venerdì 20 aprile 2018

" Io sono quel Gesù che tu perseguiti".(At 9,5)



" Io sono quel Gesù che tu perseguiti".(At 9,5)

Mi viene da chiedermi se anche io in modo più subdolo e meno palese perseguito Cristo, lo mando a morte.
Si può perseguitare una persona anche omettendo di aiutarla, lasciandola morire, disinteressandosene.
Quante persone non facciamo esistere, condanniamo al silenzio, lo neghiamo nei nostri pensieri, perchè ci disturba, ci indigna, ci rimette in discussione.
Quante persone affamate, assetate, ignude, carcerate, malate avrebbero bisogno di un nostro gesto di misericordia, di un nostro sguardo d'amore!
Ma noi stiamo bene solo quando siamo da soli o con persone che la pensano come noi, che ci applaudono e ci esaudiscono, persone che ci servono per sentirci vivi.
Poi ci sono quelli che non possiamo cancellare dalla memoria, queli con cui condividiamo lo spazio e il tempo della nostra vita abituale.
Sono i nostri più stretti congiunti , i nostri condomini, i colleghi di lavoro, i fornitori di servizi.
Quelli che incontriamo ogni giorno o più di frequente, per necessità o per scelta di vita, sicuramente non li possiamo dimenticare , cancellare dal nostro taccuino, perchè l'impresa è praticamente impossibile.
Sono quelli che ci tolgono la pace, che ci fanno arrabbiare, che non sono e non fanno quello che noi riteniamo giusto, o utile quello che non viene a nostro vantaggio.
Per questi l'unica ricetta per non soffrire è quella di usarli quando ci servono.
Manteniamo le distanze con il nostro giudizio e pregiudizio e tiriamo a campare ricavandoci una piccola cuccia dove possiamo beatamente rifugiarci e fare il comodo nostro senza cher nessuno ci disturbi.
Le parole del vangelo di oggi, per chi si sofferma a decifrarne il profondo e difficile significato, ci destabilizzano.
Fino a quando Gesù ci ha parlato del pane , cibo che conosciamo non abbiamo fatto fatica a seguirlo e nella fede non ci è stato difficile pensare che lui è il nostro cibo, che è Lui che ci fa vivere in eterno.
Ma oggi l'immagine diventa più cruda, più indigesta direi, perchè un conto è mangiare il pane, un conto la carne e il sangue di una persona.
Eppure nella consacrazione eucaristica il Sacerdote ripetendo la formula del sacramento trasforma il pane e il vino in corpo e in sangue di Cristo.
" Prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo". Quante volte abbiamo sentito queste parole, quante volte ci siamo accostati all'altare per fare la comunione!
Ci rendiamo conto cosa quel segno significa? Non credo.
Una volta un sacerdote al termine della consacrazione aggiunse. " Vi rendete conto di quello che è avvenuto? Voi siete questa piccola ostia, l'offerta che avete portato all'altare, le vostre mani, i vostri occhi, il vostro tempo, i vostri averi, la vostra fragilità, il vostro limite.
Gesù l'ha benedetto attraverso di me e ha trasformato il vostro corpo nel suo corpo, vale a dire che vi ha immessi in una relazione vitale di un organismo di cui Lui è il capo. "
Facendo la comunione ci mettiamo a servizio gli uni degli altri perchè nessun organo abbia a morire.
Gesù fa ciò che ci manca, ciò che non siamo capaci di fare, ma il nostro impegno è quello di vivere in stretta comunione perchè la vita sia irradiata in tutto il corpo.
L'eucaristia ci rende capaci di uscire dal nostro isolamento, abbatte i muri di divisione, ci aiuta ad amare gli altri non per quello che ci danno ma per quello che sono.
L'eucaristia è dono e offerta, grazia e impegno, vita e gioia nell'impegno condiviso con i suoi santi su cui il Signore non si stanca di effondere il suo Spirito.

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