mercoledì 5 febbraio 2020

Le tre prugne




Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria.(Mc 6,4)

SFOGLIANDO IL DIARIO...

Ti lodo ti benedico e ti ringrazio Signore perché sei qui ad ascoltarmi, perché sei vicino a me, sei sceso dal cielo e ti sei fatto piccolo, umile servo, fratello, amico, sposo, perché potessi capire quanto ti sta a cuore la mia vita. 
Signore pietà, Cristo pietà!
Queste parole spesso le ripeto, le ripete la chiesa quando ci presentiamo a te, invochiamo su di noi la tua misericordia, la tua compassione, specie quando siamo afflitti da grandi prove.
Invochiamo la tua pietà, ti chiediamo di muoverti, perché abbia fine il nostro tormento.
Penso a tutte le volte che queste parole dovrebbero sottintendere la consapevolezza del nostro peccato, ma ciò accade raramente.
Io so che tu non hai bisogno che ti chiediamo ciò che naturalmente sempre ci dai.
Il perdono è la base dell'amore e, se uno non è disposto a perdonare l'altro per le sue manchevolezze, non ama l'altro.
Di questo sono convinta specie da quando ho cominciato a frequentarti e a conoscere quale sia la fedeltà, l'alleanza che tu hai sancito con l'uomo, mandando tuo figlio a renderla indistruttibile, eterna.
Il chiederti pietà, almeno da parte mia, nasce dalla percezione dell' estrema debolezza della carne, della vita che non finisce mai, del fatto che ci si parano davanti ostacoli a volte insormontabili, del dolore innocente, il dolore di chi non ha più fiato neanche per gridare, chiedere pietà e invocare su di se la tua compassione.
Oserei dire che è una bestemmia, invocare la tua pietà, perché a te non si possono dare consigli, non si devono dare consigli perché tu sei Dio, sei tutto, tutto conosci e non permetti che il male prevalga sul bene.
Eppure in tanti momenti della mia vita mi sono rivolta a te come a l'unico che mi poteva liberare, salvare, sollevare da guadi particolarmente gravosi.
Dicono che tu le prove le mandi a chi ha le spalle per sopportarle.
Ma anche questo non mi convince.
Come può un padre dare delle prove?
Le prove fanno parte della vita, penso che ci sono alberi che crescono con il fusto sano e diritto, altri con tanti nodi avviluppati in se stessi, preda di animali selvatici, di insetti, parassiti, ma anche di poca o troppa pioggia o poco o troppo sole o di terreno non adatto.
Non sempre quello che ci accade dipende da noi.
Ieri con Gianni siamo andati al frutteto della terra ereditata da sua madre.
Abbiamo raccolto tre prugne. 
Le abbiamo mangiate con religiosità, con gratitudine, ma erano solo tre.
Ho pensato che l'errore è stato nel piantare quel frutteto lontano dall'acqua, in un luogo esposto alle intemperie e difficile da raggiungere.
Ho pensato che anche quando nasce qualche frutto se ne cibano gli uccelli o i viandanti.
Se il frutto non c'è non è colpa dell'albero, ma di tanti fattori umani, errori dell'uomo, ma anche da un cielo poco propizio a cui dovrebbe provvedere l'agricoltore accorto con una cura e una vigilanza più grande, costruendo canali che portano l'acqua e nello stesso tempo anche costruendo recinti che impediscano a chiunque di appropriarsi o distruggere ciò che non gli appartiene.
Questa è la nostra vita Signore.
In quel frutteto ho visto quanto dipende da noi e dalle nostre cattive scelte, cattive abitudini e quanto da te.
Se le tre prugne le abbiamo mangiate sinceramente lo dobbiamo a te.
Tu di fronte a questi nostri comportamenti non puoi sostituirti a noi, ma puoi e lo fai sempre, dare la possibilità di leggere nella storia la via della salvezza.
Guardo il mio corpo ora. E' come quel frutteto che ieri abbiamo visitato. 
Gli operai hanno tagliato l'erba e i rami che toglievano forza alle piante. Qualche albero si era seccato completamente. Altri erano pieni di foglie, alcune malate, raggrinzite, ma ancora vitali.
È un problema di acqua, ho pensato e l'ho detto a Gianni.
Anche Lino si stava dannando per annaffiare un prato all'inglese che si è messo in testa di far crescere davanti alla casa ereditata da nostra suocera. 
Per quel prato trascura di tagliare le erbacce che stanno invadendo quasi tutto il piazzale già ricoperto di cemento per buona parte. Un pezzetto di prato perfetto da sostituire a quello che ha visto tante generazioni vivere, giocare, lavorare, cimentarsi, mangiare morire.
Era un prato spontaneo che ricordo come l'unico luogo dove liberamente i bambini potevano sbizzarrirsi a giocare con la palla e noi con i racchettoni.
... un luogo dove arrivavano i trattori con i sacchi delle olive o del grano, dove la sera le donne si mettevano a prendere il fresco o allattavano i bambini.
Signore pietà!
Di cosa devi avere pietà Signore? 
Della nostra miseria, inadeguatezza, dei nostri errori, degli errori dei nostri padri e di quanti ci hanno preceduto e di quanti con noi condividono il bene che ci hai gratuitamente concesso.
Ora Signore sono qui con questo corpo che è come il frutteto di Villa Sibi. 
Sembra che non ci sia alcuna speranza perchè mai l'acqua della Bonifica passerà nelle nostre campagne e non si può innaffiare con l'acqua potabile.
Noi non abbiamo la forza fisica, né il denaro necessario, nè le competenze per trasformare e riequilibrare la situazione.
Io sono come quel frutteto. 
Bastano tre prugne per decidere di non abbattere gli alberi? 
Bastano le foglie verdi e qualche raro frutto mangiato dai vermi e dagli uccelli a far sperare che valga la pena di non abbatterlo? 
Sono qui Signore.
Tu sei il mio Signore, l'unico mio vero bene.
Invoco la tua compassione sulle nostre scelte sbagliate e chiedo misericordia.
Anche se penso che tu già tutto questo me lo hai dato, è necessario che riconosca solo a te il potere di trasformare la valle di Acor in porta di speranza.
Non so con quel frutteto, con questo frutteto cosa hai in animo di fare.
Il legno della mangiatoia come quello della Croce venivano, sono venuti da alberi tagliati.
Può darsi che questi alberi, questo mio albero sia destinato a costruire una croce come anche una mangiatoia.
Del resto gli alberi sono più di uno, anche quelli di noci che Gianni ha piantato intorno alla casa...legno pregiato. 
I ciliegi si sono seccati e non faranno frutti se non scadenti e immangiabili.
Tutta legna da ardere? 
Anche gli ulivi abbiamo abbandonato quest'anno per mancanza di soldi e di forze.
Anche questi destinati al fuoco dell'inferno? 
Signore sono qui. Penso agli alberi della nostra campagna, l'eredità della promessa, penso alla croce che abbiamo piantato con i pezzi del gazebo schiantato e portato via dal vento... testimonianza di un sogno infranto, un fallimento, sogno di un nuovo inizio, segno di un passaggio dalla tenda alla casa, stabile dimora per l'uomo.
Oggi leggendo il Vangelo ho pensato a questa estrema debolezza della carne, alla nostra incapacità di fare le cose giuste, penso che nessuno dei tuoi ti dava ascolto perché eri pregiudizialmente schedato, come il figlio del falegname, uno del paese che non aveva nessuno di cui vantare la conoscenza, l'appoggio.
Signore la tua condizione sociale, la tua famiglia, il tuo nome, la tua cultura non ti permisero di operare nel tuo paese e te ne dovesti andare.
Nessuno è profeta in patria 
La debolezza percepita dagli altri era lo strumento per comunicare all'uomo la tua solidarietà, la compassione, il tuo amore, lo sguardo nuovo che abbraccia il creato e le sue creature.
" Ti basta la mia grazia" dicesti a San Paolo.
Tu eri pieno di grazia, Maria era piena di grazia.
Tutto è grazia.
Basta guardare in tre prugne la speranza nel senso riposto delle cose da scoprire con il tuo aiuto? 
Tre prugne Signore sono poche, sono segno di debolezza, fallimento, che vivo con la tua grazia redentrice, con la gioia della Resurrezione, la convinzione che non ci si affatica invano quando si lavora la tua vigna.
Ora che mi ricordo con tre prugne in estate facevo merenda ed era una festa quando le vedevo ad aspettarmi sul tavolo della cucina, messe senza che me ne accorgessi, da nonna che poi si nascondeva.

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