sabato 14 dicembre 2019

Il fuoco



"Elia è già venuto e non l'hanno riconosciuto" (Mt 17,12)

Come si fa a riconoscere qualcuno  se non lo si conosce? 
Ci facciamo sempre un'idea sbagliata delle persone, della vita, di Dio, perchè partiamo da noi stessi e non da quello che vediamo, sentiamo, tocchiamo.
Quante volte usciamo scottati da qualche esperienza con i lividi addosso, tramortiti, eppure ci ricadiamo e non mettiamo mai giudizio.
Molte cose che ci fanno male noi continuiamo a sceglierle, a cibarcene e anche se portiamo sul corpo i segni delle scottature, delle esperienze dolorose a riguardo.
Ogni sera, quando mi metto di fronte al Signore per fare l'esame di coscienza, mi viene da piangere e piango realmente perchè, nonostante pentimenti e promesse, continuo a predicare bene e a razzolare male.
Guardo la mia miseria, il mio limite, la mia presunzione di essere brava, buona, utile per il mio Signore e mi riconosco peccatrice, malata, bisognosa di consolazioni e non di punizioni, bisognosa di conferme che c'è chi non mi giudica, ma mi ama a prescindere.
Le lacrime di pentimento si trasformano in torrenti di gratitudine, di dolcezza senza fine che mi rigenerano e lavano tutte le mie ferite.
Così, pur conoscendo il Signore, non mantengo viva la fiamma dell'amore per Lui, me ne allontano quando i pensieri e le faccende del mondo mi portano a correre e a non badare a chi ho al fianco.

Mi dispiace Signore, quando questo accade, e purtroppo accade spesso. 
Vorrei tanto bruciare d'amore per te sì da non dimenticare mai i segni del fuoco che in tante notti buie mi ha illuminato senza peraltro bruciarmi.
E tu sei fuoco che brucia, sei fuoco divorante e spesso vengo meno pensando a quanta grazia mi doni nelle notti appassionate di dolore senza confini.
Ti riconosco, stranamente, solo quando sto tanto male, perchè mi diventi più intimo, più vicino parli al mio cuore e sento di essere ossa delle tue ossa, carne della tua carne.
Ti riconosco Signore in questo dono che tu mi fai di rendermi partecipe del tuo dolore, della tua passione, della tua opera di redenzione per i fratelli lontani.
Eppure non mi sento nè brava nè buona, e spesso faccio quello che a te non piace o ometto di fare ciò che è giusto fare.
Non sono degna Signore di una scelta così impegnativa, di un mandato così coinvolgente e importante come quello che tu mi chiedi o immagino tu mi chieda, da quando ci siamo incontrati e conosciuti.
Tu mi hai scelto Signore, guardandomi.
Si è trattato sicuramente di uno sguardo quello che mi ha catturato e che mi fa desiderare di rifugiarmi nelle tue braccia ogni notte, senza paura di farmi male con i chiodi, le spine e lo stare con te, vicino a te, crocifissa per amore del tuo nome.

1 commento:

Gus O. ha detto...

In quei giorni, Elia, [essendo giunto al monte di Dio, l’Oreb], entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco gli fu rivolta la parola del Signore in questi termini: «Esci e fèrmati sul monte alla presenza del Signore».
Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna.


Ciao Antonietta.