lunedì 4 settembre 2006

2 Famiglia oggi:riflessioni di coppia


Rubrica radiofonica a cura di Gianni e Antonietta 



Canto: Cristo è risorto veramente (CD – “Risorto per amore” 1)


Benvenuti all’ascolto di Famiglia oggi, cari amici. Vi salutano, dagli studi di Radio Speranza, Gianni e Antonietta.

Eccoci qui, cari ascoltatori, spettatori muti di quanto andremo a dire o a fare. L’impresa non è facile, come già vi abbiamo detto la scorsa volta, perché, guardando in faccia l’interlocutore si entra in una relazione più vera che permette di non disattendere a quelle che sono le aspettative e i bisogni dell’altro.

Ecco vogliamo partire dal guardarsi negli occhi, dal mettersi di fronte, per capirsi e per instaurare una comunicazione più profonda.

Nella società in cui viviamo siamo tutti protesi a guardare chi non ci guarda o a parlare con chi ha lo sguardo rivolto altrove.

Basta pensare ai tanti spettacoli televisivi o alle comunicazioni mediatiche, via fax, via internet, via cellulare eccetera. È incredibile come in una società così tanto all’avanguardia, per quanto riguarda la comunicazione, capace di arrivare fino ai paesi più sperduti della terra e adesso anche del cielo, almeno nelle intenzioni e nello sforzo della ricerca scientifica, poi ci si sia dimenticati dell’essenziale: che un rapporto vitale si instaura non solo con la mente o con la bocca o con una parte di sé, ma con tutto il corpo.

Gli occhi sono la finestra alla quale affacciarsi per entrare nel mondo e nella storia dell’altro.

Saper guardare è saper amare.

Paradossalmente quando ci si sposa non ci si mette l’uno di fronte all’altro, nel momento che ci si impegna ad amarsi e ad onorarsi tutti i giorni della propria vita.

Non ci si guarda negli occhi quel giorno, né quando andiamo insieme a piedi o in macchina, né la sera quando ci sediamo in poltrona davanti al televisore o quando, distesi a letto, ci raccontiamo l’uno all’altro, abitudine che cade in disuso, man mano che si allontana il giorno del sì.

Si procede affiancati, e ci si dimentica di quello spazio sacro che è rappresentato dalla distanza dei nostri occhi, quello che da fidanzati provvedevamo a mantenere vivo e a coltivare negli incontri desiderati e rubati alle attività e ai doveri dello studio, del lavoro o della famiglia di appartenenza.

Eppure, se ci pensiamo, solo l’uomo, unico tra tutti gli animali, ha bisogno, per accoppiarsi, di mettersi di fronte all’altro.

Se il Signore ha per gli uomini pensato una modalità diversa da quella degli animali per accoppiarsi non è un caso, perché dalla coppia voleva qualcosa di più.


Della creazione dell’uomo e della donna la Genesi dà due versioni differenti che si integrano a vicenda.

Ci vogliamo fermare sulla prima (Gn 1 26-31)

Dio disse: " Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra"

Dio creò l’uomo a sua immagine;

a immagine di Dio lo creò.

Dio li benedisse e disse loro:

"Siate fecondi e moltiplicatevi,

riempite la terra;

soggiogatela e dominate

sui pesci del mare

e sugli uccelli del cielo

e su ogni essere vivente

che striscia sulla terra"

Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona.


Alla coppia, la cosa molto buona, ultima in ordine di tempo ad essere creata, Dio ha affidato il compito di continuare la sua opera creatrice, attraverso un mettersi di fronte, guardarsi, specchiarsi, perdersi nell’altro, rispondendo ai suoi più segreti bisogni, nell’accettare le sue inadeguatezze, nell’accogliere con gratitudine la sua diversità come ricchezza e occasione di crescita comune.

Il primo parto a cui Dio chiama la coppia è l’altro, colui che viene portato alla vita attraverso l’amore, perché l’uomo e la donna insieme siano datori di vita per i figli e per tutti quelli a cui sono mandati.

Io e Gianni solo da poco abbiamo capito quanto sia importante tutto questo e abbiamo cominciato con la cosa più semplice, cambiando il posto a tavola, che ci aveva visto per tanti anni l’uno a fianco all’altro davanti al televisore, che, all’ora dei pasti, ci informava su tutte le cose brutte che accadono nel mondo, facendoci dimenticare tutte le cose belle che potevamo dirci, per crescere e fortificarci nel cammino comune, per rinsaldare l’alleanza a cui ci eravamo impegnati il giorno del matrimonio.

Ma questo è il passo più recente, non l’ultimo, di quel cammino incominciato 33 anni fa nella più completa nebbia.

Quando ci siamo sposati, infatti, non ci siamo posti troppe domande, anzi nessuna, presi dall’entusiasmo di coronare un sogno per cinque anni accarezzato.

Sposarsi in chiesa era naturale a quei tempi come respirare e ci saremmo sentiti sicuramente tagliati fuori se avessimo scelto un’altra strada.

Di una cosa comunque eravamo certi: il matrimonio è indissolubile, perché la promessa l’avevamo fatta davanti a Dio e davanti agli uomini e, se con gli uomini a volte si può trovare qualche compromesso, con Dio proprio non ce la sentivamo di scherzare, perché avevamo timore di Lui.

Il Dio, di cui ci avevano parlato, era un Dio severo, che non perdona e che ci mette poco per mandarti all’inferno alla prima scappatella.

Eravamo pieni di buoni propositi, di figli ne volevamo tanti, sì che il problema del controllo delle nascite sembrò riguardare gli altri, non noi.

La società non si era ancora laicizzata, il nuovo Concordato era di là da venire e il Diritto di famiglia, che entrò in vigore quattro anni dopo, riconoscendo ai coniugi, almeno sulla carta, pari diritti e pari doveri, aggiunse anche quello di potersi avvalere della divisione dei beni, cosa che ci affrettammo subito a fare.

A distanza di tempo spesso abbiamo ripensato a quella che ritenevamo una conquista per entrambi, ma che oggi ci appare la più grande stortura di una legge umana, che, di fatto, nega ciò che il matrimonio va a celebrare: l’unione, il patto, l’alleanza che si instaura tra l’uomo e la donna il giorno che si dicono sì per tutta la vita, basata sulla condivisione di tutto ciò che hanno per affrontare con minor sforzo la fatica del viaggio.

Il divorzio e l’aborto, conquiste della cosiddetta società civile, ci videro spettatori impotenti di fronte all’inizio della catastrofe.

Occupati a coltivare il nostro piccolo orto, cercavamo di tenerlo pulito dall’infestazione dell’erba cattiva, ma non usavamo la stessa zappa, né condividevamo la fatica del dissodare il terreno, né la gioia di cogliere i frutti del nostro lavoro.


Ad un anno dal matrimonio la malattia di Antonietta ci ha colto impreparati e ci ha chiamati a provvedere senza avere gli strumenti indispensabili per uscirne indenni.

Malattia che si è prolungata negli anni e che, lungi dall’essersi risolta, ha occupato lo spazio dei nostri pensieri, sì che io cercavo di evadere fumando pacchetti di sigarette, guardando la televisione fino a notte fonda e immergendomi fino a scoppiare nel mio lavoro, Antonietta, invece, pensando al da farsi, a come poteva guarire, affidando a medici e medicine il compito di risolvere i suoi problemi.

Il figlio che era nato dalla nostra unione ci ha consolato e tenuto uniti fino a quando non ha cominciato a diventare grande e a porsi delle domande a cui non sapevamo dare risposte credibili.

Due io che non riuscivano a diventare un noi, nonostante all’apparenza non c’era cosa che non facessimo insieme.

Ma la fatica di andare da soli, quel procedere sotto il peso di problemi sempre più grandi che ci erano piombati addosso alla lunga ci ha sfibrato tanto che in noi sempre più si radicava il tarlo di un’insofferenza l’uno dell’altra, non più gestibile.

Che senso aveva rimanere insieme, quando la casa era diventata un pensionato e i silenzi duravano mesi?


Le motivazioni che ci avevano portato a sposarci, erano venute meno, perché lo stare insieme non era più fonte di gioia ma solo fonte di tensioni, rancori, aspettative sempre più disattese.

La sospirata felicità diventava sempre più un’illusione coltivata per troppo tempo invano.

Ma cosa mancava, cosa non aveva funzionato perché le aspettative andassero deluse? Ci eravamo forse sbagliati, quando pensavamo di amarci? E la felicità che pensavamo di raggiungere era solo un’illusione?

Solo qualche giorno fa mi è venuto il desiderio di cercare l’etimologia di questa parola, ma non ho avuto bisogno di strumenti eccezionali, mi è bastato un semplice vocabolario che recita così: felicità: essere felici, essere fecondi portare frutto. Essere appagati.

Ma dovevamo imbatterci in un altro matrimonio per svegliarci dal sonno.



Canto: "Luce del mondo"



Nel 2001  nostro figlio decide di sposarsi, dopo 11 anni di fidanzamento e noi ne siamo felici, per lui, perché almeno avrebbe trovato nella sua nuova casa il calore che non riuscivamo più a trasmettergli.

Quando ci portò il libretto che aveva preparato per la cerimonia, non prestammo attenzione a ciò che era scritto sulla prima pagina, ma fummo attratti, incuriositi incantati dall’omelia dei due sacerdoti chiamati a celebrare le nozze proprio su quella pagina che non pensavamo avesse grande valore.


La lettera di Dio agli sposi, il dono, fu l’occasione che il Signore ci mise davanti per cominciare a ripercorrere la nostra storia alla luce di Chi l’aveva pensata e scritta per noi, prima che noi nascessimo.

II "DONO DELLE NOZZE" DI DIO

Vi presentate a Lui in abito da sposi. Vi sedete e lo ascoltate.

Allo sposo dice:

La donna che hai al fianco, emozionata con l'abito da sposa, è mia. lo l'ho creata.

lo le ho voluto bene da sempre; ancor prima di te e anche ancor più di te.

Per lei non ho esitato a dare la mia vita. Te la affido.

La prenderai dalle mie mani e ne diventerai responsabile.

Quando l'hai incontrata l'hai trovata bella e te ne sei innamorato.

Sono le mie mani che hanno plasmato la sua bellezza, è il mio cuore che ha messo dentro di lei la tenerezza e l'amore, è la mia sapienza che ha formato la sua sensibilità e la sua intelligenza e tutte te qualità che hai trovato in lei.

Però non potrai limitarti a godere del suo fascino. Dovrai impegnarti a rispondere ai suoi bisogni, ai suoi desideri.

Ha bisogno di tante cose: ha bisogno di casa, di vestito, di serenità, di gioia, di equilibrio psichico, di rapporti umani, di affetto e tenerezza, di piacere e di divertimento, di presenza umana e di dialogo, di relazioni sociali e familiari, di soddisfazioni nel lavoro e di tante altre cose.

Ma dovrai renderti conto che ha bisogno soprattutto di Me, e di tutto quello che aiuta e favorisce questo incontro con Me: la pace del cuore, la purezza di spirito, la preghiera, la Parola, il perdono, la speranza e la fiducia in Me, la Mia vita.

Sono io e non tu il principio, il fine, il destino di tutta la sua vita!

La ameremo insieme.

lo la amo da sempre. Tu hai incominciato ad amarla da qualche anno, da quando te ne sei innamorato.

Sono lo che ho messo nel tuo cuore l'amore per lei.

Era il modo più bello per dirti: Ecco, te la affido, e perché tu potessi godere della sua bellezza e delle sue qualità.

Quando le dirai: Prometto di esserti fedele, di amarti e di rispettarti per tutta la vita, sarà come se mi rispondessi che sei lieto di accoglierla nella tua vita e di prenderti cura di lei.

Da quel momento saremo in due ad amarla. Anzi ti renderò capace di amarla "da Dio", regalandoti un supplemento di amore che trasforma il tuo cuore di creatura e lo rende capace di produrre le opere di Dio nella donna che ami.

E' il mio dono di nozze: quello che si chiama la grazia del sacramento del matrimonio.

Non ti lascerò mai solo in questa impresa. Sarò sempre con te e farò di te lo strumento del mio amore, della mia tenerezza; continuerò ad amare la mia creatura, che è diventata tua sposa, attraverso i tuoi gesti di amore.

Lo stesso discorso Dio lo fa alla donna!


L’incontro con il dono ci interpella e ci chiama a rispondere. Da quando sono entrate nell’uso le liste di nozze, si esonerano parenti e amici dal pensare al regalo e gli sposi dalla delusione di vedersi recapitare ciò che non desiderano.

Tutti preoccupati della festa non si pensa a mettere in lista la cosa più importante, anzi non invitiamo neanche al pranzo di nozze Chi, comunque, il regalo ce lo fa ugualmente, anche se non lo ringraziamo. Stiamo parlando di Dio che non se la prende e sa aspettare che ci ricordiamo di lui.

Gli dei antichi si comportavano in diversa maniera.

Eris, la dea della discordia, non invitata alle nozze di Peleo e Tetide, i genitori di Achille, si vendicò scatenando una serie di eventi che portò alla distruzione di Troia.

Paride fu lo strumento usato nel desiderio di possedere una donna non sua, Elena.

Il Dio della Bibbia, quello che, invece, noi adoriamo, parla tutt’altro linguaggio e va contro gli schemi che imponeva e ancora impone la società.Occhio per occhio dente per dente è la legge che lui è venuto a sostituire con quella consolante di un amore che non si tira indietro neanche di fronte alle defezioni più vistose.


Vogliamo concludere pregando con il Salmo 8

O Signore, nostro Dio,

quanto è grande il tuo nome su tutta la terra!

Sopra i cieli s’innalza la tua magnificenza.

Con la bocca dei bimbi e dei lattanti

Affermi la tua potenza contro i tuoi avversari,

per ridurre al silenzio nemici e ribelli.

Se guardo il cielo

Opera delle tue dita,

la luna e le stelle che tu hai fissate,

che cos’è l’uomo perché te ne ricordi,

il figlio dell’uomo perché te ne curi?

Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli,

di gloria e di onore lo hai coronato:

gli hai dato potere

sulle opere delle tue mani,

tutto hai posto sotto i suoi piedi;

tutti i greggi e gli armenti,

tutte le bestie della campagna;

gli uccelli del cielo e i pesci del mare,

che percorrono le vie del mare.

O Signore, nostro Dio,

quanto è grande il tuo nome su tutta la terra!


Con l’augurio che la gratitudine ci apra il cuore alla speranza che Dio mantiene sempre le sue promesse, vi salutano Gianni e Antonietta.



Canto: Cristo è risorto veramente (CD – “Risorto per amore” 1)



15 novembre 2004

Nessun commento: