martedì 16 gennaio 2018

Volontà di Dio

SFOGLIANDO IL DIARIO…
24 gennaio 2017
martedì della II settimana del TO
” Ecco io vengo a fare la tua volontà”(Eb 10,9)
Non è facile Signore pronunciare queste parole senza aver sentito il beneficio della tua presenza, della tua vicinanza, del tuo aiuto.
Bisogna averti incontrato e averti frequentato, aver visto cambiare i connotati alla vita, alle giornate, alle relazioni.
Solo chi ha ricevuto la grazia di appartenerti è in grado di rispondere come tu hai risposto alla richiesta del Padre.
“Un corpo mi hai dato…e ho detto io vengo a fare il tuo volere”.
“Quando le tue parole mi vennero incontro, le divorai con avidità….Perché il mio dolore è senza fine e la mia piaga incurabile non vuole guarire?
Tu sei diventato per me un torrente infido, dalle acque incostanti.”dice Geremia.
Quanta verità scopro nelle sue parole !
C’è stato un tempo in cui tu mi hai corteggiato e mi cospargevi la strada di fiori, un tempo in cui mi faceva tremare il soffio del vento e il primo cinguettio degli uccelli, un tempo in cui ti rendevo grazie per ogni respiro, per ogni battito d’ali.
La meraviglia dell’inizio!
La gioia prendeva il sopravvento sul dolore e a quello che mi veniva tolto subentravano doni di gran lunga più appaganti, belli, insperati.
Oggi tutto questo è solo un ricordo, oggi che passo il tempo a tamponare dolori che come spade s’infilano nella mia carne, oggi che la casa è diventata silenziosa e e gli uccelli hanno smesso di cantare e i fiori di abbellire il mio giardino e i bimbi di mostrarmi i tesori del regno.
Me ne sto qui sulla mia sedia avvoltolata dalle coperte, per ripararmi dal freddo, senza muovermi per paura di farmi più male, a difendermi dagli attacchi di un nemico subdolo e insistente, che senza posa giorno e notte attenta alla mia vita che amo sempre meno.
Cosa dirti o Dio che non ti abbia già detto? o cosa scriverti che non ti abbia già scritto?
Ti ho cantato poemi d’amore, a te ho reso grazie ogni giorno, tu eri la mia luce, il mio faro, tutto.
E poi arrivano giorni in cui non c’è niente più da desiderare, da amare, perchè c’è il vuoto intorno a me.
Sono qui, mi vedi, a cercare ancora parole per esprimere la malinconia di chi vede solo il sepolcro come luogo dove riposare.
A che scopo mi hai abbandonato? Perchè mi hai sedotto con le tue lusinghe?
Ricordo i sacchi di scintillanti di cui facevo incetta, frammenti di arcobaleno, guizzi di luce su bolle di rugiada, un sacco che riaprivo ogni volta che la vita mi costringeva a brusche frenate.
E ora che la sosta è più lunga non ci sono più usignoli che mi cantino la ninnananna, nè vagiti di bimbo che mi illuminino gli occhi, l’aratro è fermo come il torrente che più non gorgoglia soffocato dal ghiaccio.
In TV sfilano le bare delle vittime di grandi tragedie, pochi i sorrisi e gli abbracci dei sopravvissuti.
Nel fiume del tempo la morte porta via la vita e io mi chiedo se ti ho sognato.
Se eri tu quello che mi ha guidato attraverso valli tenebrose con il canto nel cuore, se eri tu che ogni volta riaccendevi la speranza e mi metteva le ali.
Non ti trovo più negli anfratti dei fossi, nei nascondigli di questa vita disastrata.
Quando penso che è finita eccoti a darmi quel poco d’acqua che mi serve per non morire, ma insufficiente per amare questo dolore, questa malattia, questo handicap, questo silenzio, questo deserto senza fine.
Quando dovrò attendere per incontrarti di nuovo?
Non mi dire che anche questa notte verrai a trovarmi sotto le vesti di un dolore che non si misura, un dolore che non trova antidoti, che non può trasformarsi nè in lamento nè in preghiera, un dolore che ti paralizza la mente e il cuore e ti fa desiderare solo di morire.
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