Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date.(Mt 10,8)
Il 12 luglio di 11 anni fa moriva mio fratello.
Quando gli diagnosticarono 6 mesi di vita, mi sembrò troppo poco il tempo assegnato, mi sembrò un'ingiustizia e ce la misi tutta per procrastinare la sentenza.
Che avesse preso l'abitudine di andare a messa tutti i giorni e di pregare pensai fosse dovuto al tumore che gli aveva invaso il cervello.
La fede con la vita, a mio parere, non aveva niente a che fare.
Effetto placebo, tutt'al più.
Finalmente era giunto il momento di sfoderare la scienza acquisita in anni di sofferenza sperimentata e vissuta ogni giorno, ogni momento nel corpo e nell'anima sempre più grande, sempre più incomprensibile perché priva di senso, quel senso che da anni andavo cercando senza mai trovare risposta.
Il mio tempo da allora fu tutto impiegato a cercare rimedi più o meno efficaci a ciò che niente e nessuno avrebbe potuto cambiare . .
Ma quando ogni speranza annegò nell'inutilità di qualsiasi intervento terapeutico tradizionale o alternativo, scoprii che c'era ancora qualcosa da dargli, ancora qualcosa a cui non avevo ancora pensato, ma che non dovevo più cercare fuori, non aspettarmi dagli altri, ma prendere dentro di me e donare senza aspettare il ricambio.
Fu nella scoperta di un amore donato gratuitamente che si consumarono, ahimè troppo in fretta, i suoi pochi giorni rimasti.
Senza convinzione, ma nella certezza di fargli cosa gradita, cercai un sacerdote che gli portasse la Comunione.
Il 5 gennaio del 2000, il giorno del suo compleanno, spinsi piano le porte della chiesa che mi ha accolta e si è presa cura di me.
Il 5 gennaio finalmente sono entrata dentro la grotta!
Erano secoli che camminavo...
il Signore ha avuto pietà… non mi ha fatto camminare ancora… un giorno prima sono arrivata, ma Lui era lì ad aspettarmi….
Erano 2000 anni che mi aspettava…nella messa, la sera dell’Epifania.
Cinque anni dopo, lo stesso giorno, mio padre è andato a raggiungerlo, come se si fossero dati appuntamento per una vacanza.
La fede ci fece incontrare prima che partisse.
Era bello, negli ultimi tempi parlare di quante volte il Signore attraverso la Madre ci rispondeva.
Facevamo a gara per raccontarcelo, lui cieco e ancorato alla sedia si dispiaceva per me che ero giovane e che anzitempo ero stata chiamata a soffrire.
Parlavamo del viaggio che si accingeva a fare come fosse cosa normale, anzi necessaria.
"Una pianta , quando è piccola, si mette in un piccolo vaso, poi, man mano che cresce si mette in un vaso più grande" gli dicevo.
"Ma arriva il momento che non ci sono più vasi che possano contenerla e deve essere piantata in un grande giardino" concludeva lui.
Nelle mani gli ho messo il mio rosario di legno, perchè potessimo insieme continuare a pregare.
Era quello che una persona di fede, conoscendo la mia avversione viscerale con questa devozione, in chiesa se lo sfilò dalle mani, e me lo diede con l'augurio che potessi trovarvi conforto, consolazione, forza, intimità più profonda con il mistero di Dio e con sua madre, chiamata per prima ad accoglierlo e a viverlo.
Dai quel rosario si sprigionava un calore profondo, rassicurante, intenso quando pensavo a quante persone erano in quei grani, con le loro storie di sofferenza e di morte... quante speranze, quante invocazioni d'aiuto, quanti atti di fede!
In quel legno d'ulivo c'era la passione dell'uomo e la compassione di Dio, c'era l'amore messo in circolo dal sì di Maria, diventata pian piano la nostra compagna di viaggio, mia e di mio padre, la nostra infermiera notturna, la via privilegiata e sicura per entrare nella casa del Padre attraverso il cuore del Figlio.
Oggi, anniversario della loro nascita in cielo voglio ricordarli nella preghiera e ringraziare il Signore perchè , attraversando il deserto, ho visto, grazie a loro, sgorgare l'acqua dalla roccia e mi sono dissetata.
Il 12 luglio di 11 anni fa moriva mio fratello.
Quando gli diagnosticarono 6 mesi di vita, mi sembrò troppo poco il tempo assegnato, mi sembrò un'ingiustizia e ce la misi tutta per procrastinare la sentenza.
Che avesse preso l'abitudine di andare a messa tutti i giorni e di pregare pensai fosse dovuto al tumore che gli aveva invaso il cervello.
La fede con la vita, a mio parere, non aveva niente a che fare.
Effetto placebo, tutt'al più.
Finalmente era giunto il momento di sfoderare la scienza acquisita in anni di sofferenza sperimentata e vissuta ogni giorno, ogni momento nel corpo e nell'anima sempre più grande, sempre più incomprensibile perché priva di senso, quel senso che da anni andavo cercando senza mai trovare risposta.
Il mio tempo da allora fu tutto impiegato a cercare rimedi più o meno efficaci a ciò che niente e nessuno avrebbe potuto cambiare . .
Ma quando ogni speranza annegò nell'inutilità di qualsiasi intervento terapeutico tradizionale o alternativo, scoprii che c'era ancora qualcosa da dargli, ancora qualcosa a cui non avevo ancora pensato, ma che non dovevo più cercare fuori, non aspettarmi dagli altri, ma prendere dentro di me e donare senza aspettare il ricambio.
Fu nella scoperta di un amore donato gratuitamente che si consumarono, ahimè troppo in fretta, i suoi pochi giorni rimasti.
Senza convinzione, ma nella certezza di fargli cosa gradita, cercai un sacerdote che gli portasse la Comunione.
Il 5 gennaio del 2000, il giorno del suo compleanno, spinsi piano le porte della chiesa che mi ha accolta e si è presa cura di me.
Il 5 gennaio finalmente sono entrata dentro la grotta!
Erano secoli che camminavo...
il Signore ha avuto pietà… non mi ha fatto camminare ancora… un giorno prima sono arrivata, ma Lui era lì ad aspettarmi….
Erano 2000 anni che mi aspettava…nella messa, la sera dell’Epifania.
Cinque anni dopo, lo stesso giorno, mio padre è andato a raggiungerlo, come se si fossero dati appuntamento per una vacanza.
La fede ci fece incontrare prima che partisse.
Era bello, negli ultimi tempi parlare di quante volte il Signore attraverso la Madre ci rispondeva.
Facevamo a gara per raccontarcelo, lui cieco e ancorato alla sedia si dispiaceva per me che ero giovane e che anzitempo ero stata chiamata a soffrire.
Parlavamo del viaggio che si accingeva a fare come fosse cosa normale, anzi necessaria.
"Una pianta , quando è piccola, si mette in un piccolo vaso, poi, man mano che cresce si mette in un vaso più grande" gli dicevo.
"Ma arriva il momento che non ci sono più vasi che possano contenerla e deve essere piantata in un grande giardino" concludeva lui.
Nelle mani gli ho messo il mio rosario di legno, perchè potessimo insieme continuare a pregare.
Era quello che una persona di fede, conoscendo la mia avversione viscerale con questa devozione, in chiesa se lo sfilò dalle mani, e me lo diede con l'augurio che potessi trovarvi conforto, consolazione, forza, intimità più profonda con il mistero di Dio e con sua madre, chiamata per prima ad accoglierlo e a viverlo.
Dai quel rosario si sprigionava un calore profondo, rassicurante, intenso quando pensavo a quante persone erano in quei grani, con le loro storie di sofferenza e di morte... quante speranze, quante invocazioni d'aiuto, quanti atti di fede!
In quel legno d'ulivo c'era la passione dell'uomo e la compassione di Dio, c'era l'amore messo in circolo dal sì di Maria, diventata pian piano la nostra compagna di viaggio, mia e di mio padre, la nostra infermiera notturna, la via privilegiata e sicura per entrare nella casa del Padre attraverso il cuore del Figlio.
Oggi, anniversario della loro nascita in cielo voglio ricordarli nella preghiera e ringraziare il Signore perchè , attraversando il deserto, ho visto, grazie a loro, sgorgare l'acqua dalla roccia e mi sono dissetata.
5 commenti:
Mi viene in mente la Trasfigurazione.
Grazie,per aver condiviso con noi questo tratto della tua vita così importante.
Un pensiero sincero di vicinanza fraterna, anche se da... estraneo.Carlo.
Un forte abbraccio con rispettoso silenzio.
@daniela,riccardo, carlo,sorgentediluce.Grazie di cuore
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