Meditazioni sulla liturgia di
giovedì della XXXIV settimana del TO anno dispari
Letture: (Dn 6,12-28); (Dn 3); (Lc 21,20-28)
"Egli ha liberato Daniele dalla fossa dei leoni"
O Dio, tu sei il mio Dio, all'aurora ti cerco, di te ha sete l'anima mia, a te anela la mia carne, come terra deserta, arida, senz'acqua...Nel mio giaciglio di te mi ricordo, penso a te nelle veglie notturne,...Signore, fino a te giunga il mio grido... esulto all'ombra delle tue ali...
Per te ogni giorno siamo messi a morte, stimati come pecore da macello. Svègliati, perché dormi, Signore? Dèstati, non ci respingere per sempre. Perché nascondi il tuo volto,
dimentichi la nostra miseria e oppressione? Poiché siamo prostrati nella polvere, il nostro corpo è steso a terra. Sorgi, vieni in nostro aiuto; salvaci per la tua misericordia...
Quanto vorrei Signore conoscere a memoria tutte le preghiere scritte nel libro della vita, preghiere da te ispirate che mi accompagnino in ogni momento della giornata, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia.
Tu sei un Dio che parla, un Dio che suscita, crea la parola che sale a te non invano.
Questa notte è stato un inferno di dolore.
Pensavo a Daniele nella fossa dei leoni e pensavo che la sua arma è stata un 'incessante preghiera di lode.
Io questa notte non sono stata capace di lodarti, benedirti e ringraziarti, nè di leggere ciò che forse mi avrebbe distratto da tanto dolore.
I miei occhi erano offuscati da un velo che mi impediva di distinguere chiaramente lo scritto.
Ho cercato allora di trovare una posizione che mi permettesse di dare riposo alle membra fiaccate da una lotta impari con il male.
Avrei, come spesso mi accade, chiamato al mio fianco Maria perchè mi aiutasse a contemplare il mistero della mia vita abitata da te.
Ma il dolore era troppo grande per formulare qualsiasi pensiero che mi facesse vivere questo momento come occasione di grazia.
"Rimanete nel mio amore" le parole che mi venivano in mente, rimanere, stare, non fuggire da quel tormento, da questo tormento alle mani, alle braccia, al collo, a tutto il corpo.
Rimanere inchiodati alla croce senza sentire nulla, non il tuo respiro, non il battito del tuo cuore, senza avvertire il tuo sguardo posarsi su di me.
Il sabato santo ho sperimentato questa notte.
"Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina", hai detto.
Ho intrecciato il rosario tra le dita dolenti e ho sperato che il calore del legno d'ulivo dei grani e del crocifisso a cui erano legati sarebbe stato un buon segnale perchè ti accorgessi di me e venissi in mio soccorso.
Ho trovato la pace del cuore stando in silenzio con Maria al mio fianco e la certezza che saresti presto venuto a liberarmi.
Mi si attacchi la lingua al palato se ti dimentico Gerusalemme!
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