Rubrica
radiofonica a cura di Gianni e Antonietta
Canto:
Dio ha tanto amato il mondo (CD – "Risorto per amore" 10)
Cari
amici all’ascolto di Radio Speranza un caldo e affettuoso saluto da
Gianni e Antonietta.
Siamo
in Quaresima, il tempo del digiuno e della conversione, il tempo del
deserto per incontrare il Signore. Abbiamo pensato che la sigla della
trasmissione dovevamo cambiarla e, se pur a malincuore, l’abbiamo
fatto, perché è opportuno che non dimentichiamo qual è stato il
prezzo pagato per il nostro riscatto, che la tentazione non ci venga
di dare per scontato che tutto si aggiusta e che noi possiamo
continuare a vivere come abbiamo sempre fatto, tanto Cristo è
risorto e non dobbiamo temere più nulla.
La
Quaresima ci chiama a ripercorrere con Gesù le tappe che lo hanno
portato a non cedere allo smarrimento, alla tentazione di anteporre
beni immediati al bene duraturo e sommo, per tutta l’umanità, a
perseverare nell’amore come scelta di vita, spesa non per sé ma
per tutti quelli a cui il Padre l’aveva mandato. Il sacrificio di
Cristo è finalizzato a che la famiglia di Dio diventi famiglia
dell’uomo e che tutti insieme possiamo gridare "Abbà, Padre"
il nome più dolce e più intimo, con il quale i figli possono
chiamare Chi ha dato loro la vita.
Essere
testimoni del suo amore è il compito di ogni credente, che ha
sperimentato la resurrezione e la vita, quella vita che ogni anno in
primavera, nel tempo di Pasqua, cova nascosta nel grembo della natura
e che porta frutto solo se con pazienza, con vigilanza, con operosità
viene accompagnata alla piena maturazione dalla preghiera e
dall’amore gratuitamente donato ad ogni fratello, proprio come ha
fatto Gesù.
L’esempio
della ruota di S. Antonio Abate ci ha aiutato a capire come le due
cose siano strettamente connesse. I raggi, come gli uomini, man mano
che si avvicinano al centro, cioè a Dio, riducono la distanza che li
divide. Gesù è venuto a dare unità al mondo disgregato e diviso
dal male, è venuto a portarci la buona novella dell’amore che
salva, nella famiglia, nella Chiesa, nel mondo.
Questa
settimana abbiamo fatto esperienza di cosa significhi essere
famiglia, in quella nostra d’origine, quando siamo andati a far
compagnia a mia madre che ci aspettava per condividere con noi il
pasto che con le sue mani tremanti, ci ha voluto preparare per forza,
in quella che abbiamo formato, quando stanchi alla sera, dopo un
giorno vissuto di corsa, ci siamo guardati negli occhi e senza
parlare ci siamo capiti e accolti, quando Giovanni ha fatto irruzione
nel silenzio della nostra casa stanca di parole e ci ha chiesto se
poteva dormire nel nostro lettone, per consentire al papà di
mantenere la promessa, fatta alla mamma a novembre, il giorno del suo
compleanno, di portarla al cinema.
Ci
siamo sentiti famiglia, quando la comunità parrocchiale, insieme ai
figli e ai nipoti, si è stretta intorno a Miranda e Romano, per il
loro 50° anniversario di matrimonio, grati al Signore perché ci ha
mostrato che con il Suo aiuto è possibile essere fedeli, amarsi e
onorarsi tutti i giorni della vita.
Ci
siamo sentiti famiglia, quando abbiamo preparato il più grande e
pantagruelico banchetto di carnevale che mai Chiesa abbia accolto,
dolci e leccornie di ogni genere, frutto della solidarietà di tanti
fratelli che hanno messo a servizio tempo, fatica, e denaro per
finanziare un sogno, quello di far volare a Colonia quanti più
giovani della nostra parrocchia, a qualunque gruppo appartengano, per
rispondere al richiamo del Papa, che in loro ripone la grande
speranza di un’umanità rinnovata.. Insieme ai giovani abbiamo
sognato, con loro ci siamo lasciati portare dall’entusiasmo, per
prendere coraggio e credere che non era fatica vana distribuire
foglietti con su scritta la parola di Dio: "Non voi avete scelto
me ma io voi" (Gv 15,16) e invitare i compagni di banco della
domenica a fermarsi e a prendere in considerazione che potevàmo
vederci di nuovo e che il martedì e il venerdì c’è una splendida
occasione per sentirsi famiglia nel gruppo Sacra Famiglia e insieme
lodare e ringraziare il Signore.
Quando
ce l’hanno detto che dovevamo parlare a degli sconosciuti ci è
sembrata una pazzia, e abbiamo pensato ai testimoni di Geova che
dovevano averne di coraggio, per fare sempre quello che noi con
difficoltà eravamo chiamati a fare per la prima volta, a due a due,
nella nostra parrocchia." Mentre uno parla, l’altro preghi",
questo era il mandato.
Ci
siamo guardati e abbiamo letto, dipinta sui volti, la stessa domanda.
Di questo piccolo sparuto esercito di gente mal equipaggiata, giovani
e vecchi, sani pochi, malati molti, cosa avrebbe potuto farne il
Signore? Con quali parole avremmo potuto fermare la gente che, finita
la Messa ha solo fretta di uscire per tornare alle quotidiane
faccende, agli impegni abituali? Abbiamo pensato che il compito più
difficile l’aveva il Padreterno, che non si scoraggia e meno male
che è onnipotente.
Abbiamo
ricordato, per farci coraggio, cosa aveva escogitato per noi, per
prenderci all’amo, il Signore. Annamaria e Graziellina, nell’ambito
della missione diocesana del 2000, quando bussarono alla nostra
porta, erano consapevoli che da sole non avrebbero convertito
nessuno, anche perchè naturalmente sono timide e di aspetto minuto.
Ma se io sono qui, e se Antonietta è qui, è proprio per quel loro
sì detto al Signore, affidando a Lui l’esito dell’impresa.
Canto:
Come tu mi vuoi (CD – "Io scelgo te"2)
Ricordo
quando mi suonarono difficili e dure le parole del Vangelo quando
parla di " servi inutili", ma come riuscii a capirle e a
farle mie ripensando ad una pezza di fodera.
Pescara
26 novembre 2001
Quando
eravamo bambini, all’ora di pranzo ci mettevamo sulla strada, fuori
al cancello per vedere il carretto dei nonni che tornavano dal
mercato, dove erano andati a vendere la stoffa.
Ricordo
le pezze lunghe e pesanti dei tessuti invernali, quelle corte e
leggere delle fodere e dei tessuti di seta.
Noi
bambini eravamo sempre eccitati quando dall’angolo spuntava il
grande carretto, spinto a fatica dai grandi, che sotto ogni tempo
così si guadagnavano la vita.
Ricordo
l’ansia e la gioia di poter, una volta che era entrato in giardino,
correre per prendere in braccio una o più pezze di stoffa, così da
renderci utili e da accorciare il tempo dell’attesa del pranzo.
Gli
adulti ci lasciavano fare, sorridenti ci davano ciò che ognuno
poteva portare a seconda dell’età, ma con apprensione ci seguivano
con gli occhi, quando ci affidavano ciò che spesso finiva per terra
sporcandosi.
Così
tutti noi piccoli, per quello che sapevamo e potevamo fare, i grandi
per quello che dovevano per forza fare, contribuivamo a che la stoffa
fosse rimessa in ordine negli scaffali della sala, dove poi si
apparecchiava per mangiare insieme il frutto del lavoro di tutti.
Noi
bimbi ci illudevamo che fosse così e i grandi ce lo facevano
credere, ma quante volte hanno pensato che avrebbero fatto volentieri
a meno della nostra collaborazione, perché continuavamo a combinare
disastri.
Così
è il Signore che ci chiama a servirlo senza che noi sappiamo far
nulla, ma lo fa per farci partecipare con più gioia e soddisfazione
al grande banchetto che ci ha preparato.
E’
importante, in questo tempo che ci dona di vivere, che sappiamo
aspettare con pazienza al cancello, che siamo disponibili a prestare
le nostre deboli braccia per portare i vari fardelli.
Non
c’è dubbio che Lui ne dosi il peso secondo la statura, la
robustezza e l’età di ognuno, proprio come facevano mio padre e
mio nonno.
Voglio
ringraziare il Signore perché, attraverso questa parabola, mi ha
parlato del servizio, dell’importanza che assume nell’ambito del
suo progetto, ma specialmente dell’inutilità di quanto ognuno di
noi fa, ma che comunque serve per farci crescere e gustare con più
consapevolezza e gioia ciò che ci ha preparato, ciò che era già
pronto senza che noi lo guadagnassimo.
Ringrazio
il Signore di quella pezza di fodera che da bimba ho portato, che mi
ha fatto capire quanto sono poco importante, ma quanto valgo per Lui.
Voglio
benedirlo perché mi ha ricordato che solo i bambini ci possono
aprire il senso delle parabole.
Ridiventare
bambini è la strada maestra per entrare nel regno dei cieli che,
ogni volta che ci riusciamo, si trasferisce su questa terra e
trasforma la nostra storia di schiavi, di servi inutili in storia di
figli, a tutti gli effetti eredi di quel patrimonio di grazia che
proviene solo da Lui.
Spesso
ci siamo trovati già scritte le cose che non sapevamo come dire, e
ci siamo stupiti di come ci abbiamo messo così tanto tempo ad
accorgerci che il più bel libro scritto da Dio è la Bibbia, in cui
il Nuovo Testamento dà luce e senso al Vecchio, che la nostra storia
prende colore e acquista un senso, solo se letta alla luce di Cristo,
il Verbo di Dio, la Parola incarnata, che ci insegna come si vince
l’aridità e il deserto dell’anima.
La
convinzione che non avevamo nulla di nostro da portare ci ha spinto
ad alzarci presto, e a cercare nel raccoglimento della nostra Chiesa,
prima della Messa, quella luce che non riuscivamo a vedere.
L’esperienza
del profeta Elia, che sull’Oreb aveva teso le orecchie per sentire
passare il Signore, ci hanno spinto a tacere su tutte le parole si
affollavano nella nostra mente, perché avvertissimo le sue modulate
sul mormorio del vento leggero.
Bisognava
che facessimo silenzio per sentire, per vedere la Parola che salva,
che non delude, che non cerca approvazione, né applausi, che mette
in relazione l’uomo con Dio, comunicandogli il suo amore, perché
non rimanga senza parole, quando agli altri lo deve annunciare.
Era
in quell’ostia bianca e immacolata che il sacerdote ha consacrato
sopra l’altare, la fresca sorgente che ha cominciato ad alimentare
il nostro serbatoio inquinato e a corto di acqua limpida e fresca.
Canto:
Pane di vita (CD – "Il tuo amore è grande" 6)
"Quando
non avete nulla da portare è allora che portate Gesù nella sua
interezza", sono le parole che sono arrivate, portate dal soffio
del vento leggero.
"Date
voi stessi da mangiare".
Sembra
un paradosso, che Gesù chieda agli apostoli di collaborare a che
tutti siano sfamati. Ma che Dio è questo che non riesce a fare le
cose da solo e ha sempre bisogno di qualcuno che gli dia una mano,
gli dica di sì per portare a compimento il suo disegno di salvezza
per tutti quelli a cui l’ ha destinata?
Un
Dio che ha chiesto la collaborazione di una donna per incarnarsi, e
continua a chiederla ad ogni uomo per entrare nella sua storia e
trasformarla in dono a tutti quelli che ne sono toccati..
Un
dono, quello di Dio che si trasforma in una miriade di doni, quando
si entra nella logica del dare se stessi, perché altri siano capaci
di dare, di perdonare, di amare.
L’uomo
ha bisogno di chi si fermi anche un attimo ad ascoltarlo, a chiedersi
il perchè di un mesto sorriso o di una ruga che, più profonda,
attraversa il suo viso.
Egli
è sempre più solo e sempre più inascoltato rimane il suo grido,
ovattato dalle pareti di una casa deserta di affetti o di un
ospedale, dove rari samaritani s’incontrano, per lenire il suo
pianto e curare le sue ferite.
L’idea
di amore, che la nostra società ci trasmette attraverso i mass
media, contrasta vistosamente con quella predicata dal Vangelo.
Solo
in chiesa o in luoghi a lei vicini sentiamo parlare di un sentimento
che diventa una scelta di vita, quella che porta a donarsi tutto
all’altro, collegandolo a ciò che ogni uomo è destinato ad
essere: dono da parte di Dio a tutta l’umanità.
Abbiamo
ringraziato il Signore per quel piccolo pezzo di pane con il quale si
è comunicato a noi, durante la Messa, per quello esposto nella teca
dorata e lucente che don Gino, con caparbietà, continua ad esporre
ogni mattina perché nessuno rimanga a secco, l’abbiamo ringraziato
per tutti i fratelli in cui lo incontriamo, l’abbiamo ringraziato
per Paola, che ci ha lasciato, e abbiamo ricordato la preghiera che
Antonietta, lo scorso anno aveva fatto per lei
.
7
luglio 2002
Paola
è dono di Dio, è mezzo e strumento di grazia.
Negli
occhi di Paola, o Dio, ho visto te, la tua mitezza, la tua
sofferenza, la tua dolcezza, il tuo amore per noi, Signore.
Tu,
Signore, attraverso di lei brilli e ti manifesti; tu ce l' hai donata
e ce l' hai fatta amare, ed ora te la vuoi riprendere.
So,
Signore, che è cosa tua, come tutte le cose create. Tutto Signore ti
appartiene, tutto ciò che di bello e di buono esiste. Signore, Paola
é tua in modo indiscusso perché è cosa bella, opera delle tue
mani.
Oggi,
quando sono andata a trovarla, in ospedale, non ho visto il suo volto
gonfio e tumefatto, né i corti capelli da poco ricresciuti dopo lo
scempio che ne aveva fatto la chemio, né la ferita profonda dietro
l'orecchio dell'ultima speranza da poco naufragata, non ho visto i
cerotti che le coprivano le vene martoriate, né sotto le coperte, le
gambe immobili, per il male che si era propagato alle anche.
Ho
visto, Signore, i suoi occhi spalancati e luminosi, il volto disteso
e sereno, il sorriso aperto e gioioso ad accogliere i volti turbati
di chi si recava a trovarla.
Attraverso
le mani bianche e sottili comunicava il calore di un cuore pieno
d’amore per gli altri, in quelle ho visto le mani di chi ha
trasformato la sua vita in preghiera e offerta continua di sé.
Mentre
si muovevano continuavano a parlarmi di te, Signore, più che ogni
altra parte del corpo, un corpo in rovina, attaccato nelle sue fibre
più profonde da un male subdolo che non perdona.
Signore,
Paola non chiede per sé che di fare la tua volontà nell’abbandono
fiducioso nelle tue braccia.
Signore
mio Dio, pur se sappiamo che niente avviene a caso e neanche un
capello verrà perso di quanto hai creato, che niente delle cose che
da Te vengono sarà disprezzato, vogliamo osare chiederti
l’impossibile.
Padre,
eterno e misericordioso, accogli questa preghiera, fatta nel tempo
della nostra storia mortale, un tempo in cui le cose ci si presentano
con i colori e i profumi del mondo, un tempo in cui gli affetti
dell'anima sono ancora indirizzati a ciò che sentiamo con le nostre
orecchie e vediamo con i nostri occhi, un tempo in cui il dolore di
un uomo ci fa compassione quando teme per la sua compagna che se ne
sta andando, lasciandogli due piccoli angeli a cui dovrà provvedere
da solo.
Signore
questa sorella tu l' hai donata a sua madre, a suo padre, a suo
marito, ai suoi figli e a noi che abbiamo potuto conoscerla e
apprezzarne la comunione costante con te.
Signore,
ti prego, non toglierci prima del tempo il tuo dono, fa' che possiamo
ancora di più apprezzarlo, fa' Signore che in lei possiamo
continuare a contemplarti ed amarti.
Il
Signore ha ascoltato la preghiera dei suoi cari e di quanti hanno
avuto la grazia di conoscerla e di essere consolati da lei, quella
preghiera a cui io ho dato voce, consegnandogliela, quando sono
andata a trovarla in uno dei suoi tanti ricoveri all’ospedale. Non
aveva dubbi che lei, l’interessata, al Signore avrebbe detto ancora
una volta di sì.
Quando
lo scorso mercoledì delle ceneri, la bara è entrata nella chiesa,
che nei giorni precedenti si era stretta intorno ai giovani per
condividere un sogno, a una coppia per rendere grazie al Signore, e
all’ostia esposta sopra l’altare per riempirsi di luce, il coro
ha intonato il canto: "Risplendi Gerusalemme", tutti ci
siamo commossi, pensando a quanto aveva sofferto, a quanto aveva dato
e a quante cose le erano state negate.
Ma
le parole del libro della Sapienza ci hanno fatto guardare in alto
per vedere risplendere in cielo la luce di una stella che si era
aggiunta a tutte le altre per continuare ad illuminare la terra.
Sapienza
3,1-9
Le
anime dei giusti sono nelle mani di Dio,
nessun
tormento le toccherà.
Agli
occhi degli stolti parve che morissero;
la
loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro partenza da noi una
rovina.
Ma
essi sono nella pace.
Anche
se agli occhi degli uomini subiscono castighi,
la
loro speranza è piena d’immortalità.
Per
una breve pena riceveranno grandi benefici, perché Dio li ha provati
e
li ha trovati degni di sé:
li
ha saggiati come oro nel crogiuolo
e
li ha graditi come olocausto.
come
scintille nella stoppia, correranno qua e là.
Governeranno
le nazioni, avranno potere sui popoli
E
il Signore regnerà per sempre su di loro.
Quanti
confidano in lui comprenderanno la verità;
coloro
che gli sono fedeli vivranno presso di lui nell’amore,
perché
grazia e misericordia sono riservate ai suoi eletti.
Canto:
Risplendi Gerusalemme (CD – "Risplendi Gerusalemme" 9)
14
febbraio 2005
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