lunedì 2 gennaio 2017

sfogliando il diario...



“Figlioli rimanete in Lui”(1 Gv 2,28)

” In mezzo a voi c’è uno che non conoscete” dice Giovanni Battista a quelli che lo interrogano sulla sua identità.
Riconoscere Cristo non è semplice e io questa mattina sono andata dal sacerdote perchè mi aiutasse a vivere lo smarrimento di un Dio muto e sordo, per vincere la paura e l’angoscia di esere lasciata sola a combattere quest’ennesima, se non ultima battaglia.
Gesù non deve venire, c’è, è qui in mezzo a noi, dice Giovanni Battista.
Ma come trovarlo?
Quali sono i suoi connotati, da cosa possiamo capire che è lui, anche quando non ci salva dalla nostra salvezza?
Questa mattina sono andata da padre Carlo a confessargli la paura, l’angoscia, la disperazione per non essere in grado di vivere in lui tutto quello che mi stava succedendo.
Volevo trovare Gesù, volevo trovare quel Padre di cui è venuto a parlarci, un padre che se gli chiedi un pane non ti dà una pietra.
E in questi ultimi tempi a me sembra che dal suo tavolo cadano solo pietre che fanno sprofondare sempre più in basso.
Dopo aver consultato tutti i medici ufficiali e alternativi, dopo aver fatto indigestione della Parola di Dio, dopo aver ripetutamente ogni notte chiesto a Maria come aveva potuto rimanere in silenzio di fronte a cose così tanto grandi e incomprensibili a cui era stata chiamata, dopo aver urlato, pianto, supplicato perchè un segno mi illuminasse la strada, sono andata da Lui.
Sì perchè se non trovi il Signore significa che ti sei dimenticato dov’è la sua casa, il luogo del suo riposo che diventa anche nostro se non te ne allontani.
Perciò sono andata a confessare la mia poca fede, bussando alla porta del confessionale dove avrei mendicato il suo abbraccio misericordioso.
E non mi sarei allontanata se non avessi sentito su di me la sua mano benedicente, il suo sguardo posarsi sulle mie ferite, il suo olio spalmato sulle lacerazioni di tante lotte.
La fede è pace, è gioia, è speranza, è sangue che torna a fluire nelle tue vene.
E così è stato.
Ho ripensato a Giobbe il primo personaggio incontrato sulla strada del ritorno a casa, tanti anni fa, quando cominciai un cammino all’indietro, un cammino in compagnia del Crocifisso, incredibilmente vivo, perchè è da allora che ha cominciato a parlarmi.
Lo faceva anche prima, ma ci vuole del tempo per accorgerti che Dio è nel terremoto, nella tempesta e nella bonaccia, nel vento forte e nella brezza leggera.
Allora non capii cosa significava rinunciare a capire, fidarsi e affidarsi alla persona che conosci per sentito dire.
Mai come oggi ho capito la lezione di Giobbe che ritrovò i suoi beni quando accettò di non capire e riconobbe la superiorità del Suo creatore nel quale aveva sempre confidato.
Così il mio lamento si è mutato in danza e il desiderio di rimanere nella sua casa è tanto grande che nulla mi sembra più desiderabile.
Ma io so che torneranno i dubbi e le paure, le angosce e i dolori del parto, ma io voglio fare incetta di questi “scintillanti” per trarli fuori dalla mia bisaccia in tempo di carestia.
2 gennaio 2016

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