venerdì 31 ottobre 2008

Pietà e tenerezza è il Signore (Sal 110,4)




Un sabato Gesù era entrato in casa di uno dei capi dei farisei per pranzare e la gente stava ad osservarlo. Davanti a lui stava un idropico.
Rivolgendosi ai dottori della legge e ai farisei, Gesù disse: “È lecito o no curare di sabato?”. Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò.
Poi disse: “Chi di voi, se un asino o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà subito fuori in giorno di sabato?”. E non potevano rispondere nulla a queste parole.( Lc 14,1-6 )


Leggendo le parole del vangelo di oggi ho pensato che molto spesso anche noi ascoltiamo le parole, dimenticando Chi sta parlando.
Il Salmo 110, che oggi la liturgia ci fa pregare, ce lo ricorda .
"Pietà e tenerezza è il Signore"(Sal 110,4)

giovedì 30 ottobre 2008

Gerusalemme



Luca 13,31-35
In quel giorno, si avvicinarono a Gesù alcuni farisei a dirgli: “Parti e vattene via di qui, perché Erode ti vuole uccidere”. Egli rispose: “Andate a dire a quella volpe: Ecco, io scaccio i demoni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno avrò finito. Però è necessario che oggi, domani e il giorno seguente io vada per la mia strada, perché non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme.
Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che sono mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una gallina la sua covata sotto le ali e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa sta per esservi lasciata deserta! Vi dico infatti che non mi vedrete più fino al tempo in cui direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”.





Le parole del Vangelo di oggi ci interpellano sull'atteggiamento che abbiamo nei confronti di Gesù.

Noi siamo Gerusalemme, la città santa, la città in cui deve entrare per purificarla e renderla città eterna, attraverso il suo sacrificio.

Dio, infatti, deve morire a se stesso per poterci salvare, rinunciando ai privilegi della sua natura divina perfetta, sottoponendosi a tutti i limiti di quella nostra imperfetta.

Ma noi facciamo come Erode che lo cerca per ucciderlo o come i farisei che lo farebbero volentieri, se la legge lo permettesse, trovando altre strade per disfarsene?

In entrambi i casi nè l'uno, nè gli altri ne sopportano la vista.

Oppure siamo come quelli che lo accolgono, quando fa il suo ingresso nella città, agitando le palme e gridando "Osanna al re dei re", senza però scomodarci più di tanto, per paura di venire coinvolti in qualcosa che sradica le nostre sicurezze e ci potrebbe far fare la stessa fine?

Si può uccidere in tanti modi un uomo, sottraendolo o sottraendoci alla vista, qualunque sia il mezzo di cui ci serviamo per non farlo esistere.

venerdì 24 ottobre 2008

I segni dei tempi

Luca 12,54-59
In quel tempo, Gesù diceva alle folle: “Quando vedete una nuvola salire a ponente, subito dite: Viene la pioggia, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: Ci sarà caldo, e così accade. Ipocriti! Sapete giudicare l’aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo? E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?
Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada procura di accordarti con lui, perché non ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all’esecutore e questi ti getti in prigione. Ti assicuro, non ne uscirai finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo”.


 


 
Non ci vuole molto a capire che le cose così come ce le raccontano o come appaiono non vanno.


Il problema è che di fronte al male, alla sofferenza del mondo non sappiamo cosa fare, come agire.


Capita che ci si spenda anima e corpo per annunciare il vangelo, per incarnarlo nella propria vita e accorgersi che ci si è affaticati invano.


Viene voglia di fare marcia indietro, di rinchiudersi nel proprio appartamento e aspettare tempi migliori.


Chiediamo al Signore di non mollare mai la presa della sua mano, imploriamo il suo aiuto, quando sentiamo che tutto crolla e pensiamo che il piccolo resto è troppo piccolo per cambiare le cose.


Invochiamo il Suo nome santo su tutta la Chiesa; chiediamogli di vivere con più consapevolezza la nostra vocazione, nella comunione dei santi.


Con le mani protese al cielo, offriamogli i nostri cuori, mostriamogli le nostre ferite e con Lui attendiamo con fiducia il compimento della promessa.


I segni dei tempi

Luca 12,54-59
In quel tempo, Gesù diceva alle folle: “Quando vedete una nuvola salire a ponente, subito dite: Viene la pioggia, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: Ci sarà caldo, e così accade. Ipocriti! Sapete giudicare l’aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo? E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?
Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada procura di accordarti con lui, perché non ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all’esecutore e questi ti getti in prigione. Ti assicuro, non ne uscirai finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo”.


 


 
Non ci vuole molto a capire che le cose così come ce le raccontano o come appaiono non vanno.


Il problema è che di fronte al male, alla sofferenza del mondo non sappiamo cosa fare, come agire.


Capita che ci si spenda anima e corpo per annunciare il vangelo, per incarnarlo nella propria vita e accorgersi che ci si è affaticati invano.


Viene voglia di fare marcia indietro, di rinchiudersi nel proprio appartamento e aspettare tempi migliori.


Chiediamo al Signore di non mollare mai la presa della sua mano, imploriamo il suo aiuto, quando sentiamo che tutto crolla e pensiamo che il piccolo resto è troppo piccolo per cambiare le cose.


Invochiamo il Suo nome santo su tutta la Chiesa; chiediamogli di vivere con più consapevolezza la nostra vocazione, nella comunione dei santi.


Con le mani protese al cielo, offriamogli i nostri cuori, mostriamogli le nostre ferite e con Lui attendiamo con fiducia il compimento della promessa.


giovedì 23 ottobre 2008

Piego le ginocchia...

 (Ef 3,14-21)



Fratelli, io piego le ginocchia davanti al Padre, dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome, perché vi conceda, secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati dal suo Spirito nell’uomo interiore.
Che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio.



A colui che in tutto ha potere di fare
molto più di quanto possiamo domandare o pensare,
secondo la potenza che già opera in noi,
a lui la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù
per tutte le generazioni, nei secoli dei secoli! Amen.







Piego le ginocchia...

 (Ef 3,14-21)



Fratelli, io piego le ginocchia davanti al Padre, dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome, perché vi conceda, secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati dal suo Spirito nell’uomo interiore.
Che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio.



A colui che in tutto ha potere di fare
molto più di quanto possiamo domandare o pensare,
secondo la potenza che già opera in noi,
a lui la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù
per tutte le generazioni, nei secoli dei secoli! Amen.







domenica 19 ottobre 2008

Perchè ci si sposa.







"Perchè vi sposate?" abbiamo chiesto alle 20 coppie intervenute, venerdì sera, al primo dei 12 incontri previsti, per prepararsi a ricevere il Sacramento del Matrimonio.


Queste le risposte.



"Perchè ci amiamo" (Tutti )


"Perchè abbiamo gli stessi interessi e stiamo bene insieme" (Tutti)


"Perchè  il Signore benedica il nostro amore" (Uno)





Meno male che qualcuno ha ricordato che il matrimonio ha a che fare con Dio.






 




Perchè ci si sposa.







"Perchè vi sposate?" abbiamo chiesto alle 20 coppie intervenute, venerdì sera, al primo dei 12 incontri previsti, per prepararsi a ricevere il Sacramento del Matrimonio.


Queste le risposte.



"Perchè ci amiamo" (Tutti )


"Perchè abbiamo gli stessi interessi e stiamo bene insieme" (Tutti)


"Perchè  il Signore benedica il nostro amore" (Uno)





Meno male che qualcuno ha ricordato che il matrimonio ha a che fare con Dio.






 




lunedì 13 ottobre 2008

Il Papà di tutti i papà



Sono di ritorno dal funerale del papà di Antonio e Francesco, due bimbi di 10 e 13 anni.
E' morto all'improvviso e, anche se soffriva di cuore, nessuno se l'aspettava.
Paola, la sposa gli aveva affidato i loro piccoli, quando se n'è andata, tre anni fa, dopo un lungo, interminabile calvario sopportato con il sorriso sulle labbra e con Dio nel cuore.
Sicuramente, prima che a lui, li aveva affidati al Signore.
Ma in chiesa non c'era nessuno che non piangesse, anche i più duri compreso don Gino, che non lo dà mai a vedere, smarriti di fronte all'assurdità di un evento che ha spiazzato anche i fedelissimi.
Ho pensato a Giovanni, quando, mesi fa, ha cercato di consolare il cuginetto che piangeva per la mamma, morta di recente, con queste parole:
" Ringrazia Dio che hai un padre!"
Ho pensato che a quella frase basta mettere una maiuscola per consolarci tutti e non sentirci mai soli.
"Ringraziamo Dio perchè abbiamo un Padre, il Papà di tutti i papà, come lo chiama Giovanni

venerdì 10 ottobre 2008

Consigli per non soccombere.

(Ef 10-20)
"Attingete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza. Rivestitevi dell'armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo.


La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti.


Prendete perciò l'armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno malvagio e restare in piedi dopo aver superato tutte le prove.


State dunque ben fermi, cinti i fianchi con la verità, rivestiti con la corazza della giustizia, e avendo come calzatura ai piedi lo zelo per propagare il vangelo della pace.


Tenete sempre in mano lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutti i dardi infuocati del maligno; prendete anche l'elmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio.


Pregate inoltre incessantemente con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, vigilando a questo scopo con ogni perseveranza e pregando per tutti i santi, e anche per me, perché quando apro la bocca mi sia data una parola franca, per far conoscere il mistero del vangelo, del quale sono ambasciatore in catene, e io possa annunziarlo con franchezza come è mio dovere.

martedì 7 ottobre 2008



 
 
“Non sia turbato il vostro cuore”, dice il Signore.
A chi, se non alla Madre, chiedere consigli?
Ho preso in mano il rosario e ho desiderato recitarlo, riprendendo un'abitudine che mi era diventata cara e insostituibile, la notte, il mattino presto, i momenti bui della giornata.
Ci avevo messo tempo per entrare in una relazione intima e fiduciosa con Maria, ma poi avevo sperimentato la consolazione che viene dal parlare, confidarsi con una donna, una madre, una persona tanto speciale da essere scelta da Dio come madre di Suo figlio.
Il rosario era diventato lo strumento per contemplare i misteri della vita, della gioia, del dolore, della luce e delle tenebre, della morte e della resurrezione, del Dio invisibile che cammina con noi.
Con gli occhi di Maria il mistero si è diradato e con più consapevolezza ho vissuto l'amore donato, messo in circolo dallo Spirito di Dio.
E pensare che all'inizio mi riusciva incomprensibile questa preghiera, che mia madre recitava ogni giorno e il sabato tre volte, per un voto che aveva fatto per la salvezza dell'anima dei suoi figli.
Quando caddi gravemente ammalata ne aumentò il numero, ma a me dava fastidio, proprio perchè invece di guarire aumentavano le complicazioni e ad una malattia se ne aggiungeva un'altra e un'altra ancora.
Lungi dal farmi guarire, quei rosari sembravano farmi ammalare di più, tanto che un giorno urlando le gridai di smetterla e di pregare per qualcun altro.
 C'era mia sorella che era un po'invidiosa di tante attenzioni, che pregasse per lei! Vuoi vedere che mi sarei tolta quella iattura di dosso?
Così la pensavo prima di convertirmi, ma anche dopo, perchè io l'incontro l'avevo fatto con il Capo di casa e non avevo bisogno d'intermediari.

Tutto cominciò il giorno in cui una persona di fede, conoscendo la mia avversione viscerale con questa devozione, in chiesa si sfilò dalle mani il rosario, su cui stava pregando, e me lo diede con l'augurio che potessi trovarvi conforto, consolazione, forza, intimità più profonda con il mistero di Dio e con sua madre, chiamata per prima ad accoglierlo e a viverlo.

Dai quei grani di legno si sprigionava un calore profondo, rassicurante, intenso che mi rimase anche quando lo riposi in borsetta.
Pensai a quante persone erano passate su quei grani, con le loro storie di sofferenza e di morte, quante speranze, quante invocazioni d'aiuto, quanti atti di fede!
In quel legno d'ulivo c'era la passione dell'uomo e la compassione di Dio, c'era l'amore messo in circolo dal sì di una donna che io non volevo sentire.

Cominciai a recitare le avemarie, non conoscendo neanche quale fosse il numero e la giusta sequenza dei misteri, per arrivare poi ad aggiungerne degli altri o a meditarne contemporaneamente più di uno.

Quando mio padre morì, sentii forte il desiderio di metterglielo tra le mani, per unire la sua preghiera alla mia, una volta che fosse salito in cielo.

Maria è diventata pian piano la mia compagna di viaggio, la mia infermiera notturna, la via privilegiata e sicura per entrare nella casa del padre attraverso il cuore del figlio.

Ma come capita a volte con gli amici che perdi di vista, è capitato a me in questi ultimi mesi, in cui il fare ha occupato tutti gli spazi dell'essere.

Questa mattina ho ripreso il rosario in mano, ne sentivo il bisogno, per colmare una nostalgia che mi stava attanagliando la gola.
Ho cominciato a sgranarlo, era notte, ma i miei pensieri vagavano sull'insensatezza di un parlare con persone mai viste, su come avevo potuto fare a credere che quello strumento faceva rivivere i morti, risuscitava e apriva il varco a realtà meravigliose e sconosciute.
Ave Maria... Ave Maria... Ave Maria..

Quante persone nei secoli avevano pregato così, si erano rivolti alla madre di Dio, salutandola in quel modo! Quanta gente aveva trasmesso ai propri figli attraverso quella preghiera la fede!
Il pensiero andò ai miei, alla chiesa dove si erano sposati, dove io avevo fatto la prima comiunione e la cresima.
Di quel matrimonio ricordo tutto: il taileur di mamma color prugna, cucito in fretta per sostituirlo all'abito nero che soleva portare, da quando il padre era morto, quello liso di papà che si impigliò alla maniglia dell'autobus, mentre si precipitava di corsa al luogo dell'appuntamento, i buchi alle scarpe che non potè nascondere quando si inginocchiò davanti all'altare, il catafalco funebre rimosso in fretta,  il mezzo agnello diviso a pranzo tra gli invitati, il cimitero dove si recarono a fare una passeggiata la prima volta da soli, il pomeriggio prima che papà riprendesse il treno per tornare a La Spezia, sulla nave dove era imbarcato per via della guerra.
Era il 20 marzo del 1941.
Ogni volta che passo davanti alla chiesa, Giovanni vuole che gli racconti la storia dei nonni, della guerra, delle preghiere perchè le bombe tacessero, della mia nascita durante il coprifuoco a Paglieta, vicinissima al fronte, del carretto su cui i miei tante volte avevano radunato le poche masserizie, per scampare al pericolo e metterci in salvo.

Ma l'occasione per passarci davanti è venuta meno nei mesi invernali, tanto da farmi dimenticare la chiesa e la storia.
Giovanni mi ha ridestato dal sonno, non una ma più volte, non chiedendomi ancora dei nonni, ma parlando direttamente a loro, ogni volta che la facciata della chiesa appariva dopo la curva.
“Qui vi siete sposati!”.
All'inizio pensavo ce l'avesse con me, poi ho capito che i suoi interlocutori erano i nonni.

Straordinari i bambini che ti spiegano come si possa parlare con le persone che non vedi!
Mentre sgranavo il rosario questa mattina, ho pensato a quelle persone che avevano conosciuto e frequentato Maria e quante erano state affascinate da questa straordinaria creatura, attratte dalla sua storia, coinvolte dal suo dolore, attingendo serenità e gioia dalla sua fede. 
Ho pensato a tutte le volte che passo davanti a quella chiesa senza Giovanni e alle parole che mi sgorgano spontanee, mente faccio il segno di croce.
”Qui vi siete sposati”
Ripetendo la giaculatoria, m'immergo nella meditazione dei misteri della vita, grazie a mia madre e mio padre che, a capo del letto, avevano appeso un grande rosario e a Giovanni, un bambino che non ha smesso di credere che sono ancora in vita.

Il rosario




 “Non sia turbato il vostro cuore”, dice il Signore. 




A chi, se non alla Madre, chiedere consigli?



Ho preso in mano il rosario e ho desiderato recitarlo, riprendendo un'abitudine che mi era diventata cara e insostituibile, la notte, il mattino presto, i momenti bui della giornata.



Ci avevo messo tempo per entrare in una relazione intima e fiduciosa con Maria, ma poi avevo sperimentato la consolazione che viene dal parlare, confidarsi con una donna, una madre, una persona tanto speciale da essere scelta da Dio come madre di Suo figlio.



Il rosario era diventato lo strumento per contemplare i misteri della vita, della gioia, del dolore, della luce e delle tenebre, della morte e della resurrezione, del Dio invisibile che cammina con noi.



Con gli occhi di Maria il mistero si è diradato e con più consapevolezza ho vissuto l'amore donato, messo in circolo dallo Spirito di Dio.



E pensare che all'inizio mi riusciva incomprensibile questa preghiera, che mia madre recitava ogni giorno e il sabato tre volte, per un voto che aveva fatto per la salvezza dell'anima dei suoi figli.



Quando caddi gravemente ammalata ne aumentò il numero, ma a me dava fastidio, proprio perchè invece di guarire aumentavano le complicazioni e ad una malattia se ne aggiungeva un'altra e un'altra ancora.



Lungi dal farmi guarire, quei rosari sembravano farmi ammalare di più, tanto che un giorno urlando le gridai di smetterla e di pregare per qualcun altro.



 C'era mia sorella che era un po'invidiosa di tante attenzioni, che pregasse per lei! Vuoi vedere che mi sarei tolta quella iattura di dosso?



Così la pensavo prima di convertirmi, ma anche dopo, perchè io l'incontro l'avevo fatto con il Capo di casa e non avevo bisogno d'intermediari.




Tutto cominciò il giorno in cui una persona di fede, conoscendo la mia avversione viscerale con questa devozione, in chiesa si sfilò dalle mani il rosario, su cui stava pregando, e me lo diede con l'augurio che potessi trovarvi conforto, consolazione, forza, intimità più profonda con il mistero di Dio e con sua madre, chiamata per prima ad accoglierlo e a viverlo.




Dai quei grani di legno si sprigionava un calore profondo, rassicurante, intenso che mi rimase anche quando lo riposi in borsetta.



Pensai a quante persone erano passate su quei grani, con le loro storie di sofferenza e di morte, quante speranze, quante invocazioni d'aiuto, quanti atti di fede!



In quel legno d'ulivo c'era la passione dell'uomo e la compassione di Dio, c'era l'amore messo in circolo dal sì di una donna che io non volevo sentire.




Cominciai a recitare le avemarie, non conoscendo neanche quale fosse il numero e la giusta sequenza dei misteri, per arrivare poi ad aggiungerne degli altri o a meditarne contemporaneamente più di uno.




Quando mio padre morì, sentii forte il desiderio di metterglielo tra le mani, per unire la sua preghiera alla mia, una volta che fosse salito in cielo.




Maria è diventata pian piano la mia compagna di viaggio, la mia infermiera notturna, la via privilegiata e sicura per entrare nella casa del padre attraverso il cuore del figlio.




Ma come capita a volte con gli amici che perdi di vista, è capitato a me in questi ultimi mesi, in cui il fare ha occupato tutti gli spazi dell'essere.




Questa mattina ho ripreso il rosario in mano, ne sentivo il bisogno, per colmare una nostalgia che mi stava attanagliando la gola.



Ho cominciato a sgranarlo, era notte, ma i miei pensieri vagavano sull'insensatezza di un parlare con persone mai viste, su come avevo potuto fare a credere che quello strumento faceva rivivere i morti, risuscitava e apriva il varco a realtà meravigliose e sconosciute.



Ave Maria... Ave Maria... Ave Maria..




Quante persone nei secoli avevano pregato così, si erano rivolti alla madre di Dio, salutandola in quel modo! Quanta gente aveva trasmesso ai propri figli attraverso quella preghiera la fede!



Il pensiero andò ai miei, alla chiesa dove si erano sposati, dove io avevo fatto la prima comiunione e la cresima.



Di quel matrimonio ricordo tutto: il taileur di mamma color prugna, cucito in fretta per sostituirlo all'abito nero che soleva portare, da quando il padre era morto, quello liso di papà che si impigliò alla maniglia dell'autobus, mentre si precipitava di corsa al luogo dell'appuntamento, i buchi alle scarpe che non potè nascondere quando si inginocchiò davanti all'altare, il catafalco funebre rimosso in fretta,  il mezzo agnello diviso a pranzo tra gli invitati, il cimitero dove si recarono a fare una passeggiata la prima volta da soli, il pomeriggio prima che papà riprendesse il treno per tornare a La Spezia, sulla nave dove era imbarcato per via della guerra.



Era il 20 marzo del 1941.



Ogni volta che passo davanti alla chiesa, Giovanni vuole che gli racconti la storia dei nonni, della guerra, delle preghiere perchè le bombe tacessero, della mia nascita durante il coprifuoco a Paglieta, vicinissima al fronte, del carretto su cui i miei tante volte avevano radunato le poche masserizie, per scampare al pericolo e metterci in salvo.




Ma l'occasione per passarci davanti è venuta meno nei mesi invernali, tanto da farmi dimenticare la chiesa e la storia.



Giovanni mi ha ridestato dal sonno, non una ma più volte, non chiedendomi ancora dei nonni, ma parlando direttamente a loro, ogni volta che la facciata della chiesa appariva dopo la curva.



“Qui vi siete sposati!”.



All'inizio pensavo ce l'avesse con me, poi ho capito che i suoi interlocutori erano i nonni.




Straordinari i bambini che ti spiegano come si possa parlare con le persone che non vedi!



Mentre sgranavo il rosario questa mattina, ho pensato a quelle persone che avevano conosciuto e frequentato Maria e quante erano state affascinate da questa straordinaria creatura, attratte dalla sua storia, coinvolte dal suo dolore, attingendo serenità e gioia dalla sua fede. 



Ho pensato a tutte le volte che passo davanti a quella chiesa senza Giovanni e alle parole che mi sgorgano spontanee, mente faccio il segno di croce.



”Qui vi siete sposati”



Ripetendo la giaculatoria, m'immergo nella meditazione dei misteri della vita, grazie a mia madre e mio padre che, a capo del letto, avevano appeso un grande rosario e a Giovanni, un bambino che non ha smesso di credere che sono ancora in vita.

sabato 4 ottobre 2008

S.FRANCESCO:Cantico delle creature



Altissimu, onnipotente bon Signore,
Tue so' le laude, la gloria e l'honore et onne benedictione.

Ad Te solo, Altissimo, se konfano,
et nullu homo ène dignu te mentovare.




Laudato sie, mi' Signore cum tucte le Tue creature,
spetialmente messor lo frate Sole,
lo qual è iorno, et allumeni noi per lui.
Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:
de Te, Altissimo, porta significatione.




Laudato si', mi Signore, per sora Luna e le stelle:
in celu l'ài formate clarite et pretiose et belle.




Laudato si', mi' Signore, per frate Vento
et per aere et nubilo et sereno et onne tempo,
per lo quale, a le Tue creature dài sustentamento.




Laudato si', mi' Signore, per sor Aqua,
la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.




Laudato si', mi Signore, per frate Focu,
per lo quale ennallumini la nocte:
ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte.




Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre Terra,
la quale ne sustenta et governa,
et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.




Laudato si', mi Signore, per quelli che perdonano per lo Tuo amore
et sostengono infirmitate et tribulatione.
Beati quelli ke 'l sosterranno in pace,
ka da Te, Altissimo, sirano incoronati.




Laudato si' mi Signore, per sora nostra Morte corporale,
da la quale nullu homo vivente po' skappare:
guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali;
beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati,
ka la morte secunda no 'l farrà male.




Laudate et benedicete mi Signore et rengratiate
e serviateli cum grande humilitate.


S.FRANCESCO:Cantico delle creature



Altissimu, onnipotente bon Signore,
Tue so' le laude, la gloria e l'honore et onne benedictione.

Ad Te solo, Altissimo, se konfano,
et nullu homo ène dignu te mentovare.




Laudato sie, mi' Signore cum tucte le Tue creature,
spetialmente messor lo frate Sole,
lo qual è iorno, et allumeni noi per lui.
Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:
de Te, Altissimo, porta significatione.




Laudato si', mi Signore, per sora Luna e le stelle:
in celu l'ài formate clarite et pretiose et belle.




Laudato si', mi' Signore, per frate Vento
et per aere et nubilo et sereno et onne tempo,
per lo quale, a le Tue creature dài sustentamento.




Laudato si', mi' Signore, per sor Aqua,
la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.




Laudato si', mi Signore, per frate Focu,
per lo quale ennallumini la nocte:
ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte.




Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre Terra,
la quale ne sustenta et governa,
et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.




Laudato si', mi Signore, per quelli che perdonano per lo Tuo amore
et sostengono infirmitate et tribulatione.
Beati quelli ke 'l sosterranno in pace,
ka da Te, Altissimo, sirano incoronati.




Laudato si' mi Signore, per sora nostra Morte corporale,
da la quale nullu homo vivente po' skappare:
guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali;
beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati,
ka la morte secunda no 'l farrà male.




Laudate et benedicete mi Signore et rengratiate
e serviateli cum grande humilitate.


giovedì 2 ottobre 2008

Preghiera dei nonni


Padre onnipotente e buono,
il compito
che come nonni
ci affidi
è un ministero di gioia!
E´ la tua Speranza
che si fa visibile!
Aiutaci ad imitare Te,
che non abbandoni nessuno
di quanti in Te confidano,
ma li sostieni con amore fedele
Fa´ che trasmettiamo ai nostri nipoti
con le carezze, l´attenzione, l´ascolto,
la bellezza
del tuo dono più grande:
la vita !



Grazie alla carissima amica "engellieder" http://www.splinder.com/profile/engellieder, che mi ha mandato questa bella preghiera.


Mi sembrava sprecata solo per me.


Auguri a tutti i nonni!

Preghiera dei nonni


Padre onnipotente e buono,
il compito
che come nonni
ci affidi
è un ministero di gioia!
E´ la tua Speranza
che si fa visibile!
Aiutaci ad imitare Te,
che non abbandoni nessuno
di quanti in Te confidano,
ma li sostieni con amore fedele
Fa´ che trasmettiamo ai nostri nipoti
con le carezze, l´attenzione, l´ascolto,
la bellezza
del tuo dono più grande:
la vita !


Grazie alla carissima amica "engellieder" http://www.splinder.com/profile/engellieder, che mi ha mandato questa bella preghiera.

Mi sembrava sprecata solo per me.

Auguri a tutti i nonni!

mercoledì 1 ottobre 2008

Dove posare il capo




VANGELO (Lc 9,57-62)
In quel tempo, mentre andavano per la strada, un tale disse a Gesù: “Ti seguirò dovunque tu vada”.
Gesù gli rispose: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”.
A un altro disse: “Seguimi”. E costui rispose. “Signore, concedimi di andare prima a seppellire mio padre”.
Gesù replicò: “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu va’ e annunzia il regno di Dio”.
Un altro disse: “Ti seguirò, Signore, ma prima lascia che io mi congedi da quelli di casa”.
Ma Gesù gli rispose: “Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio”. 



“Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”.

Sembra impossibile che tu, Signore, sia venuto a pretendere ciò che contrasta con la nostra sensibilità, con il buon senso, con il modo corretto di concepire la vita e gli affetti.

Senza casa, senza famiglia come potremo vivere Signore?

Ho pensato che tu non hai neanche una pietra dove poggiare il capo, ma a noi dai la possibilità di poggiarlo sul tuo petto.

E' questa la speranza che mi porta a seguirti dovunque mi chiami.

Il tuo cuore mi guiderà ad amare le persone che ho lasciato come tu le ami, in modo autentico, vero e fecondo.

Il tuo cuore sarà la mia casa, il luogo del mio riposo