lunedì 28 settembre 2020

Chi è il più piccolo fra tutti voi, questi è grande. (Lc 9,48)



Chi è il più piccolo fra tutti voi, questi è grande. (Lc 9,48)

La parola di oggi mi fa tornare indietro, agli anni della mia infanzia, quando noi bambini giocavamo nelle piazze e i vecchi ci stavano a guardare mentre condividevano ricordi, speranze, certezze.

Era bello correre spensierati con gli amici, inventando giochi,  ripetendo quelli che ci avevano insegnato. ... campana, nascondino, acchiapparello, rubabandiera, uno..due...tre...stella ...

Sentirsi liberi di muoversi senza pericolo di rompere qualcosa, sporcare la casa, fare rumore e disturbare i vicini, libertà di muoversi all'aria aperta,  sicuri sotto lo sguardo di chi vigilava sulla nostra incolumità, anche se doveva appoggiarsi ad un bastone.

Questo passo della scrittura mi ha ricordato i tempi della spensieratezza, quando c'era chi provvedeva al cibo e al vestito e al resto, quando la nostra unica preoccupazione era quella di fare presto i compiti senza macchiare il foglio con l'inchiostro, perchè durasse più a lungo il tempo del gioco.

I bambini sono oggi anche protagonisti del vangelo, simbolo di  ogni persona creata per accogliere ed essere accolta.

La grandezza di cui i discepoli discutono è contraddetta da Gesù che vede nei piccoli racchiuso il mistero dell'amore di Dio, il mistero del regno dove gli ultimi saranno i primi e i primi gli ultimi, perchè la grandezza sta nel servire e non nell'essere serviti.

Bambini non si nasce ma si diventa, ritornare bambini, vivere l'infanzia spirituale è la meta che dobbiamo cercare di conquistare,  perchè solo se ti fai bambino Dio ti può abbracciare, solo se ti fai bambino gli altri sono portati a prendersi cura di te, solo se guardi con gli occhi di un bambino non hai paura anche se a prenderti in braccio è una nonna malata e malferma sulle gambe, solo se ti fai bambino capisci quanto bisogno hanno le persone di essere abbracciate e amate da te.

Questa è la lettera che ho scritto a Giovanni( il mio primo nipotino), il libro di carne inviatomi da Dio per spiegarmi il vangelo.

21 gennaio 2003

A Giovanni che gioca sul tappeto

Giovanni stai battendo le mani, seduto sul tappeto tra i tuoi giocattoli.

Gli occhi ti ridono, il piccolo corpo è percorso da un fremito di gioia, guardando le immagini che appaiono sullo schermo della televisione.

Non capisci, Giovanni,come sono belli questi momenti, come irripetibili quelli in cui non ti preoccupi e non pensi a ciò che accadrà nel futuro.

Non hai problemi, Giovanni, tranne quello di tirarti su il naso che cola, riuscire a prendere il giocattolo che in questo momento attrae la tua attenzione.

Ti guardo, Giovanni, sei affidato a me, questo pomeriggio.

Le ossa mi scricchiolano, i nervi, i muscoli del collo sono tesi come corde di uno strumento, mi fanno male, tanto male da chiedermi come io possa badare a te, mentre sto così male.

Il sudore esce dalle mie mani, dagli occhi, da tutta la pelle cui sono sottese le corde dei tendini impazziti.

Mi chiedo come sia possibile che io sia qui con te, piegata perché tu non ti faccia male, impegnata a distrarti e a farti sorridere, ad insegnarti qualcosa di più di quanto finora abbia appreso.

Tu tendi a me le manine, mi sorridi e mi accarezzi, affondando le dita nelle mie guance, aggrappandoti ai capelli fino a farmi male.

Io rido, Giovanni, e godo di te, del tuo essere così maldestro, incapace, indifeso, piccolo, godo della tua pelle morbida e vellutata, godo delle fossette che interrompono la carne tenera delle tue mani, godo dei tuoi piedini costretti in due paia di calzini, perché fa freddo, dei tuoi pochi capelli distribuiti in modo difforme sulla testa tornita da un artefice sommo, godo della tua bocca disegnata da un maestro mirabile, godo delle tue orecchie, del suono della tua voce balbettante sillabe che solo l’amore capisce.

Giovanni sei piccolo, ancora tanto piccolo da poterti tenere stretto e coprirti con le mie braccia.

Sei tanto indifeso che io, la nonna malata ti può difendere.

Ora Giovanni ti basta il mio occhio vigile, la mia mano dolente ma ferma, le mie braccia stracciate nelle più intime fibre per darti sicurezza e conforto.

Ti basta la mia voce che ancora persuade e comunica amore e tenerezza..

Fino a quando?

Giovanni oggi voglio godermi questo momento e ne ringrazio il Signore.

Quando sarai grande, ricorda di osservare i bambini.

Sono la più grande ed efficace scuola d’amore.

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