mercoledì 12 marzo 2008

Morte e resurrezione

 



Con la V domenica di Quaresima la liturgia ci fa fare un giro di boa, perchè il figlio dell'uomo sia innalzato e tutti ne contemplino la gloria. La resurrezione di Lazzaro fa emergere speranze anche per i più disperati, e questa è cosa buona. Ma ieri sera ascoltavamo alla televisione che, anche se la vita dell'uomo si è allungata a tal punto da prevedere come possibile traguardo i 160 anni, a breve scadenza, il giornalista mostrava perplessità sul fatto che il nostro corpo non è programmato per vivere tanto a lungo. E quindi... che vita sarebbe?


Non sfugge a nessuno che stiamo vivendo giorni quali ci sembrava di non dover vivere mai. Perfino ad attardarsi sulla rievocazione delle violenze si dà l'impressione di essere stancamente ripetitivi. La situazione internazionale, gli eccidi, gli spettacoli della fame ci sfilano davanti agli occhi, e si ha la tentazione di pensare a situazioni senza sbocco.





Lazzaro fu risuscitato quando già puzzava, essendo già passati tre giorni dal decesso. “Se eri qui non sarebbe morto” dicono le sorelle Marta e Maria a Gesù.


E Gesù non si muove subito per andare almeno a vederlo, per dargli l'ultimo saluto; ed era un amico di quelli speciali che gli aveva aperto le porte di casa, quella casa di Betania dove soleva rifugiarsi il Maestro, quando era stanco e aveva voglia di stare in famiglia a godersi l'intimità degli amici veri.


Non si muove Gesù, continua a fare quello che stava facendo.


Mi viene in mente quanto gli sia costato non precipitarsi al capezzale di Lazzaro, subito, lasciando tutto. Chi di noi non l'avrebbe fatto, senza ripensarci due volte?


Gesù sconvolge gli schemi e ci va a cose fatte, perchè i miracoli non sono magie, come si ostina a chiamarli Giovanni, ma segni visibili solo a chi ha recuperato la vista.


Così la fede delle due sorelle s'incontra con il mistero dell'amore di Dio, che si coniuga con l'umanità di Cristo in quel suo piangere commuoversi, aver compassione.


Vedi come l'amava?” gli bisbigliano alle spalle.


Quella resurrezione temporanea, quell'atto di compassione gli sarebbe costato caro , ma per gli amici, si fa questo ed altro..


Perchè uno che fa risuscitare dai morti, sicuramente è da mandare a morte, per far cadere il velo sulla sua vera identità di sacrilego mistificatore e di imbonitore di poveri gonzi.


Eppure ci alletta l'idea di evitare la morte, e in attesa che gli scienziati ci trovino l'antidoto, la neghiamo, nascondendola o attribuendola alle cause più impensate.


Se capita di morire ad un povero vecchio è colpa del caldo o del freddo, se un giovane ricoverato in ospedale muore, sicuramente è una vittima della mala sanità.


Le morti violente, di cui parla la televisione, pur suscitando in noi ribrezzo e ribellione, ci esonerano dal pensare che è cosa che ci riguarda in tutti i sensi, primo fra tutti, quello di uscire dall'appartamento e incominciare a farci carico dei fatti degli altri, che non significa pettegolare.


C'è da chiedersi di che vita abbiamo bisogno e quale morte dobbiamo temere.





Padre Cantalamessa dice che c'è una risurrezione del corpo e una risurrezione del cuore; se la risurrezione del corpo avverrà “nell’ultimo giorno”, quella del cuore avviene, o può avvenire, ogni giorno. Si può essere morti, anche prima di...morire, mentre siamo ancora in questa vita. E non parlo solo della morte dell’anima a causa del peccato; parlo anche di quello stato di totale assenza di energia, di speranza, di voglia di lottare e di vivere che non si può chiamare con nome più indicato che questo: morte del cuore.A tutti quelli che per le ragioni più diverse (matrimonio fallito, tradimento del coniuge, traviamento o malattia di un figlio, rovesci finanziari, crisi depressive, incapacità di uscire dall’alcolismo, dalla droga) si trovano in questa situazione, la storia di Lazzaro dovrebbe arrivare come il suono di campane il mattino di Pasqua.Chi può darci questa risurrezione del cuore? Per certi mali, sappiamo bene che non c’è rimedio umano che tenga. Le parole di incoraggiamento lasciano il terreno che trovano. Anche in casa di Marta e Maria c’erano dei “giudei venuti per consolarle”, ma la loro presenza non aveva cambiato nulla. Bisogna “mandare a chiamare Gesù”, come fecero le sorelle di Lazzaro. Invocarlo come fanno le persone sepolte sotto una valanga o sotto le macerie di un terremoto che richiamano con i loro gemiti l’attenzione dei soccorritori.Spesso le persone che si trovano in questa situazione non sono in grado di fare niente, neppure di pregare. Sono come Lazzaro nella tomba. Bisogna che altri facciano qualcosa per loro. Sulla bocca di Gesù troviamo una volta questo comando rivolto ai suoi discepoli: “Guarite gli infermi, risuscitate i morti” (Mt 10,8). Cosa intendeva dire Gesù: che dobbiamo risuscitare fisicamente dei morti? Se fosse così, nella storia si contano sulle dita i santi che hanno messo in pratica quel comando di Gesù. No, Gesù intendeva anche e soprattutto i morti nel cuore, i morti spirituali. Parlando del figliol prodigo, il padre dice: “Egli era morto ed è tornato in vita” (Lc 15, 32). E non si trattava certo di morte fisica, se era tornato a casa.Quel comando: “Risuscitate i morti” è rivolto dunque a tutti i discepoli di Cristo. Anche a noi!


Tra le opere di misericordia che abbiamo imparato da bambini, ce n’era che diceva: “seppellire i morti”; adesso sappiamo che c’è anche quella di “risuscitare i morti”,


dice, concludendo la sua omelia sul vangelo della V domenica di Quaresima.





Ricordo cosa disse Giovanni, toccando il Gesù bambino di dimensioni naturali deposto in una finta mangiatoia ai piedi dell'altare, appena si accorse che era gelato.


Gesù ha bisogno di una coperta. Aspetta, Gesù, che te la vado a prendere, ti vado a prendere la copertina.”


Aveva da poco compiuto due anni.


Se non diventerete come uno di questi bambini non entrerete nel regno dei cieli”. Entrare in chiesa e vedere di cosa ha bisogno Gesù. Che bella lezione data da un bambino!


La chiesa buia, deserta e non riscaldata per lui non fece problema.


Ma i grandi di queste cose si preoccupano, come è successo a me la scorsa mattina, quando il sacerdote, non si decideva ad uscire per dire la messa.


Pensavo che un po' più di puntualità ci sarebbe voluta e che, quando ci sono perrsone che aspettano, non è cortese arrivare in ritardo, fossanche per confessare chi potrebbe prendere appuntamento e fare le cose con calma.


Ho pensato che la priorità eravamo noi, che pure se non c'era un padrone a cui dovevamo rendere conto, pure una famiglia ce l'abbiamo e non ci possiamo permettere di perdere le mattinate dentro la chiesa.


Non c'era neanche la luce accesa, e al buio si distingueva a fatica la sagoma del grande crocifisso che sovrasta l'altare. Ho pensato che i soldi invece di usarli per fare beneficenza ai lontani, sarebbe stato utile impiegarli per rimettere in sesto tutti gli impianti.


Don Gino tende a risparmiare su tutto, sul riscaldamento, sulla luce e spesso anche sulle parole, mi sono detta, ma poi mi è venuto lo scrupolo, pensando che era da poco uscito dall'ospedale e si reggeva per la misericordia di Dio. Anche lui si sta facendo vecchio, fu la scusante.


Poi ho girato lo sguardo e ha notato tra i banchi un secchio dove gocciolava dell'acqua che veniva dall'alto. Non era l'acqua della piscina di Siloe dove andò a lavarsi il cieco nato che voleva guarire, né quella della piscina di Betsada nelle cui acque malati storpi ciechi e via dicendo si immergevano, quando il vento increspava la superficie, né quella del pozzo della Samaritana, che, pur se non dava acqua per la vita eterna, era sempre acqua da bere.


No. Era acqua piovana che aveva logorato la copertura del tetto e si era infiltrata sì da creare una grossa e minacciosa macchia in alto, in cima alla capriata.


La chiesa fa acqua da tutte le parti” mi è venuto spontaneo di dire all'amica che mi sedeva a fianco e ho continuato a ripetermelo, anche dopo che la facente funzione di sacrestana è venuta ad annunciare che la pioggia di quella notte aveva fatto un disastro.


La chiesa fa acqua da tutte le parti, mi sono ripetuta e ho pensato al freddo e al gelo e al buio della prima volta che vi avevo messo piede. Allora non c'erano quadri alle pareti che in questi anni si sono aggiunti all'unica e insostituibile suppellettile della chiesa:il crocifisso.


Pensai che, se vi avessi trovato tutto il resto non mi sarei fermata a guardarlo.





Meno male che c'è Giovanni che si chiede di cosa Gesù ha bisogno. La sua preoccupazione più grande, ora che ha quasi sei anni, è dove trovare Gesù, perché non lo vede e lo vuole abbracciare.


Ogni giorno la stessa domanda, che è diventato un assillo.


Le storie di Gesù lo affascinano sempre di più, rispetto a quelle inventate e scritte sui libri di favole, perché sono vere, verissime, grazie a Dio, vedendo ogni giorno i miracoli che fa e che insieme abbiamo imparato a scoprire.


Abbiamo cercato affannosamente una risposta convincente alle sue pressanti domande, ma non siamo andati oltre il fatto che, se ci siamo, se c'è il sole, la luna, le stelle e tutto il creato, (e lui aggiunge:” gli alberi, i fiori, l'arcobaleno”), c'è qualcuno che ce li ha messi.


Ma evidentemente non ne esce convinto, perché ogni giorno mi rifà la stessa domanda: “Dove trovare Gesù?”


Poi l'intuizione, la sua, non la mia, l'altro ieri.”Perché, quando mangiamo, non mettiamo una sedia vuota, così Gesù ci si può sedere e noi lo vediamo?”, ha esclamato con un fremito improvviso negli occhi.Così ce lo possiamo portare dovunque, in macchina e a letto, la sera, quando andiamo a dormire. A pensarci che bastava una sedia!


Mi sono chiesta il giorno dopo che fine avesse fatto, se aveva continuato a pensarci.


Così, mentre lo accompagnavo all'asilo, gli ho chiesto come aveva risolto il problema della sedia, la sera, nella cameretta dove dorme con il fratellino e dove non c'è posto neanche per passare, per via dei giocattoli che la riempiono.


Non c'è problema nonna”, mi sono sentita rispondere, “ Gesù non ne ha avuto bisogno, perchè me lo sono abbracciato”.





Abbracciare Gesù per Giovanni è ancora facile anche se, quando gli parlo dei bambini poveri per i quale deve fare qualche rinuncia, mi dice che non sa dove abitano se no ci andrebbe a portargli un soldino o un Gormito o un sacchetto di patatine.


Imparerà anche quello Giovanni: dove abita Gesù, dove trovarlo. La settimana scorsa si è tirato addosso la televisione e c'è mancato poco che non finisse in tragedia, grazie ad un cuscino provvidenziale che ne ha frenato l'impatto con la sua testa e con il pavimento. “Dio c'è” è il titolo della foto che abbiamo mandato alla mamma che stava al lavoro e che mostrava il disastro.


Ho detto a Giovanni che Gesù era lì, che guardasse che gli aveva mandato un angelo per salvarlo e che l'inferno non l'ha inventato Dio, ma noi, quando decidiamo i fare i cattivi..


Chissà se l'ha capito che la sedia vuota per Gesù c'è sempre modo di riempirla di senso dato alle cose che ci capitano. Il senso del dolore, della sofferenza, della fatica, del vuoto degli affetti, del fallimento, della malattia, della morte.


Per fortuna che abbiamo un crocifisso senza croce appeso sopra il comò. Montato su vetro, mostra un Cristo vitale, con i muscoli tesi, pronto a staccarsi dal cuneo su cui tiene appoggiati i piedi, per librarsi leggero nell'aria e mostrare il volto glorioso della vita che vince la morte.


Il Signore ci ha messo a disposizione provvidenzialmente questa immagine, ereditata dai miei suoceri, perchè sarebbe stata dura spiegargli che quel bambino a cui voleva dare una coperta era stato inchiodato ad una croce.


Ma la croce l'ha vista in chiesa e non ci siamo potuti sottrarre dal rispondere alle sue successive e inevitabili domande.


Meno male che c'è chi ci viene in aiuto, quando siamo a corto di argomenti. Questa volta l'abbiamo trovata sul web la risposta.





Don Tonino Bello giustamente dice che la sosta sul Golgota è consentita "Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio". Una permanenza più lunga sarà considerata abusiva anche da parte di Dio. La mia, la tua, le nostre croci sono provvisorie, ricordando che nel Duomo vecchio di Molfetta (Bari) c'è un grande crocifisso di terracotta che il parroco, in attesa di sistemarlo definitivamente, ha addossato alla parete della sagrestia, apponendovi un cartoncino con la scritta: "Collocazione provvisoria".


Quella scritta gli è parsa provvidenzialmente ispirata. "Collocazione provvisoria": pensando che non ci fosse formula migliore per definire la croce. La mia, la tua croce, non solo quella di Cristo.


Così questo straordinario vescovo conclude il suo commento alla via Crucis:


Coraggio allora, tu che soffri. Animo, tu che provi i morsi della solitudine. Abbi fiducia, tu che bevi il calice amaro dell'abbandono. Asciugati le lacrime, fratello, che sei stato pugnalato alle spalle da coloro che ritenevi tuoi amici. Non angosciarti, tu che per un tracollo improvviso vedi i tuoi progetti in frantumi, le tue fatiche distrutte. Non tirare i remi in barca, tu che sei stanco di lottare e hai accumulato delusioni a non finire. Non abbatterti, fratello povero, che non sei calcolato da nessuno. Non avvilirti, amico sfortunato, che nella vita hai visto partire tanti bastimenti, e tu sei rimasto sempre a terra.


Seguire Cristo è accettare la nostra


croce ma unendola alla sua, partecipando al suo grande mistero d'amore,


Coraggio. La tua croce è sempre "collocazione provvisoria".


Il Calvario, dove essa è piantata, non è zona residenziale. Anche il Vangelo ci invita a considerare la provvisorietà della croce.


C'è una frase immensa, che riassume la tragedia del creato al momento della morte di Cristo. "Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio, si fece buio su tutta la terra". Forse è la frase più scura di tutta la bibbia. Per me è una delle più luminose. Proprio per quelle riduzioni di orario che stringono, come due paletti invalicabili, il tempo in cui è concesso al buio di infierire sulla terra.


Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Solo allora è consentita la sosta sul Golgota. Al di fuori di quell'orario c'è divieto assoluto di parcheggio Dopo tre ore, ci sarà la rimozione forzata di tutte le croci.


Coraggio, fratello che soffri. C'è anche per te una deposizione della croce. C'è anche per te una pietà sovraumana. Ecco già una mano forata che schioda dal legno la tua. Coraggio. Mancano pochi istanti alle tre del pomeriggio. Tra poco, il buio cederà il posto alla luce, la terra riacquisterà i suoi colori verginali e il sole della Pasqua irromperà tra le nuvole in fuga.


Gesù, aiutaci a vedere anche nelle nostre croci, e nella stessa croce, un mezzo per ricambiare il tuo amore.





E' vero che ogni cristiano deve accogliere la sua croce, ma deve anche schiodare tutti coloro che vi sono appesi. Anche noi oggi siamo chiamati a un compito di portata storica: "Sciogliere le catene inique, togliere i legami dal giogo, rimandare liberi gli oppressi" (Isaia 58, 6). Signore, insegnaci a vedere oltre la croce la gioia, oltre la morte la vita.


Coraggio, comunque! Noi credenti, nonostante tutto, possiamo contare sulla Pasqua. E sulla Domenica, che è l'edizione settimanale della Pasqua. Essa è il giorno dei macigni che rotolano via dall'imboccatura dei sepolcri. E' l'intreccio di annunci di liberazione, portati da donne ansimanti dopo lunghe corse sull'erba. E' l'incontro di compagni trafelati sulla strada polverosa. E' il tripudio di una notizia che si temeva non potesse giungere più e che invece corre di bocca in bocca ricreando rapporti nuovi tra vecchi amici. E' la gioia delle apparizioni del Risorto che scatena abbracci nel cenacolo. E' la festa degli ex delusi della vita, nel cui cuore all'improvviso dilaga la speranza. “



1 commento:

ANGELOANONIMO ha detto...

Troppo bello questo post ed io tremo nel volerlo rettificare in quei tre giorni nel sepolcro che erano invece quattro.
Cosa sia un giorno?
Io vorrei che fosse solo un giorno nel sepolcro ma anche Dio rimase due, resuscitando il terzo … giorno.
Perciò Lazzaro venne resuscitato il quarto? … e per questo dici che era da tre giorni nel sepolcro?
Ma nei Vangeli viene riportato che era già da quattro giorni e forse la sua resurrezione è avvenuta il quinto giorno.
Ma io ho paura di svelarti quel giro di giorni e di persone che accomunano: Maria, Lazzaro, la Maddalena e Giovanni.
Ma chi è il discepolo che amava?
Cosa sono i sette Cieli? … in contrapposizione ai sette specchi terreni: giorni, pani, sporte, volte, fratelli, maledizioni, anni e mariti?
Cosa sono i sette giorni … come gli spiriti indemoniati scacciati da Maria … di Magdala?
In Verità ti dico che l’Alfa scese dal terzo Cielo per chi era pronto per salirci … riprendendoli molti dal terzo giorno.
Scusami ma non so se faccio bene a dirtelo e chissà in quale giorno lo comprenderai.