lunedì 2 aprile 2007

20 Famiglia oggi:riflessioni di coppia

 








Rubrica radiofonica a cura di Gianni e Antonietta



Canto: Cristo è risorto veramente (CD – “Risorto per amore” - 1)



Cari amici, benvenuti all’ascolto di questa trasmissione.

Dagli studi di Radio Speranza vi salutano Gianni e Antonietta.

Finalmente abbiamo potuto ripristinare la sigla che ci è tanto cara, quella che mai come in questo momento di lutto e di cordoglio sembra interpretare i sentimenti di tutti i credenti, che hanno partecipato con la mente e con il cuore alla lenta agonia del Papa che non contraddiceva con ciò che nella Settimana Santa abbiamo celebrato e rivissuto, la passione e la morte di nostro Signore. Poi è venuta la Pasqua, il giorno della Resurrezione e gli ingenui, o quelli che pensano che la fede ti tolga i problemi, che ti esoneri dal dolore dalla malattia, forse hanno pensato che non valeva la pena continuare a pregare e a sperare, tanto tutto resta tale e quale e la gente a morire, i grandi come il Papa e i piccoli e gli sconosciuti, travolti da un terremoto improvviso o da una malattia incurabile.

La morte è l’unica cosa certa che ci riguarda e che riguarda tutti, guarda caso anche Dio, che per insegnarci a morire ha dovuto assumere un corpo in tutto simile al nostro, vale a dire mortale.

Solo chi ha fatto esperienza di morte può cantare l’alleluia della Resurrezione, che bisogna tapparsi la bocca per non gridarlo in tempo di Quaresima o davanti ad una bara. Noi oggi, in un giorno che per molti è giorno di tristezza, vogliamo con forza associarci a tutti quelli che ci hanno parlato di resurrezione e di vita, che ci hanno aiutato a risorgere, per cantare l’alleluia pasquale, l’alleluia che per tutto il resto dell’anno liturgico si canta quando acclamiamo al Vangelo.

Ognuno di noi oggi si sente un po’ orfano per una guida che ci è venuta a mancare, una guida forte e poderosa, guida illuminata dalla luce di Cristo



Ma proprio il Vangelo della seconda domenica di Pasqua ci porta a riconoscere Gesù risorto nei fori delle mani e dei piedi, quando entra nel cenacolo dove gli undici si erano riuniti, spaventati forse per il fatto che la stessa sorte del maestro poteva capitare anche a loro.

Vogliamo ringraziare San Tommaso che ha avuto bisogno di vedere e di toccare per riconoscere il Maestro. “Mio Signore e mio Dio”, l’atto di fede esclamato nella certezza che davanti non c’era un angelo o uno sconosciuto, ma l’uomo crocifisso che portava su di sé i segni inequivocabili del martirio.

Grazie, Tommaso, perché oggi crediamo a ciò che non vediamo, grazie perché la tua testimonianza aiuta tanti increduli a riconoscere in Gesù l’unica strada che porta a Dio.

Siamo partiti dalla sigla, un canto del Rinnovamento nello Spirito dal titolo:” Cristo è risorto veramente” tratto dal CD “ Risorto per amore” e, per potervi comunicare le nostre riflessioni davanti ad un evento che sembra contraddire quanto annunciato.

Quell’alleluia che per tutto il tempo di Quaresima non è lecito pronunciare, per entrare con lo spirito giusto dentro il mistero della morte di Dio, oggi sentiamo che non è fuori posto, sicuri che anche il nostro stanco e malato pontefice, con quanto fiato ha in gola, finalmente senza costrizioni, starà cantando alla presenza di Dio, insieme ai Suoi Angeli e ai Suoi Santi.



Canto: Cristo è risorto veramente (CD – “Risorto per amore” - 1)



Il calvario, la croce non basta una sigla ad annullarli, a dire che non ci sono.

Il terremoto dell’ottavo grado della scala Richter nel giorno di Pasqua in Indonesia non ha prodotto lo stesso slancio di solidarietà che aveva contraddistinto i giorni immediatamente vicini al Natale, quando l’onda assassina travolse uomini e cose..

Allora, ci siamo detti, c’è bisogno di una grande catastrofe per trovare l’unità degli intenti e collaborare a che la giustizia trionfi?. Poi lo Tsunami l’abbiamo dimenticato, e a ricordarcelo c’è stata la cartolina di Dominicus, il seminarista indonesiano che ci aveva mandato gli auguri di Natale per tempo, ma che grazie a Dio, sono arrivati a ridosso di Pasqua, così ci ha rispolverato la mente e ci ha fatto svegliare dal sonno in cui eravamo caduti.

Il fatto è che abbiamo bisogno di grandi emozioni, di forti spinte per muoverci in modo diverso da come siamo soliti fare. Cristo è risorto veramente, alleluia, dice la sigla, nonostante i terremoti e i maremoti, nonostante la malattia e la morte vengono ancora a visitarci. Cristo è veramente risorto lo vogliamo dire in un momento in cui non solo la Chiesa ma tutto il mondo prega e piange per il nostro Pontefice.

Ancora una volta il mondo si è fermato di fronte ad un evento che vede non migliaia di persone vittime di catastrofi improvvise, ma migliaia di persone unite davanti ad un uomo che, giunto al termine della sua vita, si è consegnato al Padre senza rumore, in silenzio.



Il rumore lo abbiamo fatto noi e continuiamo a farlo, perché non abbiamo ancora imparato a stare in silenzio per contemplare l’opera meravigliosa di Dio in un uomo che gli ha detto incondizionatamente di sì. Non è un caso che al papa, grande comunicatore, sia venuta meno la parola, quella che si sente con le orecchie del corpo, perché risplenda in modo indiscusso la Parola per eccellenza, il volto di Cristo in cui si è specchiato e da cui ha tratto forza e vigore.

Abbiamo ancora impresse negli occhi le immagini del nostro Papa affacciato alla finestra, che vuole parlare alla folla che lo applaude, che vuole benedirla, e cerca il microfono con gesti fermi e perentori, e prova a dire ciò che possiamo solo immaginare e che lui non riesce ad esprimere.

Ma il vecchio e stanco pontefice con mossa repentina non si arrende a chi gli toglie ciò che gli avrebbe amplificato la voce, perché la sua benedizione, muta e oserei dire furtiva, è stata più eloquente di mille parole.

Cristo è risorto veramente dal momento che ha reso possibile che le capacità naturali di un uomo, quand’anche fuori dalla norma fossero potenziate a tal punto da renderlo capace di comunicare Dio al mondo anche e soprattutto quando non si è vergognato di mostrare la sua fragilità e il suo limite.

Pontefice è stato, di nome e di fatto, costruttore di ponti, perché fossero messi in comunicazione tutti gli uomini e si sentissero figli di un unico Padre. Se il terremoto di Pasqua in Indonesia non ha prodotto lo stesso effetto del primo, per quanto riguarda il desiderio di mettere in circolo l’amore, il silenzio di Giovanni Paolo secondo, la sua progressiva mancanza di parole ha prodotto il miracolo di vedere che quei ponti che non si è stancato di gettare senza risparmio di energie erano visibili venerdì sera, e nessun terremoto li ha distrutti, quando tutti i credenti si sono uniti per pregare lo stesso Dio, pur se con nomi diversi. Un uomo ha saputo catalizzare su di sé gli sguardi sì che ognuno vi ha visto uno specchio purissimo della luce di Dio dalla quale farsi illuminare e riscaldare.

Siamo sicuri che lui non avrebbe voluto tanto rumore attorno alla sua persona, ma avrebbe desiderato che il rumore, lo si facesse intorno a Chi gli aveva e continuava a dargli la pace e la serenità del grande momento tanto atteso, quello di vedere il Signore faccia a faccia.



Mentre il Papa stava morendo, ho pensato a ciò che aveva seminato, a mio padre che non si perdeva una Messa, la domenica, inchiodato ad una poltrona, con gli occhi fissi al televisore, da cui gli arrivavano messaggi di vita, mio padre che gli ultimi giorni si è cibato solo di Eucarestia, al suo desiderio di andare incontro allo sposo, al suo sguardo sereno, quando si accorse che l’ora era vicina, ho pensato a Paola che ci ha lasciato da poco e che ci ha mostrato come si possa sorridere e dare speranza, anche quando ti schiaccia la croce,

Abbiamo pregato in questi giorni per tutti quelli che soffrono con Cristo e non fanno notizia, ma soprattutto per quelli che soffrono soli, senza che nessuno si fermi a guardarli.. Abbiamo pensato a Dio, che è Padre, e che la preghiera, anche se non è cosa che si tocchi, muove le montagne, perché è energia positiva che mette la dinamite alle montagne, perché al loro posto si costruiscano ponti per mettere in comunicazione la gioia e il dolore la morte e la vita.

Il Venerdì Santo abbiamo riflettuto proprio su questo, quando davanti al tabernacolo vuoto era stata issata la croce.. Infatti, mentre tutti gli sguardi erano fissi al simbolo della nostra fede, unico arredo dell’altare spogliato delle bianche tovaglie, dei fiori e delle candele, il nostro sguardo è stato attirato da ciò che dietro di noi il Signore ci aveva lasciato. Erano le bianche Ostie raccolte nella teca di cristallo trasparente che il Sacerdote aveva deposto il giovedì Santo nell’altare della Reposizione. No, non potevamo farci travolgere da un sentimento che qualche anno prima mi vide cercare invano il Signore che sembrava morto per sempre.

Il silenzio di Dio mi atterriva e avida scrutai le scritture per sapere dove era andato a finire.

Poi insieme con Gianni gioimmo, quando ascoltammo la catechesi di padre Raniero Cantalamessa che ricordò come la Chiesa orientale rappresenti Gesù risorto,. mentre scende negli Inferi per liberare i prigionieri.

Ancora una volta Dio scende, un Dio che salva scendendo fino a toccare l’infinita distanza dal Padre.

Fu una cosa stupenda scoprire che Gesù continuava ad operare anche quando la chiesa tace in attesa che Lui risorga e che nessun momento della sua vita lo vide dormire, anche quando, così parve ai discepoli, in occasione della tempesta. Gesù andò negli Inferi, che etimologicamente significa la parte più bassa, la più lontana, l’ultima, per annunziare la buona novella a tutti quelli che non lo conobbero ma che ebbero fede.



Canto: Cristo è risorto veramente (CD – “Risorto per amore” - 1)



Quella catechesi appagò la nostra mente, ma, solo dopo aver fatto esperienza di Dio nell’Eucarestia, abbiamo potuto godere di quanta dolcezza trasmettevano le sacre particole, ben in vista, illuminate dalle luci dei riflettori e sollevate da terra per offrirsi alla nostra adorazione!

I fiori, di cui era cosparso il pavimento, coperto da drappi bianchi e tappeti, diversi nelle forme, incantavano per la delicatezza o l’audacia dei colori e dei profumi.

Abbiamo pensato, mentre i canti mesti accompagnavano l’adorazione della croce, che non potevamo essere triste, perché Gesù era lì vicino a noi e risplendeva in tutta la sua potenza in quella modesta teca di cristallo, vulnerabile nella sua inaccessibilità, perché chiunque avrebbe potuto profanarlo, era in quel dono che ci aveva lasciato prima di andarsene, perché non ci sentissimo più soli

No, non potevo essere triste, come quando bambini andavamo a far visita ai sepolcri, rigorosamente tre o in numero dispari, perché lì c’era Gesù vivo e vero, lì c’era la fonte della nostra speranza, il fondamento della nostra fede, la certezza che il ricordo di ciò che è avvenuto 2000 anni fa non deve farci dimenticare che noi non adoriamo un morto ma un vivo, che il nostro Dio non dobbiamo cercarlo in un sepolcro, ma nell’Eucarestia, in Chi ci si fa compagno per spezzare il pane con noi.

I fiori, bellissimi, stupendi, necessari, imprescindibili per fare corona a Gesù parlavano della potenza creatrice di chi non aveva smesso di dare la vita, di essere vita per tutto il creato.

I fiori, la strada maestra per entrare nel mistero della creazione, nel mistero dell’amore di Dio.



I fiori, quando il tempo per fermarmi a guardarli, non io ma Dio me lo mise davanti, mi hanno parlato di amore, quando recisi si donano per fare gli auguri, quando adornano l’altare o una tomba, quando fanno festa intorno alla vita che nasce o accompagnano quella che muore.

I fiori sono quelli che Gesù ci invita ad osservare, quando ci preoccupiamo di che ci vestiremo, perché non seminano e non mietono, eppure sono i meglio vestiti.

Quando il rigido inverno rende dure e compatte le zolle, il contadino non teme per il seme in esso gettato, anche se non lo vede, sa che nel grembo della natura quel seme deve marcire e morire per spuntare quando il freddo si fa meno pungente e il sole di primavera torna a scaldare e illuminare la terra.

I fiori sono il simbolo della bellezza e della grazia, e quando si pensa ad un giardino non si può fare a meno di immaginarlo pieno di fiori. Non è un caso che Dio abbia messo Adamo ed Eva in un giardino e in un giardino sia stato sepolto, nello stesso giardino dove Maria di Magdala, una donna, si è sentita chiamare per nome dal Maestro,dallo Sposo.

Dio non consente che abiti la tristezza, il lutto e la morte nel nostro cuore, quando lo lasciamo trasformare da Lui in un giardino, spettatore della morte, testimone della resurrezione.

I fiori, ci viene da pensare, sono stati testimoni muti della promessa che si adempiva, i fiori hanno adornato il primo tabernacolo, destinato a celebrare la gloria di Dio, non a commemorare la Sua sconfitta..

Quel giardino era nella chiesa il Venerdì santo attorno a Gesù Eucarestia, non a caso davanti ad un tabernacolo vuoto.

Incredibilmente quel giorno Gesù in quell’angolo di chiesa addobbato come un giardino, ci ha fatto rivivere la commozione e la gioia di essere chiamati per nome e di averlo riconosciuto,nell’Eucarestia, nelle sembianze del pane di vita, nel viatico a cui ha affidato la sua presenza nel mondo.

Venerdì Santo il pensiero della morte è stato quindi soppiantato da quello della vita e questo ci ha dato una grande gioia, la gioia che oggi vogliamo comunicare a tutti quelli che non riescono a guardare oltre.

La certezza che Dio continua a donarsi al mondo attraverso tutti i suoi ministri di amore ci dà la forza e il coraggio di seguire l’esempio di chi ci ha preceduto, e di divulgare nel mondo la Parola che salva.

La parola e l’amore sono doni divini e se uno non smette di amare, non ha bisogno di parole per farsi capire. Così è capitato a Gesù che dalla croce ha mandato e continua a mandare tanti più messaggi di quelli che ci ha dato in vita, così al nostro Papa, il cui silenzio è stato eloquente, più di mille parole.



La civiltà dell’amore è quella che Cristo è venuto a predicare e ad inaugurare per l’uomo che ha dimenticato come si ama. Il nostro Papa, illuminato dallo Spirito, ha indicato nella famiglia l’ambiente idoneo perché egli cresca si sviluppi nel migliore dei modi.

Alla famiglia ha dedicato tanti scritti e noi vogliamo rendergli omaggio rileggendo con voi l’esortazione con cui conclude la Familiaris consortio,documento cardine del suo pontificato.

L'avvenire dell'umanità passa attraverso la famiglia!

E', dunque, indispensabile ed urgente che ogni uomo di buona volontà si impegni a salvare ed a promuovere i valori e le esigenze della famiglia.

Un particolare sforzo a questo riguardo sento di dover chiedere ai figli della Chiesa. Essi, che nella fede conoscono pienamente il meraviglioso disegno di Dio, hanno una ragione in più per prendersi a cuore la realtà della famiglia in questo nostro tempo di prova e di grazia.

Essi devono amare in modo particolare la famiglia. E' questa una consegna concreta ed esigente.

Amare la famiglia significa saperne stimare i valori e le possibilità, promuovendoli sempre. Amare la famiglia significa individuare i pericoli ed i mali che la minacciano, per poterli superare. Amare la famiglia significa adoperarsi per crearle un ambiente che favorisca il suo sviluppo. E, ancora, è forma eminente di amore ridare alla famiglia cristiana di oggi, spesso tentata dallo sconforto e angosciata per le accresciute difficoltà, ragioni di fiducia in se stessa, nelle proprie ricchezze di natura e di grazia, nella missione che Dio le ha affidato. «Bisogna che le famiglie del nostro tempo riprendano quota! Bisogna che seguano Cristo!» Spetta altresì ai cristiani il compito di annunciare con gioia e convinzione la «buona novella» sulla famiglia, la quale ha un assoluto bisogno di ascoltare sempre di nuovo e di comprendere sempre più a fondo le parole autentiche che le rivelano la sua identità, le sue risorse interiori, l'importanza della sua missione nella Città degli uomini e in quella di Dio.

La Chiesa conosce la via sulla quale la famiglia può giungere al cuore della sua verità profonda. Questa via, che la Chiesa ha imparato alla scuola di Cristo e a quella della storia, interpretata nella luce dello Spirito, essa non la impone, ma sente in sé l'insopprimibile esigenza di proporla a tutti senza timore, anzi con grande fiducia e speranza, pur sapendo che la «buona novella» conosce il linguaggio della Croce.

Ma è attraverso la Croce che la famiglia può giungere alla pienezza del suo essere e alla perfezione del suo amore.”






Canto: Cristo è risorto veramente (CD – “Risorto per amore” 1)



4 aprile 2005 






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