Dal libro di Giobbe 1, 2-5; 2,11-20
«Potessi tornare com'ero
ai mesi andati,
ai giorni in cui Dio
vegliava su di me,
quando brillava la sua
lucerna sopra il mio capo
e alla sua luce camminavo
in mezzo alle tenebre;
com'ero nei giorni del mio
rigoglio,
quando Dio proteggeva la
mia tenda,
quando l'Onnipotente stava
ancora con me
Egli infatti ha allentato
il mio arco e mi ha abbattuto,
ed essi di fronte a me
hanno rotto ogni freno.
A destra insorge la
plebaglia,
per far inciampare i miei
piedi
e tracciare contro di me
la strada dello sterminio.
Hanno sconvolto il mio
sentiero,
cospirando per la mia
rovina,
e nessuno si oppone a
loro.
Irrompono come da una
larga breccia,
sbucano in mezzo alle
macerie.
I terrori si sono volti
contro di me;
si è dileguata, come
vento, la mia dignità
e come nube è svanita la
mia felicità.
Ed ora mi consumo,
mi hanno colto giorni
funesti.
Di notte mi sento
trafiggere le ossa
e i dolori che mi rodono
non mi danno riposo.
A gran forza egli mi
afferra per la veste,
mi stringe come il collo
della mia tunica.
Mi ha gettato nel fango:
sono diventato come
polvere e cenere.
Io grido a te, ma tu non
mi rispondi,
insisto, ma tu non mi dai
retta.
3 commenti:
"Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti vedono".
(Gb 42,5).
Un abbraccio cara e un saluto affettuoso. Bacioni :)
Ma GIOBBE quale Dio conosceva?
Il PADRE NEI CIELI o il DIO di questo MONDO ... a SUO SERVIZIO?
Io, Tobi, in quella notte di Pentecoste, dopo aver seppellito il morto, mi lavai, entrai nel mio cortile e mi addormentai sotto il muro del cortile. Per il caldo che c’era tenevo la faccia scoperta, ignorando che sopra di me, nel muro, stavano dei passeri. Caddero sui miei occhi i loro escrementi ancora caldi, che mi produssero macchie bianche, e dovetti andare dai medici per la cura. Più essi però mi applicavano farmaci, più mi si oscuravano gli occhi, a causa delle macchie bianche, finché divenni cieco del tutto.
Per quattro anni rimasi cieco e ne soffrirono tutti i miei fratelli. Achikàr, nei due anni che precedettero la sua partenza per l’Elimàide, provvide al mio sostentamento.
In quel tempo mia moglie Anna lavorava a domicilio, tessendo la lana che rimandava poi ai padroni, ricevendone la paga. Ora nel settimo giorno del mese di Distro, quando tagliò il pezzo che aveva tessuto e lo mandò ai padroni, essi, oltre la mercede completa, le fecero dono di un capretto da mangiare.
Quando il capretto entrò in casa mia, si mise a belare. Chiamai allora mia moglie e le dissi: «Da dove viene questo capretto? Non sarà stato rubato? Restituiscilo ai padroni, poiché non abbiamo nessun diritto di mangiare una cosa rubata». Ella mi disse: «Mi è stato dato in più del salario». Ma io non le credevo e le ripetevo di restituirlo ai padroni e per questo mi vergognavo di lei. Allora per tutta risposta mi disse: «Dove sono le tue elemosine? Dove sono le tue buone opere? Ecco, lo si vede bene da come sei ridotto!».
Ma cos'altro HA DATO sua moglie ai PADRONI per avere quel DONO buono da MANGIARE?
STAI ATTENTA che il GIUDICE è TROPPO ... GIUSTO (staco scrivendo CRUDELE, o meglio SE-VERO) e spesso prende gli ANIMALI come ESEMPI di SUDDITANZA, rispetto ai FIGLI che SONO RI-BELLI.
Non è facile SOPPORTARE il PESO della VERITA' per GIUNGERE in CIELO. Beati COLORO che lo percepiscono e non temono alcuna prova di impedimento.
@Saraysum Grazie Gigliola. A volte me ne dimentico.
@Angelo Bentornato. Ma fatti capire, altrimenti la vita mi si complica
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