martedì 3 novembre 2020

"Beato chi prenderà cibo nel regno di Dio" (Lc 14,15)



 "Beato chi prenderà cibo nel regno di Dio" (Lc 14,15)

Un tempo partivo sempre dalla parola che  leggevo sul calendario liturgico appeso sul comodino, la prima su cui al risveglio avevo deciso di posare gli occhi e la mente.

Ed era bello constatare, attraverso le associazioni di idee, i pensieri, le riflessioni, i ricordi supportati dal tuo Spirito, che quella parola era per me, rivolta a me, anche quando a prima vista non sembrava.

Poi ho smesso, perché le letture che si ripropongono durante l'arco dell'anno, sono le stesse e mi sembra che non abbiano niente di  nuovo da dirmi. 

"Dio mi parla, Dio è qui, Dio non mi lascia mai sola ", mi dicevo, perché immancabilmente scoprivo nella Parola un nesso, una connessione con la mia vita e crescevo nella fede.

Oggi è come se avessi gli occhi appannati, il cuore indurito, la mente non più tanto agile, come accade ai vecchi che dimenticano spesso quello che stanno vivendo o facendo e sono bravi solo a ricordare il passato.

Il presente è sempre nebuloso per gli anziani, come se avessero perso la capacità di vivere il qui e ora.

Così questa mattina la tua parola Signore, mi proietta su quanto per me è stato importante scoprire: che la messa è un invito a nozze e che l'abito necessario per parteciparvi è la consapevolezza di quanto tu sei grande e quanto noi siamo immeritevoli, consapevoli della distanza, consapevoli della grazia, consapevoli di non meritare tutto quello che tu ci dai.

Ho letto da qualche parte che la vita è un invito a nozze continuo, non solo la domenica, ma anche ogni giorno, ogni minuto.

Ci chiami a mangiare il tuo corpo e a bere il tuo sangue, a fare tutto quello che tu hai fatto perché fosse per noi un memoriale, vale a dire attuazione di ciò che accadde sulla croce..

"Mangiatene e bevetene tutti… Fate questo in memoria di me... "

La notte in cui fosti tradito, la notte più terribile, più angosciosa, la notte in cui al peso dei nostri peccati, alla condanna immeritata che ti si prospettava, alla solitudine a cui ti hanno lasciato i tuoi amici più intimi, in quella notte tu ci ha invitato a nozze, al banchetto di grasse vivande, di cibi succulenti, la notte in cui fosti tradito hai dato il tuo corpo, il tuo sangue, tutto te stesso, e non ci hai invitati ad essere spettatori delle tue nozze ma ad unirci nel corpo oltre che nello spirito a te.

Scoprire che non siamo invitati ma sposi del Figlio ci coglie impreparati, ci riempie il cuore di gratitudine, di grazia incommensurabile, perché ad una festa di nozze, se gli invitati godono del banchetto, lo sposo e la sposa sono quelli che realizzano la loro tensione all'unità, il loro amore in tutte le sue componenti.

Tu Signore chiami tutti alla festa della vita e pian piano ci conduci sull'alto monte e progressivamente ci istruisci e ci farai assaggiare a piccoli sorsi il vino buono e, dopo che è finito, un altro ancora migliore, trasformando l'acqua in vino perché la festa duri e il tempo si fermi nella gioia dell'incontro con te.

Perché alla fine della festa ci vieni a chiamare e ci porti in disparte e ci rivolgi parole d'amore e ci sollevi alla tua altezza e, lontano da occhi indiscreti, ti doni totalmente a chi ha accettato l'invito e ha apprezzato i tuoi doni e ne è riconoscente nella misura in cui la povertà, la malattia, l'emarginazione sociale avevano decretato la fine della sua funzione su questa terra.

Tu così hai fatto con me e penso che questo accada a tutti quelli che ti cercano con cuore sincero.

Io ti amo Signore, mio Dio e mio redentore, mia roccia, mio Salvatore, ti adoro, mi prostro davanti ai tuoi piedi e ti rendo grazie per tanta tenerezza, mentre dal tuo cuore trafitto sgorga l'acqua viva.

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