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me" (Mc7,6)




 "Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me" (Mc7,6)

Viviamo di illusioni, cerchiamo in tutti i modi di ingannare noi stessi e gli altri mostrandoci migliori di quello che siamo.
Le letture di oggi mi hanno fatto pensare alla meraviglia dell'inizio, al progetto di Dio sull'uomo che ha creato per amore e chiamato all'amore.
Siamo nati nudi e questo non era, per Chi ci ha creato, un problema perchè non ci sono parti del nostro corpo disdicevoli, brutte, peccaminose.
E' l'uso che se ne fa che rende bello o brutto il nostro corpo, da coprire o da lasciare libero da ogni costrizione.
Adamo ed Eva andarono a nascondersi e si coprirono perchè la malizia, dopo il peccato, era entrata nel loro cuore, la stessa malizia che attribuirono a Dio a cui niente sfugge e che sa come siamo fatti perchè è Lui che ci ha creati e siamo suoi.
Come farebbe una madre a pulire il suo piccolo se non spogliandolo?
E così accade con Dio nostro Padre che non vuole che viviamo nelllo sterco del nostro peccato ed è sempre pronto a lavarci, assolverci, liberarci da tutto ciò che ci fa star male.
Carnevale non a caso è il giorno in cui, se vuoi, puoi fare festa purchè indossi una maschera.
Quando eravamo bambini eravamo tutti eccitati da questo giorno in cui ci sentivamo a nostro agio anche solo indossando una mascherina, se non avevamo soldi e opportunità per coprire tutto il corpo con un abito che ci rendesse diversi, magari irriconoscibili.
La maschera è ciò che impedisce all'altro di guardarti negli occhi di specchiarvisi e lasiarsi definire da quello specchio.
" Non è bene che l'uomo sia solo, voglio fargli uno che gli stia di fronte, lo guardi negli occhi, gli risponda e risponda di lui"
Perchè tutto questo possa accadere, il sogno il progetto di Dio, è necessario gettare via la maschera e non vergognarsi di essere quello che siamo.
Passiamo il tempo purtroppo a pulire l'esterno del bicchiere, trasformando la nostra vita in un eterno carnevale dove è d'obbligo portare la maschera, fabbricarcene una ad ogni occasione, per piacere e compiacere chi abbiamo di fronte o solo per difenderci dai suoi giudizi.
Viviamo la nostra vita escludendo Dio e preoccupandoci solo del giudizio degli uomini.
Ringrazio Dio che mi sta facendo amare la verità, anche se è scomoda, anche se non mi fa onore, anche se mi emargina.
Lo voglio benedire per questo cammino di spogliamento di tutte le sovrastrutture che mi impedivano di vivere libera e in pace con me stessa, con gli altri e con Lui, prima di tutto.
Lo sguardo che oggi sento su di me non è quello delle persone ma il Suo, sguardo di tenerezza, di amore e di compassione.
Non mi interessa cosa di me possono pensare gli altri, perchè a Lui e solo a Lui devo piacere.
Lui è il mio Sposo ed è Lui e solo Lui che mi rende bella.
E' Lui che dopo avermi perdonato per l'ennesima volta, assolta, pulita e cosparsa con l'olio profumato dei re, dei profeti e dei sacerdoti mi accoglie nella sua casa e mi fa sentire una regina rivestendomi delle armi della luce, donandomi la bellezza del suo volto riflessa nei miei occhi, liberi dalle coperture che chiudono l'ingresso al cuore, il terzo occhio come lo chiama Giovanni.
Perchè abbiamo tanta paura a mostrare la verità che ci abita?
Perchè passiamo la vita a giudicare gli altri nascosti dietro faraoniche piramidi di pietra senza apertura, contenenti solo corpi mummificati?
Apriamo i nostri armadi e buttiamo via gli abiti delle tenebre.
Il giorno è vicino, facciamoci trovare pronti ad accogliere il sole di giustizia, la luce che mostra la sua misericordia più che il nostro peccato, la grazia più che la nostra indegnità.
Lasciamoci toccare da Gesù, guardare da Lui, per guarire da tutto ciò che ci divide, ci separa da tutto ciò che è bello e buono, opera delle sue mani.
Salomone, dopo aver costruito a Dio il tempio, e avergli dato una casa splendida, una delle sette meraviglie del mondo, si interroga sulla capacità di quell'opera grandiosa di contenere Dio.
Molto spesso le chiese sono uno strumento per mettere anche a Dio una maschera, imprigionandolo in un abito che dovrebbe costringerlo ad agire come noi vorremmo.
E' l'esterno del bicchiere che ci accaniamo a pulire senza preoccuparci delle zozzure che vi sono dentro.
Per questo lodo e benedico il Signore che non ha casa, nè cuscino su cui riposare, non ha bisogno di cattedrali o mausolei per manifestare la sua gloria, per rendersi presente nella nostra vita.
La verità ci rende liberi.
E allora cerchiamo questa verità, la Sua verità che ci darà ali come di colomba e ci farà volare alto nei percorsi delle aquile.
Ci solleverà alla sua altezza e ci cullerà con il soffio del suo amore.
Abbattiamo i muri di cinta, apriamo le porte a Cristo ed entri il nostro Salvatore.
Anche se la casa è in disordine sarà Lui a darci non solo una mano, ma tutto se stesso per rimetterla in ordine e farla più bella e più luminosa per celebrare le nozze del Re con la sua creatura.

domenica 7 febbraio 2021

"Tutti ti cercano!" (Mc1,37)

 


"Tutti ti cercano!" (Mc1,37)

Tutti ti cercano Signore volontariamente, inconsciamente, sentiamo tutti bisogno di verità, di senso, di amore, di eternità, di bene, di pace, di felicità.

Signore ti cerchiamo nei posti sbagliati, nel modo sbagliato, ti cerchiamo per motivi egoistici perché alla fine dei conti pensiamo solo a noi stessi, al nostro tornaconto e degli altri, specie se non li vediamo, non ci importa nulla.

E anche quelli che vivono con noi, quelli che incrociamo sulla nostra strada, facciamo finta di non conoscerli.

Signore tu lo sai.

Abbiamo la memoria corta, ma anche la memoria colpevole perché, quando qualcuno ci fa del male o solo contrasta i nostri piani, lo condanniamo a morte.

Tu sei venuto Signore a instaurare il tuo regno, a riportare l'uomo all'unica vera radice, all'unico nutrimento che non fa morire, all'unica verità che ci accomuna, ma non siamo capaci Signore di starti dietro.

Anche se abbiamo abbondantemente usufruito del tuoi benefici, anche se sappiamo che la nostra vita senza di te vale meno che nulla, ci comportiamo come ciechi, muti, sordi, storpi, lebbrosi, guariti, ci ammaliamo e abbiamo continuamente bisogno del medico che ci guarisca.

Signore ci sono momenti in cui la tua vicinanza è così palpabile, così percepibile che mi sembra assurdo preoccuparmi, lamentarmi, anche solo per dirti ciò che già tu conosci.

Sono momenti di intimità, di paradiso, che però non durano e questo non mi piace.

Specie quando poi mi risucchia la vita con le sue esigenze di vigilanza, di deserto, di solitudine, di dolore, di affanno, occasioni difficili, solitudine.

Signore io vorrei che tu fossi sempre con me, che io possa trovarti quando il bisogno di te è grande.

A volte mi fai restare a digiuno per un tempo che a me sembra insostenibile, a volte il mio cuore si chiude, quando mi trovo nel deserto e il calore del sole mi brucia la pelle, l'assenza di acqua mi infuoca la gola, la sabbia si estende a perdita d'occhio e niente mi indica la direzione .

La sofferenza non si placa, il martirio è quotidiano, di notte e di giorno c'è sempre qualcosa o qualcuno che mi richiama al limite, alle corde impazzite del corpo, la prigione da cui non posso venire liberata.

Io ti cerco perché, quando tu sei con me, questa stanza non ha più parenti, questa casa non è più luogo di lupi solitari, ma soffia attraverso le finestre spalancate la dolce brezza di primavera e i tiepidi raggi del sole si posano sulle mie membra dolenti.

Quando ci sei tu Signore tutto cambia colore, sapore, tutto si trasforma.

Penso che non sei tu che te ne vai, riflettendo sulla Parola che la liturgia di oggi ci propone alla riflessione, ma io che non sono capace di starti dietro.

A volte mi stanco di pregare quando sto un po' meglio, ti cerco di meno appagata da quello che umanamente posso fare, mi piace fare.

Ma la cosa che più mi dispiace è l'incapacità di fare comunione con i miei fratelli, occupata a fuggire dalla bestia che mi perseguita.

Mi sembra di fare ben poco per te Signore, per i fratelli che tu mi hai affidato.

Mi sembra che la mia vita si snodi su un unico binario, quello che porta a liberarmi dal dolore di turno, dalla sofferenza insostenibile che mi provocano le corde tirate del corpo, i lacci, i legami, le bende, i tendini, i muscoli che intrecciano danze fin dentro le midolla.

Come pensare a fare del bene agli altri, quando sono così imprigionata, legata, sofferente?

Un tempo avevo messo al primo posto l'altro, pensando che dovevo amare, servire il mio prossimo senza curarmi di me.

Ci fu qualcuno che mi disse che dell'altro avevo fatto un idolo e che dovevo prima amare me stessa perché altrimenti l'amore era imperfetto.

Se non ami te stesso, non riesci ad amare nessun altro.

Mi sembravano parole vane e vuote e bugiarde e non le compresi allora.

Poi, quando, nonostante gli sforzi, non riuscendo a cavar un ragno dal buco, ricominciai da Maria, andai da lei e le chiesi di aiutarmi in questo cammino di ricerca, di conoscenza della verità che rende liberi.

Così Maria pian piano mi ha condotto per mano con il suo sì a riconoscermi figlia del Padre, a rientrare nella sua casa, mi ha portato a vivere la gioia e la sicurezza che ne veniva dall' essere figlia di Dio.

Mi ha insegnato ad essere figlia, Maria e per questo non finirò mai di ringraziarla, cominciando da quel “kaire”,( rallegrati )che mi aprì le porte della conoscenza..

Perché dovevo essere felice? Mi chiesi

Così scoprii che la felicità viene dal vivere la propria identità di figli di Dio.

Il fatto è che ora io me ne approfitto e spesso mi assolvo, perché ti attribuisco gli stessi sentimenti che un genitore nutre nei confronti dei figli, pronto a perdonare, abbracciare, curare, ammaestrare, consolare.

Io sento che tu sei mio Padre, che mi hai generato, sento che da te dipende ogni più piccolo soffio di vita.

Non riesco a vedere che te, a pensare a te, a vivere con te e per te anche se in modo molto molto imperfetto.

venerdì 5 febbraio 2021

«Il Signore è mia luce e mia salvezza: di chi avrò timore?».Salmo 26




 «Il Signore è mia luce e mia salvezza: di chi avrò timore?».Salmo 26

Il Salmo 26 ci ricorda che Dio non ci abbandona e che sarà sempre al nostro fianco.
A vedere come sono andate a finire le cose, non sembra che Dio mantenga le sue promesse, perché i suoi profeti hanno fatto tutti una brutta fine, senza eccezioni, non avendo risparmiato neanche il Figlio da una fine ignominiomeditasa.
Giovanni Battista è il più grande dei profeti, come lo ha definito Gesù, non ha avuto paura di stigmatizzare il comportamento di Erode tanto da finire decapitato e la sua testa portata su un piatto d'argento per i capricci di una donna e la debolezza di un uomo che così credeva di affermare la sua forza e il suo potere.
Questa mattina voglio fermarmi a riflettere non tanto sulle promesse disattese di Dio, perché sappiamo che Gesù è risorto e nella fede crediamo che con lui risorgeremo, ma sulla responsabilità dei genitori nei riguardi dei figli.
In questo caso Erodiade, la madre della fanciulla che aveva ammaliato il re con la sua danza, ha la più grande responsabilità di quanto è successo.
I genitori sono responsabili non solo di quello che i bambini fanno da piccoli, ma anche di quello che faranno da grandi e insegneranno ai loro figli, nipoti e pronipoti.
Sempre più spesso capita che i coniugi si separino e che poi si servano dei figli per farsi la guerra.
Il genitore non convivente, nelle poche ore che passa con il figlio tende a fargli fare esperienze irripetibili, belle, entusiasmanti, fuori dell'ordinario, perché sia contento e magari si attacchi più a lui e gli voglia più bene.
La condivisione di valori in una coppia sana che insegna a distinguere il bene dal male alla luce della parola di Dio, alla luce della verità, della giustizia è cosa preziosa e rara di questi tempi.
Oggi ricordiamo il martirio di San Giovanni Battista perché non ebbe paura a dire quello che riteneva giusto, quello che lo Spirito gli ispirava e ci rimise la vita.
Ma i genitori di oggi sono capaci di dire dei no imprescindibili ai propri figli, rischiando l'impopolarità o anche il rifiuto?
Voglio pregare per tutti quei genitori che hanno la responsabilità dell'educazione dei propri figli, ma anche per tutti gli educatori, familiari e non perché imparino e attingano da Dio la verità e la trasmettano alle nuove generazioni nella sua purezza e interezza.
Se noi gettiamo un seme già marcio, non possiamo aspettarci che frutti immangiabili, disgustosi e velenosi.
Ringraziamo Giovanni Battista per la sua testimonianza, come tutti i profeti che hanno parlato nel nome di Dio.
Ringraziamo Dio per tutti quelli che oggi ci camminano accanto e dei quali vorremmo accorgerci e dai quali vorremmo essere ammaestrati.
Benediciamolo per la parola che ci ha donato e che ci dona ogni giorno per riflettere su fatti che interessano non la vita di persone vissute tanti anni fa, ma la nostra vita concreta, reale, quotidiana.

mercoledì 3 febbraio 2021

" Il Signore corregge colui che ama" ( Mc 5,34 )




 " Il Signore corregge colui che ama" ( Mc 5,34 )

"Rinfrancate le mani cadenti, e le ginocchia infiacchite" scrive Paolo nella lettera agli Ebrei, perchè ieri come oggi è facile scoraggiarsi, non capire perchè tante cose ci succedono che ci lasciano sconcertati.
"Non avete resistito fino al sangue nella lotta contro il peccato."
Il peccato a cui allude Paolo non è solo quello personale, ma quello le cui conseguenze ricadono su tutti i membri della comunità, pur non essendo tutti peccatori allo stesso modo o non essendolo per niente.
Guardiamo cosa è successo a Gesù, il figlio di Dio durante tutta la sua vita.
Pur essendo senza colpa, si caricò sulle spalle i nostri peccati per liberarci dalla schiavitù del peccato che porta alla morte.
E che dire di Maria, anch'ella concepita senza peccato a cui non una ma sette spade trafissero l'anima, con tutto quello che dovette soffrire come madre di Gesù e come madre nostra, come donna e come sposa di Cristo, come figlia di Dio e sorella in Gesù?
Le vicende della vita di Gesù ce lo presentano, da un lato osannato e cercato per quello che diceva e faceva, per la speranza che aveva riacceso negli animi in attesa di un liberatore, dall'altro rifiutato, perseguitato e messo a morte per paura di perdere i propri privilegi.
Gesù viene rifiutato prima di tutto dai suoi, le persone che lo conoscevano da quando era andato con la sua famiglia ad abitare a Nazaret.
Il carpentiere figlio di... fratello di...come faceva a dire e a fare cose così diverse da quelle che ci si sarebbe aspettati da uno cresciuto in quel luogo con quella famiglia e quella cultura?
E si scandalizzavano di lui.
Lo scandalo è la pietra d'inciampo e, fuor di metafora, significa che ogni novità, ogni cosa che si presenta diversa da quella che ci aspettiamo, ci disorienta e ci irrigidiamo , alziamo i paletti per paura di perdere la nostra posizione.
Cambiare posizione non è facile, specie se ci stai da molto tempo e ci stai comodo.
Gesù scomoda tutti, non c'è dubbio, fino a quando non ci mettiamo sulla traiettoria giusta per raggiungere l'obbiettivo.
Così Gesù limitò i miracoli a Nazaret solo a pochi che lo accolsero senza pregiudizio.
Il rifiuto della novità di Gesù portò i suoi compaesani ad essere privati della grazia.
Se noi non riusciamo a spostarci, Dio ci ha dato l'esempio per primo, scendendo dal cielo su questa terra, incarnandosi e diventando un uomo come noi.
Come potè sentirsi Maria, la madre, quando il figlio si allontanò da casa?
Il rifiuto dei compaesani e dei famigliari fu la prima spada che le trafisse l'anima.
Ma quanto ancora doveva soffrire la madre che, come noi sperimentiamo nella nostra esperienza umana, è quella che si carica sopra le spalle tutti i dolori del figlio.
Non c'è dubbio quindi che la sofferenza non sia riservata solo a chi pecca, che la lotta sia solo per il peccato commesso personalmente.
Tutti prima o poi sperimentiamo che per essere felici dobbiamo diventare fecondi, capaci di dare vita, di uscire dalla nostra terra e andare incontro a Gesù.
Il passo del Vangelo di oggi mi conferma ciò che vivo nel quotidiano.
Nessuno è profeta in patria.
Lo sperimentiamo ogni giorno il fatto che a casa tua, nella tua parrocchia, nel tuo movimento nessuno ti sta a sentire, mentre gli sconosciuti pendono dalle tue labbra, se così si può dire.
Per tanto tempo questo è stato il mio cruccio, ma ora cerco di affidarmi al Signore e ogni mattina gli dico: "Parla, il tuo servo ti ascolta. Cosa posso fare per te?"
Mi sono liberata da tanti pensieri da quando cerco non in me ma in Lui la luce che illumina il cammino.
Maria è la mia consigliera, il mio esempio costante nelle cui mani depongo la mia preghiera.
La mia patria è la sua casa, dove ho nostalgia di tornare.

martedì 2 febbraio 2021

Presentazione di Gesù al tempio.


 " I miei occhi hanno visto la tua salvezza"

" A te una spada trafiggerà l'anima".
Gioia e dolore si intrecciano in questo incontro tra l'uomo e Dio, tra Dio e l'uomo.
Alla fine dei tempi ci sarà solo gioia, ma prima la spada dovrà passare da parte a parte, il dolore dividere in due in una tensione parossistica,
L'umano e il divino si attraversano ma sono a loro volta trattenuti da una forza contraria che sembra avere la meglio.
Ma come per la freccia l'arco si deve tendere al massimo sì che essa possa staccarsi e librarsi nell'aria e penetrare, fendendo l'aria, le profondità dell'etere, così avviene per l'uomo che tende a Dio e per il Dio fatto uomo che insieme a lui vuole portarsi dietro tutti gli uomini da salvare.
"Segno di contraddizione per molti".
La scena della presentazione al tempio è di per sé una contraddizione che leggiamo nelle parole del profeta Simeone che da un lato parla di salvezza e di gloria, dall'altra di spada che trafiggerà l'anima.
Del resto la presentazione al tempio richiama ad un sacrificio antico in cui sull'altare veniva immolato l'offerta che per Abramo era stata il figlio, poi sostituito con un ariete.
L'offerta di Dio prevede sempre una privazione di qualcosa, una rinuncia ad un bene.
La legge antica prevedeva che si facessero sacrifici a Dio e per il primogenito si desse in cambio qualcosa, simbolo di quella rinuncia.
Tutta la vita di Gesù ruota attorno al tempio.
Zaccaria, Simeone, Anna designeranno il Messia nel tempio, Gesù nella sua vita fa sempre riferimento al tempio e alla legge per confermare la giustizia della legge, per testimoniarne lo spirito e ribadirne l'osservanza.
Gesù nel tempio insegnava, nel tempio guariva, nel tempio scacciò i mercanti, nel tempio fu processato.
Ci sono cose buone nel tempio, ma anche cose cattive.
Gesù è venuto a purificare la legge, togliere ciò che era inutile e dannoso, che non era buono per l'uomo.
Oggi Gesù è venuto a mostrare il vero tempio dello spirito, la persona, il luogo d'incontro tra Dio e gli uomini.
Il tempio è il luogo della relazione trinitaria, è ostensorio della divina misericordia di Dio.
Misericordia in cui convergono amore e verità, giustizia e pace.
Il tempio nuovo potrà vedere realizzato ciò che sta più a cuore all'uomo, quando Dio gli avrà chiarificato il desiderio.
Oggi, giorno della presentazione al tempio di Gesù, da un lato vediamo Maria che si offre per essere purificata, dall'altro offre suo figlio per riscattarlo con un umile dono.
La madre e il figlio sono una sola cosa nell'offerta.
L'offerta del figlio passa attraverso l'offerta della madre, ma Gesù dovrà crescere per donarci il suo corpo nell'Eucaristia, offerta sublime all'uomo.
Il tempio nuovo sarà perenne fonte di grazia per tutta l'umanità. 

lunedì 1 febbraio 2021

Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? (Mc 5,7)

 



Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? (Mc 5,7)

Lo dicono i demoni che si erano impossessati di un povero disgraziato, ma lo pensano anche gli abitanti di Gerasa quando vedono il prezzo da pagare per vivere in pace.
Gesù scomoda tutti, non c'è che dire. I suoi interventi non danno paradisi immediati di vita godereccia senza problemi. Tutt'altro. La lotta contro il male è impegnativa, faticosa, sfiancante, rischiosa perchè ci puoi rimettere la testa, la vita, come tutti i martiri che hanno testimoniato fino in fondo che Gesù è il Signore, che le potenze del male non prevarranno.
Ma a ben pensarci il male di per se stesso non ti paga e non ti appaga se non per un periodo molto limitato di tempo. Perchè l'inferno è vivere come i due indemoniati del vangelo di oggi, isolati, separati dalla comunità che non ama quelli che disturbano il loro quieto vivere.
Il quieto vivere quindi sembrerebbe frutto della fede, il paradiso perduto, ma anche qui c'è da riflettere e molto.
Noi tendiamo ad attribuire ad altri la responsabilità di quello che ci accade e non amiamo rimetterci in discussione.


Non mi sento un indemoniata, questo è certo, nè un demonio, ma sicuramente mi sento una di quelli che sente minacciato ciò che possiede dall'eseguire alla lettera quello che dice Gesù.
Faccio fatica a rinunciare a certe cose che non contribuiscono alla mia salute spirituale e per questo chiedo al Signore il distacco da tutto ciò che mi è stato consegnato e che devo restituire.
La mia preghiera incessante è proprio finalizzata a vivere come se fossi povera, pur essendo ricca di tutto, perchè ho Lui che è la mia unica e vera ricchezza.
Non è facile nè scontato rinunciare a ciò che hai di più caro per estirpare il male che scardina la casa dalle fondamenta.
Da poco abbiamo tagliato un pino alto e maestoso la cui ombra l'estate ci dava un po' di refrigerio. Le sue radici avevano sconnesso le scale del portone d'ingresso e avevano dissestato anche parte dei muri di sostegno.
L'abbiamo dovuto abbattere perchè la casa ci sarebbe crollata addosso.
Gli uccellini ora al mattino non mi svegliano più con i loro cinguettii, ed era una festa un canto che mi portava a lodare e ringraziare Dio.
Ora la casa è immersa nel silenzio e il canto si è trasferito nel mio cuore, perchè lì dov'è il tuo cuore c'è anche il tuo tesoro.

mercoledì 16 dicembre 2020

"Stillate cieli dall'alto"

 

"Stillate cieli dall'alto"

Questa è la settimana  della gioia, inaugurata domenica, quella gioia che mi conquistò quando entrai per la prima volta (in verità non era la prima, visto che avevo frequentato per 16 anni un istituto di suore, che a messa bene o male c'ero andata sempre, salvo gli ultimi anni) eppure mi viene di dire la prima volta che entrai in una chiesa.

Si entra con il corpo ma non con il cuore tante volte in una casa, in una storia, in una situazione.

Ecco quel giorno il corpo e il cuore erano sintonizzati se ne ricordo esattamente la data e le parole che ascoltai.

Era giunto il momento di accontentarsi di quello che la vita ti dava, di quello che riuscivi a vedere, sentire, fare.

Quel giorno era importante per me cercare una sedia al riparo dai rigori dell'inverno,in un luogo appartato e silenzioso, per starmene per conto mio.

Fu la gioia prorompente delle lodi del mattino che erano recitate in quella chiesa che mi svegliarono dal sonno e mi fecero tendere le orecchie.

Fu un giorno memorabile quello di una gioia scoperta lì dove mai avrei pensato.

La gioia nella Parola di Dio che non conoscevo e quella dei fedeli che la proclamavano con convinzione..

Erano pochi ma a me bastarono per invidiarli e desiderare di nutrirmi dello stesso cibo.

La mia vita è stata avara di gioie solevo dire fino a poco tempo fa e l'unica cosa che mi invidiano le persone è il marito che mi segue e mi accompagna.

Anche se sto in punto di morte sono una persona fortunata, a detta degli altri.

Anche io penso la stessa cosa... basta accontentarsi, come dice la Scrittura.

Ma io sono una che non si è mai accontentata, che ha sempre guardato non a quello che aveva ma a quello che mi mancava.

Non l'ho preteso dagli altri, però, ma da me stessa e ho cercato di rimediare cercando dentro di me tutto ciò che mi serviva per non soccombere.

Dio in questa storia dell'Antico Testamento, non ce l'ho fatto entrare e le mie gioie erano frutto di sudore, fatica, bravura mia e solo mia.

Oggi la liturgia da un lato ci pone la gioia annunciata a Sion, a Israele, a noi, uno per uno, perchè è finita la condanna, il dolore, il martirio, la persecuzione, la morte.

Ma la cosa sconvolgente è che Dio esulta di gioia per la sua sposa.

Mai abbastanza mi sazierò di questo Dio che si commuove, che soffre e che gioisce, che è vicino a noi nella gioia e nel dolore nella salute e nella malattia.

La perfezione non sta nell'impassibilità davanti ai nostri problemi, ma la sua partecipazione in anima e corpo a tutto ciò che ci affligge o ci fa stare bene.

" La gioia del Signore sia la nostra forza!"...Quando sentivo il sacerdote concedarci con queste parole non ho mai pensato alla sua, al suo cure di carne che esultava per la sua sposa.

Sono sempre più innamorata di questo Dio dal volto umano, un Dio che parla, che ama, che soffre, che spera.

Un Dio che ogni anno ci ripropone il mistero dell'incarnazione, la bellezza del nostro credo in una Persona viva che cammina con noi e che porta la parte più pesante del nostro bagaglio.

" Rallegrati piena di grazia, il Signore è con te!" disse l'angelo a Maria, annunciandogli il concepimento del Figlio di Dio destinato ad essergli Sposo per sempre.

Il cammino dell'Avvento è un cammino nuziale, perchè non puoi amare lo Sposo se non l'hai prima partorito, e non puoi essere madre se non hai fatto esperienza di essere figlia amata sopra ogni altra cosa dal tuo Creatore.

Il Natale è possibile se viviamo nell'ascolto della Parola che era in principio, che era presso Dio che era Dio come dice Giovanni.

Il cammino per partorire Gesù è quello di un'infinita miseria presentata a Dio perchè la trasformi in utero fecondo di gioia senza fine.


martedì 15 dicembre 2020

"Il Signore è vicino a chi lo cerca" (Salmo 33)


 

"Il Signore è vicino a chi lo cerca" (Salmo 33)

Quello che leggiamo nel Vangelo è di straordinaria attualità se ci soffermiamo a riflettere su come va la storia, la nostra e quella delle grandi come delle piccole nazioni.
C'è sempre qualcosa che non ci aspettiamo, un piccolo sassolino, come una grande montagna sorta all'improvviso davanti, un incontro a cui non hai dato importanza, una parola ascoltata per caso, un evento che non hai programmato, che non ti aspetti.
Ognuno di noi ha fatto esperienza di quanto i programmi siano fallaci e anche se riusciamo a realizzarli, a raggiungere l'obiettivo, non è mai come lo pensavamo, lo avevamo programmato.
Anche Dio si è trovato a ricalcolare il suo progetto, visto che il primo, quello che contava sulla risposta di Adamo ed Eva non è andato a buon fine.
Ma a tutto c'è rimedio specie per Dio che scrive dritto sulle righe storte e se una cosa non va come Lui avrebbe voluto, come sarebbe stato giusto fosse, ne fa un'altra migliore e ti stupisce.
Questo Natale ci porti a considerare quanto conti nella realizzazione di ciò che ci sta a cuore la sua collaborazione.
L'uomo lasciato libero fa solo macelli e lo abbiamo visto con Adamo ed Eva che volevano prescindere da Lui.
Nella seconda creazione infatti ha pensato che, se voleva fare l'uomo maschio e femmina a sua immagine e somiglianza, si doveva mettere in gioco totalmente, indossando i nostri panni, diventando uno di noi e agendo dal di dentro per insegnare all'uomo cosa crea l'accordo, l'amore, la somiglianza.
Gesù passò la sua vita a pregare prima e dopo e anche durante qualsiasi sua missione, collegato con il campo base che era la Santissima Trinità, il luogo da cui era partito, l'amore che non si misura.
Certo che si è scelto per essere certo che le cose andassero bene una madre che già aveva fatto esperienza dell'essere figlia amata da Dio a prescindere, il che porta a vivere eucaristicamente la tua vita.
Noi certo non possiamo paragonarci a Dio nel trovare rimedi ai nostri errori, nel non scoraggiarci mai quando le cose vanno a rovescio di come le abbiamo pensate, ma una cosa è certa: con Lui noi faremo cose grandi e se ci fidiamo di Lui, se perseveriamo nel sentirlo amico, fratello, sposo, padre e madre in tutti i momenti della nostra vita, belli e brutti non ce ne pentiremo.
Dio l'ha detto, Dio lo ha già fatto.
Molto spesso mi è capitato, a chi non capita? di pensare che per le piccole cose non è il caso di scomodare Dio e ci rivolgiamo a Lui solo quando la casa è allagata.
E poi, quello che siamo abituati a fare è il dargli consigli, stabilire le priorità d'intervento, insomma fare di Lui un alunno tardo a capire.
Perchè noi, che viviamo in questo mondo, le tocchiamo con mano le cose, ci scottiamo e ci facciamo male e portiamo i segni degli scontri contro la nostra non volontà, sicuramente ne sappiamo più di lui che sta in cielo anche se ha fatto l'esperienza umana fino a morire per noi.
Ma il tempo passa e quelli che stanno in paradiso sono lontani anni luce da noi. E Gesù è uno di questi santi, santissimi, il capo di tutti i santi, direi se dovessi spiegarlo ai miei nipotini.
La cosa che ammazza noi cristiani, che ci fa vivere male, è pensare che Dio sia lontano, che il Vangelo non ci riguarda per sbarcare il lunario della nostra ai suoi occhi insignificante quotidianità.
Alziamo gli occhi al cielo solo quando siamo sommersi dalla polvere e dalle macerie, magari solo per lamentarci o piangerci addosso.
"Quante cose si possono fare con Gesù! "
Non le voglio dimenticare le parole di un bambino a cui fu chiesto di sintetizzare due anni di preparazione alla Prima Comunione.
Che scienza! che intelligenza!
Dalla bocca dei bimbi e dei lattanti proclami la tua lode Signore mio Dio!

domenica 13 dicembre 2020

"Lo Spirito del Signore è sopra di me,mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio" (Is 61,1)



 "Lo Spirito del Signore è sopra di me,mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio" (Is 61,1)

Ai tempi di Giovanni Battista era Dio a scegliere il profeta, non l'uomo a chiedere di diventarlo.

I tempi sono cambiati e in meglio da questo punto di vista,

Perchè ciò che il popolo di Israele aspettava è avvenuto, e noi abbiamo tutti gli strumenti per conoscere Dio e annunciarlo.

Nessuno sapeva come Dio era fatto, per questo era necessario che qualcuno si facesse portavoce della sua parola. 

Oggi noi abbiamo il Vangelo che ci dà i connotati di colui che deve venire a cui non siamo degni di sciogliere neanche i legacci dei sandali.

Mi chiedo se noi cristiani, abbiamo l'umiltà necessaria per portare Cristo ai fratelli nella sua integrità, senza deformarne il volto, stravolgendo il senso del suo messaggio.

Giovanni Battista non cercava visibilità, tanto che si era ritirato nel deserto a contatto con l'essenziale, unica strada perchè Dio possa passare, entrare nella nostra storia, ingombra di pensieri, aspettative, giudizi e pregiudizi, condizionamenti di ogni tipo.

Il deserto è il luogo privilegiato dell'incontro con il Signore, perchè nel deserto sperimenti cosa vale e cosa è superfluo e puoi cogliere la voce di Dio anche quando è nascosta nel vento leggero.

Tutta la liturgia di oggi è incentrata sulla gioia, gioia dell'uomo che si sente oggetto delle attenzioni di Dio, che si sente amato da Dio, gioia prorompente che porta a testimoniarlo fino a mettere in gioco la propria vita. 

" Io gioisco pienamente nel Signore","L'anima mia magnifica il Signore" dice il profeta Isaia, perchè è stato scelto  per portare la bella notizia dell'amore che salva, ma lo dice anche Maria commentando il saluto della cugina Elisabetta che riconosce in lei la portatrice del Salvatore.

"State sempre lieti, pregate incessantemente, in ogni cosa rendete grazie" dice Paolo ai Tessalonicesi, perchè la gioia sia strumento per attendere con fiducia la venuta del Signore.

Il Battesimo ci consacra re, profeti e sacerdoti. 

Anche noi , quindi siamo chiamati a vivere l'attesa con gioia e  gratitudine perchè ognuno di noi è chiamato a far nascere Gesù, non cambiandogli i connotati.

"In mezzo a voi sta uno che non conoscete", dice Giovanni.

Chi conosce Gesù?

Chi è certo che la persona che ha incontrato sia proprio lui?

Quando ci innamoriamo pensiamo sempre che la persona giusta sia quella che ci ha fatto battere il cuore a prima vista.

Ma perchè l'amore duri devi frequentarla, ascoltarla, vedere quello che fa, ascoltare quello che dice e quello che ti dicono gli altri, amici e nemici.

E poi , la cosa più importante è che ti fa stare bene, perchè non ti giudica, ma ti ama a prescindere da quello che sei, fai, dici, taci.

Ti ama e basta.

La nostra condanna è il giudizio degli altri che ci inchioda, ci ingessa, ci costringe a recitare sempre una parte del tutto.

E io sono stanca di aspettare chi si accorga di me, sono stanca di aspettare che qualcuno si convinca che la vita con me è stata inclemente, stanca di aspettare che qualcuno si ricordi che esisto.

Quest'anno non ho voglia di mettere luci e festoni per la casa, non ho voglia di pranzi succulenti, nè di regali che tignola e ruggine corrodono.

Mi piacerebbe far felice qualcuno, questo sì e con questo spirito ho comprato i regali, nonostante la crisi.

Per la Parola di Dio, i calendari liturgici, non ho badato a spese perchè sulla Parola è peccato mortale risparmiare.

Non cerco visibilità o almeno cerco di evitarlo, non voglio che gli altri si accorgano di me perchè sono brava a scrivere, a confezionare cose originali con le mie mani, non voglio distinguermi per il numero di malattie, nè per la capacità di sopportare i dolori.

Vorrei tanto che le persone a cui sono legata attraverso la Parola di Dio incontrino Gesù e lo riconoscano. 

Non voglio cambiargli i connotati, come un tempo facevo, dando importanza alla mia capacità di annunciare il Vangelo in modo chiaro e corretto.

Un tempo ero fiera del lettorato, perchè la mia voce forte e chiara arrivava a tutti e tutti capivano quello che Dio ci diceva nella messa.

Ora non leggo più, perchè non sto più in piedi, ogni giorno gli strumenti umani diminuiscono, diventano difettosi, per questo ti rendo lode, Padre, perchè mi stai portando nel deserto per farti incontrare in ciò che mi manca.

venerdì 11 dicembre 2020

" A chi posso paragonare questa generazione?" (Mt 11,16-19)






 " A chi posso paragonare questa generazione?" (Mt 11,16-19)

C'è gente a cui non va niente bene, vale a dire che è sempre scontenta, ha sempre qualcosa da dire sul comportamento degli altri ergendosi a giudice della storia sia che riguardi una singola persona, sia un gruppo, una nazione, l'intera umanità.
E' l'esercito degli scontenti, quello che anche oggi continua ad animare le dispute più o meno dotte sui talk show televisivi, sui giornali, o semplicemente negli ambiti in cui vive.
Se c'è una cosa che non sopporta Gesù è la gente che giudica, che si mette su un
piedistallo, il piedistallo del giusto e si erge a misura di tutte le cose.
Di gente di questo tipo ne incontro sempre più spesso, ma la prima con cui mi sono scontrata e confrontata sono io che, pur stando in silenzio, giudicavo e prendevo le distanze da tutto ciò che avrebbe potuto farmi soffrire.
Ci ho messo del tempo, tanto tempo a prendere coscienza che non io ero la misura di tutte le cose e se volevo trovare la gioia di vivere dovevo accettarne gioie e dolori, salute e malattia.
Quando neghi, rifiuti ciò che non ti piace e non ti appaga e guardi non quello che hai ma quello che ti manca diventi un infelice.
Questo criterio poi lo applichi anche a tutte le persone che hanno a che fare con te, che incontri, che osservi, che magari sono i tuoi educatori o i tuoi datori di lavoro per finire al coniuge con cui con convinzione hai pensato di vivere la tua vita senza traumi.
Perchè lo sposo te lo scegli, non come la madre il padre, i fratelli, gli educatori e chiaramente ti illudi di trovare finalmente uno che è come te, che la pensa come te, che fa le cose che piacciono a te.
Adamo disse, quando partorì nel sonno Eva (nel sonno, notare) e la vide, pensando di conoscerla" Questa è carne della mia carne, osso delle mie ossa!" salvo poi accorgersi che non la conosceva affatto quando gli diede il frutto della condanna.
"Prometto di esserti fedele nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia" era la formula del matrimonio quando mi sono sposata.
"Con la grazia di Cristo" l'hanno messo dopo ed è ciò che fa la differenza.
Chissà perchè questo passo del vangelo mi ha fatto pensare al matrimonio, quando finisce l'innamoramento e comincia la scelta di amare cercando nell'altro il buono che ha in sè, quel germe divino che te lo fa sentire carne della tua carne ossa delle tue ossa.
E' la grazia di Cristo che ti permette di vedere il bene al di là degli strumenti che usi per realizzarlo, è il Suo amore che potenzia la tua capacità di accogliere e fare tuoi gli insegnamenti, i moniti, i consigli di un eremita o di una persona che si mischia con la gente.
"Tra i nati di donna nessuno fu più grande di Giovanni, l'Immergitore" perchè aveva capito che per preparare la via del Signore bisognava entrare nel deserto, lontano da qualsiasi condizionamento e lasciarsi guidare dalla verità che hai dentro inscritta e che Dio vuole tu porti alla luce.
Un cammino di misericordia a partire da se stessi, quello che con questo anno liturgico dobbiamo intraprendere.
Perchè le più grandi colpe che imputiamo agli altri sono quelle che noi non vogliamo riconoscere in noi stessi.
Imparando a convivere con il grano e la zizzania che portiamo dentro.
Riconoscendoci quindi peccatori davanti a Dio non possiamo fare altro che unirci in coro per chiedere al Signore "pietà!" come siamo soliti fare all'inizio di ogni messa.
Signore perdonaci quando non siamo capaci di farlo con convinzione.

martedì 1 dicembre 2020

" Giudicherà con giustizia i miseri"(Is 11,4)



 " Giudicherà con giustizia i miseri"(Is 11,4)

Passiamo la vita a gareggiare per arrivare primi; per essere giudicati migliori, facciamo carte false.

E' una corsa al massacro e sono pochi quelli che si rassegnano a Qrimanere nella condizione di ultimi, piccoli, disprezzati, giudicati non ok per la nostra società che mette in palio sempre troppo pochi posti per sperare di farcela.

E' una lotta che contraddistingue le nostre relazioni perchè nessuno vuole sentirsi da meno rispetto agli altri, anche se si fa quotidianamente esperienza di fallimento perchè i sapienti, i bravi conoscono tutti i trucchi per raggiungere l'ambito obiettivo.

Quando poi ci capita una pagina del vangelo che contrasta vistosamente con ciò che ci hanno insegnato e che la società pretende da noi, rimaniamo spiazzati e non comprendiamo.

Ho sempre pensato che la Parola di Dio era rivolta ai semplici, a quelli che madre natura non ha dotato di cervello e l'ho snobbata per tanto tempo.

Del resto se si ragiona con il cervello come si fa a dar ragione a Gesù?

E io ero, e ancora lo sono un po', donna di cervello, come si suol dire, donna per cui due più due fa quattro e tutto si spiega con la ragione, cosa di cui mi sono sempre gloriata.

Al cuore non ho mai pensato come sede di sentimenti, come terzo occhio, come custode delle verità più profonde.

I bambini ci insegnano il vangelo, ci definiscono categorie nuove, ci mettono davanti un altro modo per guardare il mondo e le cose.

Nelle catechesi prebattesimali siamo soliti dire questo portando ad esempio la nostra esperienza di nonni a cui Dio ha dato la possibilità di fare gli esami di riparazione con due splendidi libri di carne, i nostri nipotini.

E non è a dire che non ci avesse fornito del materiale necessario quando eravamo giovani sposi, visto che dopo un anno di matrimonio nacque il nostro primo e rimasto unico figlio.

Ma noi, per le vicende della vita ma soprattutto per le nostre abitudini a guardare quello che non c'è e non a ringraziare per quello che c'è, abbiamo slittato lo sguardo sempre lontano dal dono che ci era stato recapitato.

Non mi sono mai fermata a giocare con mio figlio nè ho guardato il mondo con i suoi occhi nel poco tempo che mi era concesso di stare con lui.

Mi dispiace che la malattia, subentrata con la sua venuta al mondo,  sia stata un ostacolo per godere del dono.

Ho cercato lontano ciò che Dio continuava a mettermi vicino.

Ecco perchè le mie frequentazioni non sono state con i piccoli ma con i migliori che mi potevo comprare con il denaro che allora non ci mancava.

Dovevamo sperimentare i limiti di certi nomi, grandezze e specializzazioni, per tornare a valle con le pive nel sacco e tanti problemi irrisolti.

E nel silenzio, nell'angoscia e nel buio di tanti sconvolgimenti, ecco spuntare il germoglio, i germogli su piante ormai inaridite, piante incapaci di dare frutto.

Si può diventare fecondi e felici quando lo stato e la vita e il mondo ti hanno messo da parte, ti hanno cancellato praticamente dai loro registri?

I figli di nostro figlio sono stati

i piccoli libri di carne, cresciuti nelle nostre mani perchè illuminati e alimentati dall'amore di Dio a cui avevamo permesso di penetrare e permeare i nostri cuori .

Essi sono diventati la nostra bibbia, il nostro catechismo, la chiave per entrare nel mistero del regno, nel significato delle parabole.

Le loro domande sono diventate le nostre domande, i loro bisogni, i nostri bisogni, nostri i loro confusi balbettii.

Con loro ho imparato a guardare nel  cielo le stelle e  i fiori nei prati e sugli alberi gli uccelli e le formiche nelle piccole buche.

Ho imparato a piangere e ridere con loro per cose piccole e grandi, a fidarmi senza pregiudizi e paure di tutto ciò che la vita mi metteva davanti.

giovedì 26 novembre 2020

"Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina".(Lc21,28,)

 



"Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina".(Lc21,28,)

O Dio, tu sei il mio Dio, all'aurora ti cerco,  di te ha sete l'anima mia, a te anela la mia carne,  come terra deserta, arida, senz'acqua...Nel mio giaciglio di te mi ricordo, penso a te nelle veglie notturne,...Signore, fino a te giunga il mio grido... esulto all'ombra delle tue ali...

Per te ogni giorno siamo messi a morte, stimati come pecore da macello. Svègliati, perché dormi, Signore? Dèstati, non ci respingere per sempre. Perché nascondi il tuo volto, 

dimentichi la nostra miseria e oppressione? Poiché siamo prostrati nella polvere,  il nostro corpo è steso a terra. Sorgi, vieni in nostro aiuto; salvaci per la tua misericordia...

Quanto vorrei Signore conoscere a memoria tutte le preghiere scritte nel libro della vita, preghiere da te ispirate che mi accompagnino in ogni momento della giornata, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia.

Tu sei un Dio che parla, un Dio che suscita, crea la parola che sale a te non invano.

Questa notte è stato un inferno di dolore.

Pensavo a Daniele nella fossa dei leoni e pensavo che la sua arma è stata un 'incessante preghiera di lode.

Io questa notte non sono stata capace di lodarti, benedirti e ringraziarti, nè di leggere ciò che forse mi avrebbe distratto da tanto dolore.

I miei occhi erano offuscati da un velo che mi impediva di distinguere chiaramente lo scritto.

Ho cercato allora di trovare una posizione che mi permettesse di dare riposo alle membra fiaccate da una lotta impari con il male.

Avrei, come spesso mi accade, chiamato al mio fianco Maria perchè mi aiutasse a contemplare il mistero della mia vita abitata da te.

Ma il dolore era troppo grande per formulare qualsiasi pensiero che mi facesse vivere questo momento come occasione di grazia.

"Rimanete nel mio amore" le parole che mi venivano in mente, rimanere, stare, non fuggire da quel tormento, da questo tormento alle mani, alle braccia, al collo, a tutto il corpo.

Rimanere inchiodati alla croce senza sentire nulla, non il tuo respiro, non il battito del tuo cuore, senza avvertire il tuo sguardo posarsi su di me.

Il sabato santo ho sperimentato questa notte.

"Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina", hai detto.

Ho intrecciato il rosario tra le dita dolenti e ho sperato che il calore del legno d'ulivo dei grani e del crocifisso a cui erano legati sarebbe stato un buon segnale perchè ti accorgessi di me e venissi in mio soccorso.

Ho trovato la pace del cuore stando in silenzio con Maria al mio fianco e la certezza che saresti presto venuto a liberarmi.

Mi si attacchi la lingua al palato se ti dimentico Gerusalemme!