sabato 1 agosto 2020

"Ci ha parlato del Signore, nostro Dio" (Ger 26,16


 Ci ha parlato nel nome del Signore nostro Dio (Ger 26, 16)

Questa mattina voglio riflettere sui peccati di omissione, quei peccati che non ci confessiamo perché non pensiamo che abbiano importanza.
Siamo portati a farci i fatti nostri e a non intervenire quando una presa di posizione potrebbe in qualche maniera danneggiarci o comunque farci perdere tempo.
Normalmente le leggi indicano ciò che non si deve fare e questo è ciò che accomuna anche gran parte delle religioni.
Nella nostra società si è diventati sempre più individualisti specie ora che gli appartamenti sono rigorosamente separati gli uni dagli altri o almeno questo è desiderio di chi se lo può permettere.
Gli ingressi rigorosamente separati, case autonome, recinzioni a prova di ladro, ma anche a prova di vicino, ritenuto a priori scomodo.
La preoccupazione per il pericolo che viene dagli sconosciuti è generalizzata, cosa in effetti vera perché i telegiornali, i mass media non ci risparmiano scene di vittime ingenue cadute nella rete di malavitosi, ma anche di persone di cui si fidavano.
Un tempo vivevamo con le porte aperte e non avevamo nessuna paura di essere aggrediti.
Ci sentivamo liberi di lasciare la chiave nella toppa, perchè nessuno si sentisse escluso dalla nostra ospitalità.
Oggi con l' aumento dei dispositivi per difendersi aumenta anche il nostro isolamento, la nostra insensibilità su ciò che ci accade attorno.
Spesso accade che si trova qualcuno morto solo dopo molti giorni nella sua casa, senza che se ne sia accorto qualcuno.
La tecnologia ci viene in aiuto e ci supporta con diavolerie di ogni tipo per astrarci dal mondo che ci circonda.
E' sotto lo sguardo di tutti, almeno di quei pochi che si fanno delle domande, che non c'è persona che a tavola, al ristorante, in strada, nei luoghi di attesa, in auto, sul treno ecc l'attività principale dei nostri compagni di viaggio.
Usare il telefonino per svago o per lavoro, in relazione strettissima con il proprio tesoro.
Qualche giorno fa mi è capitato di osservare il comportamento di Giovanni il mio nipote più grande che stava aspettando il suo turno per esibirsi sul palco alla batteria.
Io ero tra gli invitati.
Non capita mai che Giovanni non abbia tra le mani il telefonino, ma quella volta non poteva proprio perché doveva esibirsi a momenti.
Per questo si è messo a guardare quello che io stavo facendo col mio telefonino, cosa che lo ha stupito e gli ha fatto esclamare:"Ma nonna quanta fatica e quanta pazienza hai per pubblicare quello che scrivi!"
Anche io in quel momento mi stavo estraniando da ciò che mi circondava, ma l'ora era tarda e dovevo prima di mezzanotte postare sui gruppi la meditazione sulla liturgia del giorno.
Ho pensato che era la prima volta che Giovanni senza lo strumento diabolico ha dimenticato se stesso ed è venuto a me, da quando ha raggiunto l'età per possederlo.
Non posso dire che io sia esente da queste tentazioni diaboliche di ingannare i tempi dell'attesa chattando o lavorando per il mio Signore.
Comunque ricordo con nostalgia il tempo in cui nelle sale di attesa riuscivo a sollecitare gli altri a parlare e condividere con me fatti e aspetti della propria vita.
In quelle occasioni ho favorito l'apertura del cuore, rendendo possibile al Signore di entrare nei nostri discorsi.
Sono stati gli incontri più belli, incontri di storie, incontri di esperienze, incontri di vita.
Il peccato di omissione è frutto della nostra società malata che usa il progresso per dividerci, opera diabolica che ci porta alla morte. Geremia come anche Giovanni Battista, due profeti che oggi la liturgia sottopone alla nostra attenzione non si curano delle conseguenze di delle loro parole suggerite da Dio, faranno una brutta fine.
Certo è che se pensiamo a questo nessuno ha voglia di esporsi perché anche Gesù è stato rifiutato e condannato a morte per quello che diceva incurante delle conseguenze del suo operato.
Allora c'è da chiedersi di che cosa ci dobbiamo occupare, di che cosa ci dobbiamo preoccupare, se la morte aspetta i profeti.
È chiaro che il discorso dell'annuncio per il bene della comunità non attrae, anzi ci porta a fuggire come fece Giona che finì poi nella pancia di un pesce da cui fu rigettato.
Ma se pensiamo alla morte come porta di verità, di giustizia, di vita vera, di eternità, di conoscenza completa del nostro Dio, le paure ci abbandonano e ci viene un coraggio da leoni.
La Fede fa questi miracoli.
Solo chi ha fede può portare avanti un discorso di vita senza paura.
Oggi voglio riflettere su quanto trattenga di ciò che il Signore mi suggerisce e quanto sia disposta a rischiare per Lui.

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