“Seguimi!"
(Mt 9,9)
“Comportatevi
in maniera degna della chiamata che avete ricevuto” (Ef 4,1)
Oggi
il Vangelo ci interpella perché Gesù non invita solo Matteo a
seguirlo, ma ognuno di noi che sta arroccato sul suo scranno ad
aspettare che gli altri gli diano il giusto tributo di onore e di
gloria.
Sentirsi
chiamati a seguire Gesù non è cosa che capita tutti i giorni, non
perché Gesù non ci chiami, ma perché le nostre orecchie sono
occupate ad ascoltare altro e non ci accorgiamo neanche che c'è
qualcuno che passa e ci guarda con compassione.
Chi
non avanza qualcosa da qualcuno, chi non si sente trascurato,
abbandonato, giudicato delle persone a cui tiene di più?
Chi
non si sente emarginato, messo in un angolo se fa un brutto mestiere,
maledetto mestiere, come quello di esattore delle imposte e
collaboratore di ingiustizia?
Ma
ci sono altri che non si pongono nessun problema, perché si sentono
a posto, perché non fanno del male a nessuno, almeno così credono,
ma sicuramente si lamentano e sono oppressi se non viene dato loro il
giusto tributo.
Chi
ha orecchie da intendere intenda, dice il Signore.
Bisogna
avere le orecchie e Dio ce le ha date per ascoltare, non per
tapparcele con gli auricolari collegati allo smartfhone.
“ Ascolta
Israele, se tu mi ascoltassi!” troviamo scritto.
Ascoltare
viene dal verbo “audire” (ascoltare), parente stretto di
“oboedire” (obbedire, ascoltare agendo di conseguenza) e Dio
vuole che noi apriamo le orecchie al suo messaggio e agiamo di
conseguenza.
“Seguimi!”
Non
è così facile seguirti Signore, anche se subito siamo affascinati
dalla tua figura, dall'autorevolezza delle tue parole, da quello che
si dice di te e decidiamo di spostarci, di cambiare posizione.
Ma
quando vediamo cosa comporta la tua sequela ci allontaniamo da te.
“Sulla
tua parola getteremo le reti” risposero gli apostoli a te che
consigliavi di fare una cosa impensabile, addirittura da pazzi,
quella di andare a pescare al mattino.
Tutti
sanno che i pesci di giorno non li trovi in superficie, specie i
pescatori.
“Seguimi!”
dicesti a Matteo che da subito si trovò a doversi confrontare con il
giudizio malevolo di coloro che ti criticavano.
“Non
sono venuto a chiamare i giusti. ma i peccatori” rispondi ai tuoi
detrattori.
Chissà
come si deve essere sentito Matteo che comunque era consapevole di
essere stato graziato nel momento in cui ha deciso di rispondere al
tuo invito.
Quanti
di noi accettano di sentirsi peccatori, sentirsi bisognosi di
perdono! Ci sentiamo tutti i giusti, perché non facciamo male a
nessuno e certe volte, quando decidiamo di andarci a confessare,
facciamo una grande fatica a fare un esame di coscienza e a trovare
qualche peccato da dire al sacerdote.
Molto
spesso le nostre confessioni consistono nel raccontare i peccati
degli altri, perché noi non ne abbiamo o, se ne abbiamo, sono pochi
e di lieve entità.
I
peccati di giudizio sono quelli che ci accomunano un po' tutti,
perché il cervello lo usiamo in genere per giudicare gli altri, ma
molto raramente noi stessi.
“Misericordia
voglio e non sacrificio”.
Quante
cose facciamo con sacrificio ma senza amore, spendendoci in maniera
forte per qualcuno o qualcosa, ma sempre lamentandoci se non ci
corrispondono e non apprezzano i nostri sforzi.
“Fate
poche cose ma quello che fate, fatelo con amore” ha detto Madre
Teresa di Calcutta, perché è l'amore che salva, è l'amore che ti
dà la pace, è l'amore che crea relazioni profonde.
Matteo
è diventato santo perché è partito dalla consapevolezza di non
essere nel giusto e di avere bisogno di qualcuno che lo rimettesse in
piedi, che lo mettesse in un circolo di relazioni feconde e durevoli.
Leggendo
il brano del Vangelo ho pensato che potevo essere Matteo, chiamato da
Gesù, ma che potevo anche essere quella parte di gente che criticava
il maestro per le sue frequentazioni, i puritani.
Certo
che noi non possiamo dirci esenti da questo peccato, quando vediamo
che persone che hanno commesso ogni genere di malefatte poi vengono
da Dio perdonate.
Saremmo
noi capaci di fare lo stesso nei confronti di chi ci ha fatto del
male?
Perdonare
non sette ma settanta volte sette sembra impossibile.
Ma
niente è impossibile a Dio perché lui ci renderà capaci se ci
fidiamo di lui.
Proviamo
a metterci nei panni di Gesù e vedere come si comporta, perché
dobbiamo imitare lui e non c'è da scandalizzarsi che si mischi con
della gente poco per bene.
Basta
guardare il luogo dove nacque e dove fu deposto, sicuramente un luogo
dove nessuno si sognerebbe di far nascere un bambino, a meno che non
vi sia costretto.
Dio
per incarnarsi poteva scegliere una reggia, una clinica altamente
qualificata ma da subito ci ha fatto capire quali sono le sue
preferenze.
Alla
fine non possiamo che dire come il centurione “Domine non sum
dignus”.
Non
siamo degni Signore di tanta grazia, di tanto amore perché siamo
sporchi dentro e fuori, perché siamo cattivi, perché siamo gente di
dura cervice, maleodoranti.
Eppure
tu non ti schifi, non ti sei schifato perché ”tutto è puro per i
puri” e il male non viene da fuori ma da dentro.
Niente
può cambiare la naturale immagine che hai scolpito nel nostro
cuore.
Impresse
nella mente e nel cuore conservo e adoro le tue parole.
“ Dio
creò l'uomo a sua immagine e somiglianza, maschio e femmina li
creò”.
Signore
voglio somigliarti, voglio essere come te, voglio stare dentro di te,
non mi voglio mai allontanare da te.
La
meditazione di questa mattina ha rinforzato il desiderio di farmi
ammaestrare da te, perché sono sempre più consapevole che giudizi e
pregiudizi minano il nostro rapporto.
Aiutami
Signore a guardare sempre te, ad aprire le orecchie alla tua parola,
a metterla in pratica con il tuo aiuto.
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