mercoledì 4 novembre 2020

"«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. "(Lc14,26)



 "«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. "(Lc14,26)

Leggendo la Parola che la liturgia oggi ci propone sulla sequela, ho pensato a Giovanni che ieri sera pretendeva di fare un disegno capolavoro, mentre guardava la televisione o anche quando ardeva dal desiderio di leggermi una storia che lui riteneva interessante.

Con grande fatica e poca attenzione ha ascoltato quello che gli stavo raccontando, una storia che un tempo lo avrebbe coinvolto, fatto gioire e gli avrebbe aperto il cuore e la mente.

Ieri proprio con lui abbiamo parlato della necessità dello stop del pensiero, per poter fare qualunque cosa che sia buona per noi e per gli altri.

Quand'era piccolo Giovanni si lamentava perché Dio aveva inventato il cervello per i troppi pensieri che non lo facevano stare tranquillo e oggi ancora dice che non può fare capolavori, proprio perché ha troppe idee in testa.

La cosa capita anche a me che vorrei che ci entrasse tutto o quasi tutto in quello che faccio, che dico, che penso, non essendo disposta a mollare niente, a lasciarmi guidare dallo Spirito in modo fiducioso e docile.

La prima cosa da fare è spegnere la televisione, che significa chiudere le orecchie a ciò che ci viene dal mondo esterno, un mondo filtrato dall'interpretazione dei vari cantastorie, che ti mettono su piatti d'argento il cibo da loro preparato, a volte, anzi quasi sempre tossico, indigesto ma principalmente adulterato.

Quando parlava Gesù, la televisione non c'era, ma sicuramente c'erano falsi maestri, persone che per autorità, per posizione sociale, per vincoli di sangue eccetera venivano messi al primo posto nella scala degli interessi, degli affetti e dell'ascolto.

E poi quale grande richiamo poteva e può essere quello di consigli per accumulare beni, amministrarli o anche non perderli!

Quale grande attenzione, fatica, comporta l'occuparsi e preoccuparsi non solo di noi, ma anche degli altri, sopportandone i pesi del vivere quotidiano!

La nostra vita è fatta di relazioni che ci tengono legati alle cose, alle persone e alla storia, agli eventi passati, presenti e futuri.

La nostra vita si snoda nella continua ricerca del nostro bene, vale a dire del nostro tornaconto personale, strumentalizzando le persone che ci sono più vicine, strumentalizzando esperienze, beni materiali, ma anche doti naturali o capacità acquisite, per stare bene, meglio, per non morire ed essere felici.

Gesù ci dice di smettere di pensare a tutto questo, di fare uno stop del pensiero (quello che ieri ho cercato di insegnare a Giovanni e che gli ha permesso la fine di fare in men che non si dica il suo capolavoro, dopo che aveva stracciato parecchi fogli per l'incapacità di concentrarsi).

Gesù ci dice una cosa che noi sperimentiamo ogni giorno.

Quando perdiamo di vista la cosa importante, facciamo sempre i macelli, bruciamo il cibo che sta cuocendo sul fuoco, dimentichiamo i nostri più elementari doveri di rispetto, di amore nei confronti delle persone, non ci lasciamo formare, istruire, amare dagli altri, occupati concentrati solo su noi stessi.

Sacrosante parole quelle di Gesù, perché ci indica la strada per non smarrirci e per fare quindi dei capolavori.

Se mettiamo lui e al primo posto sicuramente non ci dimenticheremo dei nostri cari, anzi allargheremo la cerchia, nè manderemo in fumo i nostri averi, i nostri beni materiali e spirituali, ma li useremo come meglio conviene.

Il meglio è usare, servirsi di tutto ciò che gratuitamente ci è stato donato da Dio, per essere felici e per rendere felici, mettendo in circolo l'amore.

Ma bisogna crederci, bisogna intanto partire da un atto di fede, un credo ad occhi chiusi ma a cuore aperto.

Credere per vedere.

Quanti occhi si aprono dopo un atto di fede!

Ieri Patrizia mi ha detto che da quando ogni sera prega, il mal di testa non l'ha più avuto.

Io non so se sia effetto della preghiera che non abbia il mal di testa, ma sono certa che adesso è più attenta a vedere quanto non ce l'ha e ringraziare tutte le volte che succede, senza dare per scontato niente.

La fede è ascolto, e partire dal presupposto che l'altro ha ragione, anche quando è arrabbiato, la fede è la disposizione ad accogliere la verità che abita dentro l'altro e da essa lasciarsi trasformare, identificare.

E' l'Altro che ci dice chi siamo e quando l'altro è Gesù siamo certi che non ci sbaglieremo.

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