Sfogliando il diario...
19 febbraio 2014 ore 5.46
Mercoledì della VI
settimana del tempo ordinario.
Letture; Gc 1,19-27;
Salmo 14; Mc 8,22-26
"Prese il cieco per
mano e lo condusse fuori dal villaggio".(Mc 8,23)
Ore 10: intravitreale
Giovanni si meraviglia
che quello che trovo scritto la mattina sul calendario liturgico ha
stretta corrispondenza con quello che succede nella giornata (dice
che si avvera).
Certo è che si esprime
come ne è capace e a volte confonde le informazioni che gli
trasmetto.
Ma la sostanza è quella
che interiorizza, perché è ancora un bambino e riesce a credere
che è tutto vero e che l'invisibile diventa visibile e che Dio opera
nella nostra storia sempre e comunque.
Così l'ho educato e così
cerco di vivere la mia vita, alla luce della Parola che ogni mattina
mi dà le indicazioni di percorso.
Ci sono dei giorni in cui
la Parola mi sembra molto lontana dalla storia che sto vivendo in
quel momento, non appropriata, non per me, cosa che mi disorienta non
poco.
Certo che non tutto
possiamo capire e solo lo Spirito Santo ci guiderà alla verità
tutta intera.
Gli apostoli, nonostante
avessero a portata di mano ogni giorno il Maestro, e che Maestro!
continuavano a preoccuparsi di ciò che mancava loro.
"Abbiamo un solo
pane!" dicevano con Gesù vicino che aveva proprio poco tempo
prima moltiplicato i pani e pesci e sfamato una folla di 5000 persone
e c'erano avanzate anche 12 ceste.
Ma se i discepoli non
capivano e continuavano a discutere davanti a segni così evidenti e,
come diceva Don Ermete ieri sera, pensavano “Questo chiacchiera,
chiacchiera, ma noi non abbiamo il pane!".
Vale a dire che le
chiacchiere non servono a niente quando hai fame, hai bisogno, hai
paura.
Chiacchiera è una brutta
parola ma Don Ermete la usa a proposito, per far capire meglio
l'incomprensione dei discepoli.
Noi che siamo gente per
bene non ci permettiamo di dire che Gesù fa le chiacchiere, ma la
pensiamo allo stesso modo, quando le cose non vanno come vorremmo.
Il vangelo di oggi giunge
a proposito di una vicenda che mi vede protagonista poiché alle 10
ho programmata la puntura intravitreale per l'edema maculare cistoide
con il sospirato e costosissimo OZURDEX.
Anche la lettera di
Giacomo giunge a proposito, se è per questo.
L'argomento è il sentire
e il vedere, cose che mi riguardano molto da vicino, visto che per
ascoltare, capire meglio e bene ciò che mi viene detto, ho preso la
decisione di mettere gli amplificatori, altrimenti chiamati, protesi
acustiche, salvo poi rendermi conto che, se non sento quello che si
dice in chiesa è per via di don Gino che ha abbassato il volume dei
microfoni perché fischiavano e, se Gianni non lo sentivo e non lo
sento, è perché da quando ha avuto l'attacco ischemico gli si è
abbassata la voce.
Ho imparato dalla vita a
chiedermi sempre di chi è il problema, e, siccome il problema è il
mio, ho agito di conseguenza.
Per me è importantissimo
ascoltare, un po' meno vedere.
L'ascolto è un mezzo
fondamentale per metterti in comunicazione con l'altro.
Questo vale anche e
soprattutto per la Parola di Dio, perché è importante che ti arrivi
alle orecchie senza distorsioni, contaminazioni, chiara, forte,
potente, voce che ti risveglia, ti risuscita, ti ridà vita.
Le parole dicono se una
persona ti vede o se tu la vedi, ti accorgi del suo bisogno, perché
è la parola che ti spinge ad agire.
La Parola di Dio.
Per fortuna che per ora
non ho bisogno di auricolari che mi isolino dalle persone, ma di
amplificatori che mi aiutino a far entrare le persone dentro di me.
Questa generazione
purtroppo fa la strada al rovescio e invece di amplificare ciò che
serve, si sceglie quello che vuole sentire e si mette le cuffie,
isolandosi di fatto dalla vita vera.
Per fortuna, per grazia
sento forte l'esigenza di non rompere i ponti con il mondo esterno,
anche se mi viene da ridere al pensiero di tutto quello che sto
affrontando in termini di sacrificio e di spesa, pur di non perdere
neanche una briciola di ciò che cade dalla mensa della confusione in
cui siamo immersi.
Già perché mi sento
come un'estranea tra tanti estranei, seduta allo stesso tavolo a
mangiare le stesse cose, ma con la consapevolezza che molte sono
nocive.
Le mangio anche io, non
lo nego, ma per fortuna sempre meno, perché ho trovato una mensa
dove quello che viene portato in tavola è sempre utile,
buono,benefico per il corpo e per l'anima.
Come la messa di Don
Ermete.
"Mi raccomando,
prenditi la sedia di ferro!" mi ha detto l'altro ieri, parole
che lì per lì non mi hanno fatto capire l'importanza e il valore
quindi di quella raccomandazione.
Quello che era accaduto
qualche giorno prima l'avevo dimenticato, vale a dire la rottura
della sedia di plastica su cui mi ero seduta e il tonfo a terra che
mi aveva fatto battere fortemente la schiena.
Solo ieri mi sono
ricordata che il dolore allucinante alle spalle per cui avevo dovuto
chiamare la fisioterapista in soccorso alle 7:30 di mattina, era
dovuto a quella caduta e a non altro.
Don Antonio non è da
meno di don Ermete e si preoccupa di farmi fare meno strada possibile
per partecipare alla messa.
“Bussa per farti
aprire, non mi disturbi. Così eviti di portarti il deambulatore e ti
trovi l'ingresso della cappellina davanti”.
Anche a lui niente passa
inosservato e le sue comunicazioni sono efficaci come quelle di don
Ermete.
Quando vado alla Madonna
della pace mi sento di esistere, mi sento a casa, in un luogo dove
sono aspettata, un luogo dove si prendono cura di me.
Per questo ringrazio il
Signore, per tutti i sacerdoti che mi hanno testimoniato che il
Vangelo non è una chiacchiera, ma è una scuola di vita.
Più ci penso più mi
rammarico del fatto che ho studiato e perso tempo su tante cose
inutili e che, se avessi saputo quale tesoro era racchiuso nella
Scrittura, non avrei perso tempo, ma mi sarei data anima e corpo a
fare anche indigestione della Parola, tanto oggi la amo.
Eppure anche se sono
convinta che quello che dice Gesù è la verità, anche se vedo che i
miracoli li compie ogni giorno, pure non posso dire che sempre abbia
le idee chiare in proposito.
Oggi alle 10 mi faranno
la puntura all'occhio.
Vedo come il cieco del
Vangelo nella fase transitoria (alberi che camminano), vedo confuso,
sento confuso.
Per questo faccio
l'iniezione, per questo porto gli amplificatori, ma finora da un
punto di vista pratico, non ho raggiunto nessun miglioramento, vale a
dire che le cose che non vedo e non sento sono le stesse, ma quelle
che vedo e che sento sono le più importanti.
Gesù guarisce il cieco
portandolo fuori dal villaggio, appartandosi solo con lui.
Se oggi succedesse questo
sarebbe proprio un miracolo, l'ennesimo.
Gesù che mi porta in
disparte e si prende cura di me...
Ne ho voglia, ne ho
nostalgia.
Lunedì, quando stavamo
all'ospedale per il prelievo del midollo, ho guardato la faccia
stanca e triste di Gianni e gli ho detto, dopo aver riflettuto sulla
mia ingratitudine nei suoi confronti, sull'aver dato sempre più
scontati i suoi accompagnamenti: "Certo che hai avuto una brutta
sorte, sposando me!"
Anche se non mi basta
mai, perché io sono portata a farmi carico dei pesi degli altri e mi
aspetto altrettanto, pure devo riconoscere che c'è Uno che si è
preso cura di me sempre attraverso gli angeli che ha mandato sul mio
cammino.
Grazie Gesù che mi hai
invitato alla tua mensa, che non hai preteso nulla in cambio, grazie
Signore perché mi hai risvegliato il desiderio di ascoltare meglio e
di più il mio sposo e i miei fratelli e quelli che proclamano la tua
parola e la spiegano.
Grazie Signore di tutto.
Oggi fa che ti veda, ti
senta, che non abbia paura perché tu sei l'unico mio vero bene.
Ore 10
Ospedale Santo Spirito in
attesa di entrare in sala operatoria.
Fissa gli occhi a Gesù,
Gesù ti vuole portare in disparte, fuori dal villaggio, dalle tue
frequentazioni abituali, dai pensieri e dalle preoccupazioni che ti
vengono dal non potere e sapere come vivere qui, ora, in questo mondo
così diverso, così lontano da quello che hai lasciato, da quello
che desideri, da quello che ti rende così dura ma anche così bella
la vita.
Ti vuole portare con
sé... un momento vuole che tu ti fermi a parlare con Lui.
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