Rubrica radiofonica a cura di
Gianni e Antonietta .
Canto: Cristo è risorto
veramente(CD – “Risorto per amore” 1)
Benvenuti all’ascolto di
Famiglia oggi, cari amici. Vi salutano, dagli studi di Radio
Speranza, Gianni e Antonietta.
Eccoci qui, cari ascoltatori,
spettatori muti di quanto andremo a dire o a fare. L’impresa non è
facile, come già vi abbiamo detto la scorsa volta, perché,
guardando in faccia l’interlocutore si entra in una relazione più
vera che permette di non disattendere a quelle che sono le
aspettative e i bisogni dell’altro.
Ecco vogliamo partire dal
guardarsi negli occhi, dal mettersi di fronte, per capirsi e per
instaurare una comunicazione più profonda.
Nella società in cui viviamo
siamo tutti protesi a guardare chi non ci guarda o a parlare con chi
ha lo sguardo rivolto altrove.
Basta pensare ai tanti
spettacoli televisivi o alle comunicazioni mediatiche, via fax, via
internet, via cellulare eccetera. È incredibile come in una società
così tanto all’avanguardia, per quanto riguarda la comunicazione,
capace di arrivare fino ai paesi più sperduti della terra e adesso
anche del cielo, almeno nelle intenzioni e nello sforzo della ricerca
scientifica, poi ci si sia dimenticati dell’essenziale: che un
rapporto vitale si instaura non solo con la mente o con la bocca o
con una parte di sé, ma con tutto il corpo.
Gli occhi sono la finestra
alla quale affacciarsi per entrare nel mondo e nella storia
dell’altro.
Saper guardare è saper
amare.
Paradossalmente quando ci si
sposa non ci si mette l’uno di fronte all’altro, nel momento che
ci si impegna ad amarsi e ad onorarsi tutti i giorni della propria
vita.
Non ci si guarda negli occhi
quel giorno, né quando andiamo insieme a piedi o in macchina, né la
sera quando ci sediamo in poltrona davanti al televisore o quando,
distesi a letto, ci raccontiamo l’uno all’altro,
abitudine che cade in disuso, man mano che si allontana il giorno del
sì.
Si procede affiancati, e ci
si dimentica di quello spazio sacro che è rappresentato dalla
distanza dei nostri occhi, quello che da fidanzati provvedevamo
a mantenere vivo e a coltivare negli incontri desiderati e rubati
alle attività e ai doveri dello studio, del lavoro o della
famiglia di appartenenza.
Eppure, se ci pensiamo, solo
l’uomo, unico tra tutti gli animali, ha bisogno, per accoppiarsi,
di mettersi di fronte all’altro.
Se il Signore ha per gli
uomini pensato una modalità diversa da quella degli animali per
accoppiarsi non è un caso, perché dalla coppia voleva qualcosa
di più.
Della creazione dell’uomo e
della donna la Genesi dà due versioni differenti che si integrano a
vicenda.
Ci vogliamo fermare sulla
prima (Gn 1 26-31)
Dio disse: ” Facciamo
l’uomo a nostra immagine e somiglianza, e domini sui pesci del mare
e sugli uccelli del cielo, sul bestiame su tutte le bestie selvatiche
e su tutti i rettili che strisciano sulla terra”
Dio creò l’uomo a sua
immagine;
a immagine di Dio lo creò.
Dio li benedisse e disse
loro:
“Siate fecondi e
moltiplicatevi,
riempite la terra;
soggiogatela e dominate
sui pesci del mare
e sugli uccelli del cielo
e su ogni essere vivente
che striscia sulla terra”
Dio vide quanto aveva fatto,
ed ecco, era cosa molto buona.
Alla coppia, la cosa molto
buona, ultima in ordine di tempo ad essere creata, Dio ha
affidato il compito di continuare la sua opera creatrice,
attraverso un mettersi di fronte, guardarsi, specchiarsi, perdersi
nell’altro, rispondendo ai suoi più segreti bisogni,
nell’accettare le sue inadeguatezze, nell’accogliere con
gratitudine la sua diversità come ricchezza e occasione di crescita
comune.
Il primo parto a cui Dio
chiama la coppia è l’altro, colui che viene portato alla vita
attraverso l’amore, perché l’uomo e la donna insieme siano
datori di vita per i figli e per tutti quelli a cui sono mandati.
Gianni e io solo da poco
abbiamo capito quanto sia importante tutto questo e abbiamo
cominciato con la cosa più semplice, cambiando il posto a tavola,
che ci aveva visto per tanti anni l’uno a fianco all’altro
davanti al televisore, che, all’ora dei pasti, ci informava su
tutte le cose brutte che accadono nel mondo, facendoci dimenticare
tutte le cose belle che potevamo dirci, per crescere e fortificarci
nel cammino comune, per rinsaldare l’alleanza a cui ci eravamo
impegnati il giorno del matrimonio.
Ma questo è il passo più
recente, non l’ultimo, di quel cammino incominciato 33 anni fa
nella più completa nebbia.
Quando ci siamo sposati,
infatti, non ci siamo posti troppe domande, anzi nessuna, presi
dall’entusiasmo di coronare un sogno per cinque anni accarezzato.
Sposarsi in chiesa era
naturale a quei tempi come respirare e ci saremmo sentiti sicuramente
tagliati fuori se avessimo scelto un’altra strada.
Di una cosa comunque eravamo
certi: il matrimonio è indissolubile, perché la promessa l’avevamo
fatta davanti a Dio e davanti agli uomini e, se con gli uomini a
volte si può trovare qualche compromesso, con Dio proprio non ce la
sentivamo di scherzare, perché avevamo timore di Lui.
Il Dio, di cui ci avevano
parlato, era un Dio severo, che non perdona e che ci mette poco per
mandarti all’inferno alla prima scappatella.
Eravamo pieni di buoni
propositi, di figli ne volevamo tanti, sì che il problema del
controllo delle nascite sembrò riguardare gli altri, non noi.
La società non si era ancora
laicizzata, il nuovo Concordato era di là da venire e il Diritto di
famiglia, che entrò in vigore quattro anni dopo, riconoscendo ai
coniugi, almeno sulla carta, pari diritti e pari doveri, aggiunse
anche quello di potersi avvalere della divisione dei beni, cosa che
ci affrettammo subito a fare.
A distanza di tempo spesso
abbiamo ripensato a quella che ritenevamo una conquista per
entrambi, ma che oggi ci appare la più grande stortura di una
legge umana, che, di fatto, nega ciò che il matrimonio va a
celebrare: l’unione, il patto, l’alleanza che si instaura tra
l’uomo e la donna il giorno che si dicono sì per tutta la vita,
basata sulla condivisione di tutto ciò che hanno per affrontare con
minor sforzo la fatica del viaggio.
Il divorzio e l’aborto,
conquiste della cosiddetta società civile, ci videro spettatori
impotenti di fronte all’inizio della catastrofe.
Occupati a coltivare il
nostro piccolo orto, cercavamo di tenerlo pulito dall’infestazione
dell’erba cattiva, ma non usavamo la stessa zappa, né
condividevamo la fatica del dissodare il terreno, né la gioia di
cogliere i frutti del nostro lavoro.
Ad un anno dal matrimonio la
malattia di Antonietta ci ha colto impreparati e ci ha chiamati a
provvedere senza avere gli strumenti indispensabili per uscirne
indenni.
Malattia che si è prolungata
negli anni e che, lungi dall’essersi risolta, ha occupato lo spazio
dei nostri pensieri, sì che io cercavo di evadere fumando pacchetti
di sigarette, guardando la televisione fino a notte fonda e
immergendomi fino a scoppiare nel mio lavoro, Antonietta, invece,
pensando al da farsi, a come poteva guarire, affidando a medici e
medicine il compito di risolvere i suoi problemi.
Il figlio che era nato dalla
nostra unione ci ha consolato e tenuto uniti fino a quando non ha
cominciato a diventare grande e a porsi delle domande a cui non
sapevamo dare risposte credibili.
Due io che non riuscivano a
diventare un noi, nonostante all’apparenza non c’era cosa che non
facessimo insieme.
Ma la fatica di andare da
soli, quel procedere sotto il peso di problemi sempre più grandi che
ci erano piombati addosso alla lunga ci ha sfibrato tanto che in noi
sempre più si radicava il tarlo di un’insofferenza l’uno
dell’altra, non più gestibile.
Che senso aveva rimanere
insieme, quando la casa era diventata un pensionato e i silenzi
duravano mesi?
Le motivazioni che ci avevano
portato a sposarci, erano venute meno, perché lo stare insieme non
era più fonte di gioia ma solo fonte di tensioni, rancori,
aspettative sempre più disattese.
La sospirata felicità
diventava sempre più un’illusione coltivata per troppo tempo
invano.
Ma cosa mancava, cosa non
aveva funzionato perché le aspettative andassero deluse? Ci eravamo
forse sbagliati, quando pensavamo di amarci? E la felicità che
pensavamo di raggiungere era solo un’illusione?
Solo qualche giorno fa mi è
venuto il desiderio di cercare l’etimologia di questa parola, ma
non ho avuto bisogno di strumenti eccezionali, mi è bastato un
semplice vocabolario che recita così: felicità: essere felici,
essere fecondi portare frutto. Essere appagati.
Ma dovevamo imbatterci in un
altro matrimonio per svegliarci dal sonno.Nel 2001 nostro figlio
decide di sposarsi, dopo 11 anni di fidanzamento e noi ne siamo
felici, per lui, perché almeno avrebbe trovato nella sua nuova casa
il calore che non riuscivamo più a trasmettergli.
Canto: Luce del mondo
Quando ci portò il libretto
che aveva preparato per la cerimonia, non prestammo attenzione a ciò
che era scritto sulla prima pagina, ma fummo attratti, incuriositi
incantati dall’omelia dei due sacerdoti chiamati a celebrare le
nozze proprio su quella pagina che non pensavamo avesse grande
valore.
La lettera di Dio agli sposi,
il "DONO", fu l’occasione che il Signore ci mise davanti
per cominciare a ripercorrere la nostra storia alla luce di Chi
l’aveva pensata e scritta per noi, prima che noi nascessimo.
II "DONO DELLE NOZZE"
DI DIO(Muraro)
Vi presentate a Lui in abito
da sposi. Vi sedete e lo ascoltate.
Allo sposo dice:
La donna che hai al fianco,
emozionata con l'abito da sposa, è mia. lo l'ho creata.
lo le ho voluto bene da
sempre; ancor prima di te e anche ancor più di te.
Per lei non ho esitato a dare
la mia vita. Te la affido.
La prenderai dalle mie mani e
ne diventerai responsabile.
Quando l'hai incontrata l'hai
trovata bella e te ne sei innamorato.
Sono le mie mani che hanno
plasmato la sua bellezza, è il mio cuore che ha messo dentro di lei
la tenerezza e l'amore, è la mia sapienza che ha formato la sua
sensibilità e la sua intelligenza e tutte te qualità che hai
trovato in lei.
Però non potrai limitarti a
godere del suo fascino. Dovrai impegnarti a rispondere ai suoi
bisogni, ai suoi desideri.
Ha bisogno di tante cose: ha
bisogno di casa, di vestito, di serenità, di gioia, di equilibrio
psichico, di rapporti umani, di affetto e tenerezza, di piacere e di
divertimento, di presenza umana e di dialogo, di relazioni sociali e
familiari, di soddisfazioni nel lavoro e di tante altre cose.
Ma dovrai renderti conto che
ha bisogno soprattutto di Me, e di tutto quello che aiuta e favorisce
questo incontro con Me: la pace del cuore, la purezza di spirito, la
preghiera, la Parola, il perdono, la speranza e la fiducia in Me, la
Mia vita.
Sono io e non tu il
principio, il fine, il destino di tutta la sua vita!
La ameremo insieme.
lo la amo da sempre. Tu hai
incominciato ad amarla da qualche anno, da quando te ne sei
innamorato.
Sono lo che ho messo nel tuo
cuore l'amore per lei.
Era il modo più bello per
dirti: Ecco, te la affido, e perché tu potessi godere della sua
bellezza e delle sue qualità.
Quando le dirai: Prometto di
esserti fedele, di amarti e di rispettarti per tutta la vita, sarà
come se mi rispondessi che sei lieto di accoglierla nella tua vita e
di prenderti cura di lei.
Da quel momento saremo in due
ad amarla. Anzi ti renderò capace di amarla "da Dio”,
regalandoti un supplemento di amore che trasforma il tuo cuore di
creatura e lo rende capace di produrre le opere di Dio nella donna
che ami.
E' il mio dono di nozze:
quello che si chiama la grazia del sacramento del matrimonio.
Non ti lascerò mai solo in
questa impresa. Sarò sempre con te e farò di te lo strumento del
mio amore, della mia tenerezza; continuerò ad amare la mia creatura,
che è diventata tua sposa, attraverso i tuoi gesti di amore.
Lo stesso discorso Dio lo fa
alla donna!
L’incontro con il dono ci
interpella e ci chiama a rispondere. Da quando sono entrate nell’uso
le liste di nozze, si esonerano parenti e amici dal pensare al regalo
e gli sposi dalla delusione di vedersi recapitare ciò che non
desiderano.
Tutti preoccupati della festa
non si pensa a mettere in lista la cosa più importante, anzi non
invitiamo neanche al pranzo di nozze Chi, comunque, il regalo ce lo
fa ugualmente, anche se non lo ringraziamo. Stiamo parlando di Dio
che non se la prende e sa aspettare che ci ricordiamo di lui.
Gli dei antichi si
comportavano in diversa maniera.
Eris, la dea della discordia,
non invitata alle nozze di Peleo e Tetide, i genitori di Achille, si
vendicò scatenando una serie di eventi che portò alla distruzione
di Troia.
Paride fu lo strumento usato
nel desiderio di possedere una donna non sua, Elena.
Il Dio della Bibbia, quello
che, invece, noi adoriamo, parla tutt’altro linguaggio e va contro
gli schemi che imponeva e ancora impone la società.Occhio per occhio
dente per dente è la legge che lui è venuto a sostituire con quella
consolante di un amore che non si tira indietro neanche di fronte
alle defezioni più vistose.
Vogliamo concludere pregando
con il Salmo 8
O Signore, nostro Dio,
quanto è grande il tuo nome
su tutta la terra!
Sopra i cieli s’innalza la
tua magnificenza.
Con la bocca dei bimbi e dei
lattanti
Affermi la tua potenza contro
i tuoi avversari,
per ridurre al silenzio
nemici e ribelli.
Se guardo il cielo
Opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu
hai fissate,
che cos’è l’uomo perché
te ne ricordi,
il figlio dell’uomo perché
te ne curi?
Eppure l’hai fatto poco
meno degli angeli,
di gloria e di onore lo hai
coronato:
gli hai dato potere
sulle opere delle tue mani,
tutto hai posto sotto i suoi
piedi;
tutti i greggi e gli armenti,
tutte le bestie della
campagna;
gli uccelli del cielo e i
pesci del mare,
che percorrono le vie del
mare.
O Signore, nostro Dio,
quanto è grande il tuo nome
su tutta la terra!
Con l’augurio che la
gratitudine ci apra il cuore alla speranza che Dio mantiene sempre le
sue promesse, vi salutano Gianni e Antonietta.
Dagli studi di Radio Speranza
abbiamo trasmesso: Famiglia oggi: riflessioni di coppia.
Canto:
Cristo è risorto veramente(CD – “Risorto per amore” 1)
14
novembre 2004.
1 commento:
ho "ascoltato" con emozione e gratitudine.
Il mio grazie.
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