domenica 3 settembre 2017

Rinneghi se stesso

Meditazioni sulla liturgia di domenica
della XXII settimana del TO anno A


«Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua." (Mt 16,24)

Mi sono sempre fermata su quel "Prenda la sua croce" che viene dopo, perché di croci mi pareva di intendermene, visto come le cose sono andate e continuano ad andare.
La croce è diventata sempre più pesante e portarla con te mi ha salvato.
Mi ha salvato dal desiderio di farla finita, di inveire, imprecare, urlare, scaraventarla verso il cielo, nella convinzione che tu non ci sei, che non sei Padre, perché permetti che i tuoi figli subiscano le pene dell'inferno, prima ancora di andarci.
Ti ho incontrato inchiodato ad una croce e mi sentii accomunata dallo stesso destino, tanto che mi venne spontaneo esclamare, alzando gli occhi al crocifisso quella sera del 5 gennaio del 2000: "Pure tu!"
Allora non feci attenzione più di tanto alle parole che precedettero quel movimento della testa e degli occhi simultaneo alle parole del sacerdote: "L'uomo crede di essere dio ma non è Dio".
Mi colpì il fatto che tu fossi sofferente come me.
Da quel momento cominciò il viaggio con te, standoti accanto, non dietro.
Ho desiderato di conoscerti meglio, di più e non ho trascurato niente per sapere chi eri, da dove venivi e dove andavi.
Ricordo che le tue parole, quando mi vennero incontro, le divorai con avidità, questo sì, erano parole nuove, balsamo per la mia anima, ma al centro continuavo ad esserci io, la protagonista di un destino "sfigato", una vita di solitudine, di dolore, di no ripetuti quasi all'infinito.
Volevo che quei no si cambiassero in sì, che si accendesse qualche scintilla di luce per illuminare la mia notte.
E tu Signore ogni notte sei venuto a visitarmi, a parlarmi, a farmi scendere pian piano dal mio piedistallo, su cui mi ero posta, facendomi un vanto anche di quella croce.
Un vanto nell'essere riuscita a portarla fino a quel momento da sola, senza impazzire, un vanto perché non mi ero data per vinta, un vanto anche l'aver averti incontrato, aver desiderato di conoscerti sempre di più.
Tu sai tutto Signore, il viaggio che abbiamo fatto insieme, senza che io ti riconoscessi davvero, perché ho continuato per tanto tempo a sentirmi uguale a te.
Quanta superbia ha contraddistinto gli anni in cui tu mi spiegavi le scritture, quanta mitezza, pazienza, quanto amore in te che hai permesso che io ti trattassi come una persona simile a me, non Dio, l'essere perfettissimo, creatore e signore del cielo e della terra.
Lo Spirito pian piano mi ha accompagnato in questa discesa graduale dal podio dei vincitori e mi ha fatto sentire il sapore della polvere di cui ero fatta, terra impastata dalle tue mani, terra su cui tu hai soffiato la vita.
Ti lodo, ti benedico e ti ringrazio perché più mi nutro di te più mi viene fame, più desidero che tu non ti allontani da me, che continui ad illuminare i miei passi, e mi purifichi da ogni sozzura e mi dia vita nuova, vita vera, vita di pace, vita di amore, gioia piena alla tua presenza.
Ho sperimentato che nella mia debolezza è la tua forza, che con te si possono fare cose grandi, che senza di te sono come uno che scende nella fossa.
Le parole del Vangelo di oggi le ho sentite tante volte ma non sono mai andata oltre quel “prenda la sua croce”
Ma bisogna rinnegare se stessi. A questo non avevo mai fatto caso.
Lasciare che tu e non noi decidiamo cosa è bene e giusto per vivere non un giorno da dio, ma tutta la vita da figli rigenerati dallo Spirito e destinati ad una gloria più grande.
Ti ringrazio Signore di questo progressivo ridimensionamento, ti ringrazio perchè “ Il tuo giogo infatti è dolce e il tuo carico leggero (cfr Mt 11,30).

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