martedì 9 marzo 2010

IL MIO ALBERO



9-03-1944/9-03-2010



Ora che il mondo lo vedo girare, perché ho imparato a fermarmi, che i colori li ho stampati nel cuore, quelli dei sentimenti vissuti e accettati, mi chiedo che ne è stato del “gioco dell’oca”, dei dadi che per anni ho continuato a gettare, sperando, una volta arrivata alla meta, di vincere quell’assurda partita portata avanti da sola.
L’infanzia tradita, l’"arrangiati!" portato all’estremo, la malattia a ricordarmi che non bastavo a me stessa, la normalità cercata nello stare seduta, il farmi piacere le cose anche quando le avrei vomitate, il non volersi arrendere all’evidenza di un handicap, insopportabile per chi la vita la viveva correndo, il non voler ammettere che non c’era speranza, perché tutte le cose hanno un termine, dove sono andati a finire?

Quanti anni sono passati da quest’oggi vissuto nell’ascolto della voce che viene da dentro, di quella che mi torna da ciò che mi si pone dinanzi, che si unisce alla sinfonia del creato per portarmi prostrata a pregare per tutte le cose che sono, per quelle che riesco a capire, per quelle che non capisco, perché è dolce l’incontro con Lui quando viene improvviso a spiegarmele.
Con lo sguardo perso nel tempo, affondandovi forte le dita, cerco l’albero da cui sono uscita, per trovarvi scritto nei cerchi ciò che unisce i pezzi della mia storia.
Percorrendo la valle della memoria, lo vedo, nella terra, stendere le sue radici, insinuarsi nei suoi tanti e misteriosi meandri, fondersi con le sue viscere vive.
Lo guardo, mentre sbuca tra i sassi, attraverso le crepe del suolo, mentre cerca di sollevarsi a fatica verso il cielo, per catturarne la luce..

Il mio albero è questa mia vita, che ieri mi appariva contorta, una pianta da sradicare perché, a guardarla un po’ più da vicino, non era bella per niente: la corteccia piena di tagli, di ferite che non si rimarginano, il tronco storto da un lato, mutilato nelle sue braccia, le foglie in parte ingiallite, malate, le migliori cadute ai suoi piedi, quelle che avrebbe voluto riprendersi, se ne fosse stato capace..
Il mio albero voleva vivere libero, senza dar conto a nessuno.
Lo spazio non lo voleva dividere, perché ne aveva bisogno per tenersi stretti quei rami belli e vitali che, pur togliendo forza al suo fusto, era un peccato tagliare.
Ma lo sforzo diventava sempre più grande per sostenere l’inutile peso.

Il mio albero ha imparato a morire, ad amare le sue cicatrici ,quelle che segnano il tempo lungo ,faticoso e sofferto della sua crescita.
Ha imparato ad accogliere tra i suoi rami, divenuti robusti, gli uccelli che al mattino lo svegliano, i piccoli insetti che lo percorrono, attingendo la linfa da lui.
Il mio albero oggi lo guardo e ringrazio quella Croce non a caso incontrata, dove né fiori né foglie abbelliscono il legno, ma Colui che mi ha riportato alla vita.

7 commenti:

anonimo ha detto...

Grazie!

Ogni tanto mi fermo a leggere qui con piacere... Sono belle e mi aiutano le tue riflessioni...

E a quanto mi pare di capire, anche se un po' in ritardo: Buon Compleanno!

-Beatrice-

anonimo ha detto...

auguri anche da parte mia ...
.. e mi sono permesso di prendere "in prestito" l'immagine del tuo post. Grazie
nicodemodinotte

Saraysun ha detto...

Riuscire ad amare e comprendere la propria croce non è facile. Tu hai riconosciuto Dio in ciò che ti è successo e vivi. Che lo Spirito Santo ti aiuti sempre e ti sostenga cara amica. Ti abbraccio :)

anonimo ha detto...

Ci sono persone che hanno croci spirituali molto peggiori di handicap fisici e hanno anche l'aggravante che non essendo visibili agli altri, subiscono anche - forse- più colpi dal mondo ... il problema non è quale tipo di croce straordinaria uno abbia, ma capire che bisogna stare dentro la propria storia, che confrontandosi con quella altrui non si potrà mai fare esperienza nè di Dio nè di sè nè degli altri.Ci vuole un ascolto e uno stare profondi, a volte eroici e poi il silenzio, che custodisce e rafforza tutto.Cinzia

laprimaparola ha detto...

@Beatrice grazie a te che che mi comunichi quanto sia importante condividere gioie e dolori, inadeguatezza e presunzione, fallimenti e vittorie, la nostra vita imperfetta, redenta da Cristo.@Saraysum  Purtroppo non basta solo capire. Che il Signore ci aiuti a vedere sempre più chiaramente la nostra inadeguatezza per svuotarci di noi e riempirci di Lui.@Cinzia Il tuo commento è relativo all'argomento del post o è un giudizio su come gestisco il rapporto con gli altri, con me stessa e con Dio? Chi è senza peccato scagli la prima pietra...ma a viso scoperto. Possibilmente.Grazie

danielafenice ha detto...

Cara Antonietta il tuo albero è pieno di frutti belli e succulenti...E ti mando un abbraccio!                                            

paracchini ha detto...

L'immagine dell'albero mi ha sempre affascinato.Mi ci sono identificato spesso.A volte invece penso a come sono una montagna. Una montagna di cose che non vanno bene, di incongruenze, di peccati, di errori, di sbagli.Però quando mi metto bene in ASCOLTO, come un ALBERO, capisco che anche questo è un Bene, perché permette a Gesù di plasmarmi, di livellare poco per volta la montagna, per far passare la strada. Che spesso non è una strada facile, ma so che diventerà sempre più aperta e luminosa, perché io voglio che la montagna si abbassi fino al mare.Grazie Antonietta anche per il tuo albero sulla tua montagna e di tutti di tutto il mondo.