domenica 28 ottobre 2012

Auguri, Daniela!

Accipicchia… oggi mi sono invecchiata un po’!

Così Daniela scriveva nel suo blog il 28 ottobre 2011. 
E ora che è passato un anno, scrive

Grandi cose ha fatto il Signore per noi.
(Salmo 125)

Veramente il Signore fa grande ogni cosa, quando  la mettiamo nelle sue mani.
Grazie Daniela della tua amicizia, che, quanto più trascorre il tempo, tanto più si rafforza,  cresce e diventa bella.
Grazie  perchè  la gioia viene dal Signore e tu hai voluto chiamarti Dagioia, rallegrati!
Auguri, Daniela!
Che la gioia del Signore sia sempre la tua forza.

venerdì 26 ottobre 2012

Previsioni





Luca 12,54-59 -In quel tempo, Gesù diceva alle folle:
«Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: “Arriva la pioggia”, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: “Farà caldo”, e così accade. Ipocriti! Sapete valutare l’aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo? E perché non giudicate voi stessi ciò che è giusto?
Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada cerca di trovare un accordo con lui, per evitare che ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all’esattore dei debiti e costui ti getti in prigione. Io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo».


Non ci vuole molto a capire che le cose così come ce le raccontano o come appaiono non vanno.
Il problema è che di fronte al male, alla sofferenza del mondo non sappiamo cosa fare, come agire.
Capita che ci si spenda anima e corpo per annunciare il vangelo, per incarnarlo nella propria vita e accorgersi che ci si è affaticati invano.
Viene voglia di fare marcia indietro, di rinchiudersi nel proprio appartamento e aspettare tempi migliori.
Chiediamo al Signore di non mollare mai la presa della sua mano, imploriamo il suo aiuto, quando sentiamo che tutto crolla e pensiamo che il piccolo resto è troppo piccolo per cambiare le cose.
Invochiamo il Suo nome santo su tutta la Chiesa, chiediamogli di vivere con più consapevolezza la nostra vocazione, nella comunione dei santi.
Con le mani protese al cielo offriamogli i nostri cuori , mostriamogli le nostre ferite e con Lui attendiamo con fiducia il compimento della promessa.

giovedì 25 ottobre 2012

Il fuoco



Luca 12,49-53 -In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!
Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».

Le parole di Gesù sembrano contraddire il messaggio degli angeli che accompagnò la sua nascita"Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà", come anche le parole che , risorto, rivolse agli Undici riuniiti. (Pace a voi!).
Che la pace è cosa divina ce ne siamo accorti, perchè su questa terra facciamo fatica a trovarla.
Ma che ci sia un prezzo così alto da pagare, questo non vogliamo accettarlo.
Fino a quando pensiamo che la pace si costruisca con gli striscioni e i cortei che non ci scomodano( se non per un tempo limitato) dalle nostre occupazioni e preoccupazioni, avremo possibilità minime di cambiare le cose.
Se ci lasceremo incendiare dal fuoco dell'amore di Dio, di cui Gesù si è fatto braciere e tizzone ardente, non indietreggeremo di fronte alla necessità di scegliere tra bene el male, tra chi lo rifiuta e chi lo accoglie.
Concittadini dei santi e famigliari di Dio, come dice San Paolo, avremo l'armatura giusta per bruciare le scorie del peccato e convertire chi non ancora conosce il fuoco divorante dell'amore del Padre.

lunedì 15 ottobre 2012

La scala


VANGELO (Lc 11,29-32)
In quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire:
«Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione.
Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone.
Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona».

Signore apri i nostri occhi ai segni della tua presenza nel mondo, nella nostra storia, nella vita di tutti gli uomini.
Mosè non ebbe paura di avvicinarsi ad un roveto ardente, un cespuglio di spine che ardeva senza consumarsi.
Molto spesso sono le spine, i problemi che ci affliggono, le nostre aspettative deluse, i nostri fallimenti, i dubbi, l'orgoglio, il pregiudizio, la paura che ci impediscono di toglierci i sandali, velarci il capo ed entrare nel fuoco ardente del tuo amore.
Tu ci parli Signore attraverso la sofferenza, la prova, la morte.
Ci parli attraverso tutto ciò che ci manca e ci getti una scala dal cielo.
Da quel cielo che l'uomo volle scalare attraverso una torre, che confuse le lingue e fece entrare il mondo nel caos, tu sei sceso per parlare al cuore dell'uomo, chinandoti alla sua altezza.
Signore perdonaci, quando presumiamo di essere più bravi di te, quando pretendiamo di darti consigli, quando pensiamo che sei occupato a risolvere i grandi problemi e per noi non hai tempo.
Perdonaci quando ci costruiamo un dio a nostra immagine e somiglianza.

giovedì 11 ottobre 2012

Abbà, Padre.


Luca 11,5-13 -In quel tempo, Gesù disse ai discepoli:
«Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.
Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto.
Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».

"Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto." Dice Gesù.
Non sembra però che Dio ci esaudisca sempre.
Del resto un genitore responsabile non dà ai figli tutto quello che chiedono, ma cerca di educare la volontà anche attraverso "no" dolorosi, ma necessari.
Gesù, per evitare che ci confondiamo le idee, ci ha suggerito cosa chiedere, attraverso le parole del Padre nostro.
Nella consapevolezza che chi ci ascolta non è un padre qualsiasi, ma "il papà di tutti i papà", come lo chiama Giovanni, il libro di carne che il Signore mi ha mandato a domicilio, affidiamoci completamente alla Sua volontà, che è volontà di bene per tutti i suoi figli.


mercoledì 10 ottobre 2012

Auguri, Federica!

Oggi si laurea Federica, la figlia di Carlo e Rosella.
Voglio, a nome di tutti gli amici, testimoniare con questo messaggio virtuale, il nostro affetto reale e sincero a Rosella e a tutta la sua famiglia.
La gioia per il traguardo raggiunto non duri un giorno, ma sia seme per continuare ad accogliere le meraviglie che il Signore vorrà donare loro.


Auguri!


martedì 9 ottobre 2012

Marta e Maria



VANGELO (Lc 10,38-42)
In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.
Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

Questo brano del Vangelo, ogni volta che lo leggo, mi lascia spiazzata.
Nonostante il testo greco non parli di parte migliore, ma buona, certo è che non si decidono a mettere la traduzione letterale .
Ma in fondo ciò non cambia nulla per me, che sono una pignola, visto che poi Gesù rimprovera Marta e non Maria.
Poiché mi riconosco molto in Marta e meno in Maria, la cosa non mi fa star bene.
Ogni adorazione eucaristica è un calvario, per via della chiesa che disperde la voce di Dio e amplifica quella degli scostumati.
L'acustica lascia a desiderare, come anche la coibentazione: troppo fredda d'inverno, troppo calda l'estate e i microfoni che non funzionano e i soldi che non ci sono e il parcheggio che non si trova e per arrivare all'altare bisogna fare chilometri.
Parlo dal mio punto di vista, s'intende, che ho difficoltà a deambulare, che non sento bene e vedo tutto appannato.
Così ieri sera ho detto no all'adorazione eucaristica per risparmiarmi l'ennesimo calvario.
Tante volte ho sperimentato che il sì mi ha portato solo aumento di sofferenza, offerto al Signore, questo è vero. Ma a tutto c'è un limite.
Questa mattina, cioè questa notte, come mi accade di solito, nel silenzio e nel buio della mia stanza, ho incontrato il Signore.
Gianni dormiva e io potevo ascoltarlo. Così ho capito che il senso della Parola del giorno non era l'antitesi tra migliore o peggiore, ma tra chi si preoccupa di se stesso, come stava facendo Marta e chi, invece si mette in ascolto della Parola.
Mi sono consolata pensando che Marta è diventata santa e Maria non ancora e che San Pietro ne ha prese di ramanzine!
Quindi ho abbassato la testa e ho chiesto perdono a Gesù, perchè quando penso all'adorazione eucaristica mi viene in mente sempre come il parroco dovrebbe spendere i soldi.

lunedì 8 ottobre 2012

Farsi prossimi


(Lc 10,25-37)
In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».
Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

A questa parabola di Gesù, voglio affiancare la rielaborazione che ne è stata fatta in occasione di un convegno per Operatori di Pastorale famigliare, che ci ha aiutato a prendere coscienza che ci dobbiamo fare carico delle famiglie ferite che incontriamo sul nostro cammino. 

La metafora della famiglia

Da Gerusalemme (la città posta sul monte, la sposa del grande re), la famiglia scendeva verso Gerico, nella pianura del gran lago salato, sotto il livello del mare. Scendeva per le vie tortuose e impervie della Storia quando, ad una svolta della strada, incontrò i Tempi Moderni. Non erano di natura loro briganti, non peggio di tanti altri tempi, ma si accanirono subito contro la famiglia, non trovando di loro gradimento la sua pace, che rispecchiava ancora la luce della città di Dio.

Le rubarono prima di tutto la fede, che bene o male aveva conservato fino a quel momento come un fuoco acceso sotto la cenere dei secoli. Poi la spogliarono dell’unità e della fedeltà, della gioia dei figli e di ogni fecondità generosa. Le tolsero infine la serenità del colloquio domestico, la solidarietà con il vicinato e l’ospitalità sacra per i viandanti e per i dispersi.

La lasciarono così semiviva sull’orlo della strada e se ne andarono a banchettare con il Materialismo, l’Individualismo. l’Edonismo, il Consumismo, ridendo tutti assieme della sorte sventurata della famiglia.

Passò per quella strada un sociologo, vide la famiglia sull’orlo della strada, la studiò a lungo e disse:”Ormai è morta”. Le venne accanto uno psicologo e sentenziò:”Un' istituzione familiare era oppressiva. Meglio che sia finita!”

La trovò infine un prete e si mise a sgridarla:”Perché non hai resistito ai ladroni?Dovresti combattere di più. Eri forse d’accordo con chi ti calpestava?”

Passò, poco dopo, il Signore, ne ebbe compassione e si chinò su di lei a curarne le ferite, versandovi sopra l’olio della sua tenerezza e l’olio del suo amore. Poi, caricatala sulle spalle, la portò alla Chiesa e gliela affidò, dicendo:”Ho già pagato per lei tutto quello che c’era da pagare. L’ho comprata con il mio sangue e voglio farne la mia prima piccola sposa. Non lasciarla più sola sulla strada in balia dei Tempi. Ristorala con la mia Parola e con il mio Pane. A1 mio ritorno vi chiederò conto di lei.”

Quando si riebbe, la famiglia ricordò il volto del Signore chino su di lei. Assaporò la gioia di quell’amore e si chiese:”Come ricambierò per la salvezza che mi è stata donata?”

Guarita dalle sue divisioni, dalla sua solitudine egoista, si propose di tornare per le strade del mondo a guarire le ferite del mondo. Si sarebbe essa pure fermata accanto a tutti i malcapitati della vita per assisterli e dire loro che c’è sempre un Amore vicino a chi soffre, a chi è solo, a chi è disprezzato, a chi si disprezza da sé stesso avendo dilapidato tutta la propria umana dignità.

Alla finestra della sua casa avrebbe messo una lampada e l’avrebbe tenuta sempre accesa. come segno per gli sbandati della notte. La sua porta sarebbe rimasta sempre aperta. per gli amici e per gli sconosciuti: perché chiunque - affamato, assetato, stanco, disperso - potesse entrare e riposare, sedendo alla piccola mensa della fraternità universale.

Nella parabola troviamo i 10 verbi dell'amore che devono essere coniugati insieme e che possono essere così sintetizzati:

Lo vide

Ne ebbe compassione

Gli si fece vicino ( gli si fece prossimo, divenne prossimo)

Gli fasciò le ferite

Vi versò olio e vino

Lo caricò sulla sua cavalcatura

Lo portò in albergo

Si prese cura di lui

Lo affidò all'albergatore

Pagò di persona fino all'estinzione totale del debito.

La compassione comporta non solo fermarsi di fronte al bisogno di chi vive una situazione di disagio o di rottura all'interno della famiglia e dargli i primi soccorsi, ma farsi carico di lui per tutto il tempo necessario.

domenica 7 ottobre 2012

Non è bene che l'uomo sia solo



Gn 2, 18-25

Il Signore Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda». Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome.
Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli animali selvatici, ma per l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse. Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo.
Allora l’uomo disse:
«Questa volta
è osso dalle mie ossa,
carne dalla mia carne.
La si chiamerà donna,
perché dall’uomo è stata tolta».
Per questo l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne.
Ora tutti e due erano nudi, l’uomo e sua moglie, e non provavano vergogna.

Non è bene che l'uomo sia solo.
Non è bene che l'uomo sia solo, voglio fargli un aiuto che gli corrisponda, che gli stia di fronte, che lo guardi e si lasci guardare, uno nel cui sguardo specchiarsi e riconoscersi, uno che gli sia simile.
Più o meno così le parole con cui la Genesi racconta la creazione di Eva.
Mi sono commossa quando la biblista, a Nocera Umbra, ha raccontato la tenerezza di Dio, un Dio discreto e nello stesso tempo coinvolto nel rendere felice la sua creatura.
L'aveva creata lui, il re dell'universo, l'onnipotente, il santo e non bastava all'uomo, non gli poteva essere d'aiuto in quel sentirsi solo nella creazione, smarrito in quel giardino dove abbondavano frutti di ogni specie per nutrirlo, fiori di ogni colore, forma e profumo, per rallegrarlo, animali di ogni dimensione per fargli compagnia.
Eppure l'uomo era triste, un'angoscia profonda lo aveva preso e stava in silenzio, dopo aver dato il nome a tutti gli animali del cielo, della terra e del mare.
Penso a Giovanni, il nostro nipotino, quando gli arriva un giocattolo nuovo: lo adopera per un po', poi lo mette da parte, perchè non ha amici con cui giocarci.
Così si deve essere sentito Adamo, come un bambino che cerca altri bambini con cui parlare, giocare, condividere. 
Il papà e la mamma, come anche i nonni, fanno quello che possono, ma loro, i bambini, sentono quel tempo prestato, contato con il contagocce, perchè i grandi hanno altro da fare e non possono giocare sempre con loro.
Così Dio, rispettando il suo dolore, fece scendere su di lui un torpore, e con discrezione, da lui stesso, fece uscire la compagna da mettergli a fianco, la custode, l'alleata, la sposa, quella che con lui poteva gioire, piangere e ridere, senza rivendicare il possesso del tempo, perchè era una parte di lui, da lui era uscita, lui l'aveva partorita nel sonno.
Che bello questo Creatore che fa da levatrice, da ostetrica al primo parto dell'uomo.
Un parto indolore, quello delle origini; ma non sarà sempre così.
Il primo parto a cui siamo chiamati è il coniuge, ci è stato detto. 
Ma per partorire bisogna essere nati, altrimenti come potremmo?
Se non si fa l'esperienza di essere generati non si può fare quella di generare.
Adamo, quando vide Eva disse: questo è carne della mia carne, osso delle mie ossa, per cui si chiamerà(Ishah) come me( Ish), ma con una lettera in più, per distinguerla da me e per dire che da me è uscita.
Il coniuge che partorisci deve sempre avere qualcosa in più di te, altrimenti che senso ha dire: Prometto di onorarti per tutta la vita?
Non è forse quell'aggiunta che onora l'altro, quel di più che riconosciamo all'altro, mettendobci umilmente al suo servizio, per lavargli i piedi, e qualche volta per rimetterlo in piedi?
Ma doveva venire Gesù per dirci queste cose, lui che dopo aver visto il fallimento delle alleanze umane, ha dato suo figlio, uguale a noi nel limite della carne, diverso per l'assenza di peccato.
Non è bene che l'uomo sia solo!  
Grazie Signore perchè quando ci togli qualcosa  è per darci un bene immensamente più grande.
Grazie Gesù che sei venuto ad abitare la nostra solitudine, grazie Dio Padre perchè ci hai dato uno che ci risponde, che risponde di noi, che ci ama e ci rende capaci di amore eterno, incorruttibile.
Grazie Spirito Santo perchè ci dai la capacità di vedere nell'altro l'oltre.