sabato 28 gennaio 2017

Raccontiamoci una storia



"Maestro non t'importa che moriamo?"(Mc 4,38)

Quante volte Signore mi viene il dubbio che non t'importa che moriamo, di paura, di dolore, per qualcosa che ci viene a mancare e che riteniamo indispensabile per la nostra vita.

Vedi Signore noi siamo uomini, e forse qualche volta te lo dimentichi, e siamo tanto fragili, tanto bisognosi di certezze, di stabilità, di tante cose che lottiamo per conquistarle, cose non peccaminose ma utili che ci rendono la vita meno dura.
Vedi Signore tu ci hai dato gli occhi per stupire di fronte alla bellezza del creato, al sorriso di un bimbo, un'opera d'arte. E arriva il momento che te li dobbiamo riconsenare, anche in parte. Non a tutti capita, A me è capitato e ho fatto fatica, faccio fatica ad andare avanti con un occhio solo, che non vede neanche bene.
Ci hai dato le gambe per percorrere le strade del mondo, per muoverci, spostarci da un posto all'altro.
A me piaceva camminare, tanto, e la passione per le lunghe passeggiate è stato ciò che mi ha fatto innamorare dell'uomo che poi ho sposato.
Pensavamo di coltivare questo comune interesse, per tutta la vita, ma dopo neanche un anno ho dovuto riconsegnare ciò a cui ero più legata e di cui andavo orgogliosa.
Paradossalmente io, che del mio corpo salvavo solo le gambe che tutti mi ammiravano, sono stata chiamata a riconsegnarle molto presto.
Mi sono consolata con il fatto che mi piaceva guidare l'auto e andavo fiera dei miei parcheggi al millimetro, dei sorpassi dei tir su strade in salita, della capacità di destreggiarmi nel traffico o di lanciarmi a tavoletta su strade a scorrimento veloce.
Quando piano piano impariamo a fare a meno di ciò che ritenevamo indispensabile, tu presenti un conto ancora più salato e faccio fatica a ridimensionarmi, riducendo lo spazio di azione intorno a me.
Tu sei la mia salvezza, la mia unica speranza, Signore, ma ci sono momenti in cui non riesco a sentirti vicino e vigile, a pregarti, a chiederti aiuto.
Sono i momenti più brutti quelli in cui ogni parola pronunciata sembra inutile, perchè tu sei Dio e vedi tutto e sai tutto e non hai bisogno di qualcuno che ti tiri la giacca o ti conficchi le dita negli occhi, come faceva Giovanni "Sennò significa che non mi stai a sentire!" quando ci raccontavamo le storie nel grande lettone, storie vere, una io e una lui.
Vedi Signore questa dolce abitudine che ci ha accompagnato nei primi anni di vita di questo bimbo, il libro di carne che mi hai mandato a domicilio ora è solo nostalgia di un sogno vissuto in un rendimento di grazie a te.
I nipoti diventano grandi e sentono sempre meno il desiderio di rifugiarsi nelle braccia di chi li ha cresciuti a preghiere, con amore con passione, con la percezione di averti sempre accanto a potenziare le poche forze avanzate allo scempio di tanti naufragi.
Il silenzio di queste stanze ora mi fa più paura di un mare in tempesta.
Come vorrei venire trafitta da una tua parola, come vorrei che tu ti mettessi al mio fianco e mi dicessi; "Raccontiamoci una storia, vera, una tu e una io" e scoprire che è la stessa storia guardata da due punti diversi e che basta solo usare i tuoi occhi e il tuo cuore per vederne la bellezza e innamorarsene.

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