sabato 21 dicembre 2019

"Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo" (Lc 1,42)


(Sof 3,14)
Rallégrati, figlia di Sion,
grida di gioia, Israele,
esulta e acclama con tutto il cuore,
figlia di Gerusalemme!

La tua delizia Signore è Maria, messaggera di buoni annunci, la tua gioia Signore si irradia su tutta la terra, quando il sole si alza nel cielo, quando scompare tingendo di rosso le creste dei monti, quando spuntano le stelle, quando appare la luna, quando il vento muove le foglie degli alberi, quando il mare si increspa al suo soffio leggero, quando immilla la tua luce in migliaia di piccole stelle.
Tu hai posto le tue delizie tra gli uomini Signore, quando un fiore spunta nel prato, quando un bimbo ci tende la le braccia, quando un vecchio ci stringe la mano, quando il mondo si trasferisce nel cuore.
Tu Signore hai riempito il nostro calice fino a farlo traboccare, il calice della vertigine, la bellezza senza fine, la pienezza di ogni cosa buona.
Signore quanto è grande il tuo nome su tutta la terra!

Oggi la liturgia ci fa assistere al miracolo della gioia che scaturisce non da quello che si vede con gli occhi, ma da quello che si percepisce con il cuore.
L' incontro non è tra Maria ed Elisabetta ma tra Gesù e Giovanni Battista, legati strettamente nella testimonianza dell'amore di Dio.
La scena si impernia su ciò che accade nel grembo di due madri.
La vita che hai dentro porta a gioire e a comunicare la gioia.
La gioia di cui parla il libro dei proverbi al capitolo otto è nascosta e si rivela solo agli occhi di chi ha fede.
Giovanni è quello che prima di ogni altra persona riconosce Gesù e fa un balzo nel ventre della madre
La voce di colui che griderà nel deserto ha incontrato la Parola e l'ha trasmessa a sua madre.
La madre comunica a Maria quanto, attraverso il figlio, ha percepito.
Maria che già conosceva il frutto del suo seno non può che aprire il cuore al Magnificat, alla preghiera di lode e di ringraziamento a Dio che non solo si è chinato sull'umiltà della sua serva, ma ha agito nella storia del popolo sempre in funzione di una salvezza che, attraverso di lei, sta portando a compimento.
In un'epoca in cui i bambini sono scelti nel tempo e nel numero e possibilmente nel sesso e nella condizione fisica ottimale, in un secolo in cui la vita nel grembo della madre è affidata all'arbitrio di chi pensa di esserne padrone, la festa di oggi parla un linguaggio mai sentito.
Ci sono cose che si vedono, ma non sono vere, ci sono cose che non si vedono e hanno un autenticità, una bellezza, una forza una perfezione che non riusciremmo mai a immaginare.

"Beata te che hai creduto senza vedere, hai creduto alle parole del Signore" dice Elisabetta a Maria.
La beatitudine è credere in ciò che Dio dice, promette.
La fede è la beatitudine somma che non dipende da noi ma da Dio, come non dipende da noi il fatto che il sole ogni mattina si alzi nel cielo e illumini la terra.
Da noi dipende solo la volontà di lasciarci illuminare, aprendo le finestre della nostra casa di carne.
Che grande dono è la fede!.

Grazie Gesù che non ci hai lasciati soli a combattere una battaglia così ardua e difficile, grazie perché fai sussultare il mio cuore ogni volta che vedo incontrarsi la mia volontà con la tua.
Grazie Signore perché mi trasporti in un mondo che non conoscevo, ma che avevi nascosto nel mio cuore.
La nostalgia dell'infinito, dell'eterno, dell'uno e distinto, della trascendenza è nostalgia di qualcosa che si è sperimentato quando eravamo racchiusi nel tuo grembo di padre e di madre.
Rientrare nel tuo utero è è ritrovare le radici, la fonte della gioia, della felicità senza confini, rientrare nel tuo utero è sussultare di gioia ogni volta che la tua grazia si manifesta, la tua parola si incarna e prende vita.
Grazie Signore di questi squarci di luce che ci rimandano a quel sole che mai tramonta anche quando scoppiano le tempeste.

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