lunedì 3 giugno 2013

“Dal profondo a te grido, Signore” (Sal 130)


 
 Dal libro di Giobbe 1, 2-5; 2,11-20
  
«Potessi tornare com'ero ai mesi andati,
ai giorni in cui Dio vegliava su di me,
quando brillava la sua lucerna sopra il mio capo
e alla sua luce camminavo in mezzo alle tenebre;
com'ero nei giorni del mio rigoglio,
quando Dio proteggeva la mia tenda,
quando l'Onnipotente stava ancora con me
Egli infatti ha allentato il mio arco e mi ha abbattuto,
ed essi di fronte a me hanno rotto ogni freno.
A destra insorge la plebaglia,
per far inciampare i miei piedi
e tracciare contro di me la strada dello sterminio.
Hanno sconvolto il mio sentiero,
cospirando per la mia rovina,
e nessuno si oppone a loro.
Irrompono come da una larga breccia,
sbucano in mezzo alle macerie.
I terrori si sono volti contro di me;
si è dileguata, come vento, la mia dignità
e come nube è svanita la mia felicità.
Ed ora mi consumo,
mi hanno colto giorni funesti.
Di notte mi sento trafiggere le ossa
e i dolori che mi rodono non mi danno riposo.
A gran forza egli mi afferra per la veste,
mi stringe come il collo della mia tunica.
Mi ha gettato nel fango:
sono diventato come polvere e cenere.
Io grido a te, ma tu non mi rispondi,
insisto, ma tu non mi dai retta.

3 commenti:

Saray ha detto...

"Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti vedono".
(Gb 42,5).

Un abbraccio cara e un saluto affettuoso. Bacioni :)

ANGELO ha detto...

Ma GIOBBE quale Dio conosceva?
Il PADRE NEI CIELI o il DIO di questo MONDO ... a SUO SERVIZIO?

Io, Tobi, in quella notte di Pentecoste, dopo aver seppellito il morto, mi lavai, entrai nel mio cortile e mi addormentai sotto il muro del cortile. Per il caldo che c’era tenevo la faccia scoperta, ignorando che sopra di me, nel muro, stavano dei passeri. Caddero sui miei occhi i loro escrementi ancora caldi, che mi produssero macchie bianche, e dovetti andare dai medici per la cura. Più essi però mi applicavano farmaci, più mi si oscuravano gli occhi, a causa delle macchie bianche, finché divenni cieco del tutto.
Per quattro anni rimasi cieco e ne soffrirono tutti i miei fratelli. Achikàr, nei due anni che precedettero la sua partenza per l’Elimàide, provvide al mio sostentamento.
In quel tempo mia moglie Anna lavorava a domicilio, tessendo la lana che rimandava poi ai padroni, ricevendone la paga. Ora nel settimo giorno del mese di Distro, quando tagliò il pezzo che aveva tessuto e lo mandò ai padroni, essi, oltre la mercede completa, le fecero dono di un capretto da mangiare.
Quando il capretto entrò in casa mia, si mise a belare. Chiamai allora mia moglie e le dissi: «Da dove viene questo capretto? Non sarà stato rubato? Restituiscilo ai padroni, poiché non abbiamo nessun diritto di mangiare una cosa rubata». Ella mi disse: «Mi è stato dato in più del salario». Ma io non le credevo e le ripetevo di restituirlo ai padroni e per questo mi vergognavo di lei. Allora per tutta risposta mi disse: «Dove sono le tue elemosine? Dove sono le tue buone opere? Ecco, lo si vede bene da come sei ridotto!».

Ma cos'altro HA DATO sua moglie ai PADRONI per avere quel DONO buono da MANGIARE?

STAI ATTENTA che il GIUDICE è TROPPO ... GIUSTO (staco scrivendo CRUDELE, o meglio SE-VERO) e spesso prende gli ANIMALI come ESEMPI di SUDDITANZA, rispetto ai FIGLI che SONO RI-BELLI.

Non è facile SOPPORTARE il PESO della VERITA' per GIUNGERE in CIELO. Beati COLORO che lo percepiscono e non temono alcuna prova di impedimento.

Anto ha detto...

@Saraysum Grazie Gigliola. A volte me ne dimentico.
@Angelo Bentornato. Ma fatti capire, altrimenti la vita mi si complica