martedì 12 settembre 2006

14 Famiglia oggi:riflessioni di coppia



Rubrica radiofonica a cura di Gianni e Antonietta

Canto: Dio ha tanto amato il mondo (CD – "Risorto per amore" 10)

Cari amici all’ascolto di Radio Speranza un caldo e affettuoso saluto da Gianni e Antonietta.

Siamo in Quaresima, il tempo del digiuno e della conversione, il tempo del deserto per incontrare il Signore. Abbiamo pensato che la sigla della trasmissione dovevamo cambiarla e, se pur a malincuore, l’abbiamo fatto, perché è opportuno che non dimentichiamo qual è stato il prezzo pagato per il nostro riscatto, che la tentazione non ci venga di dare per scontato che tutto si aggiusta e che noi possiamo continuare a vivere come abbiamo sempre fatto, tanto Cristo è risorto e non dobbiamo temere più nulla.

La Quaresima ci chiama a ripercorrere con Gesù le tappe che lo hanno portato a non cedere allo smarrimento, alla tentazione di anteporre beni immediati al bene duraturo e sommo, per tutta l’umanità, a perseverare nell’amore come scelta di vita, spesa non per sé ma per tutti quelli a cui il Padre l’aveva mandato. Il sacrificio di Cristo è finalizzato a che la famiglia di Dio diventi famiglia dell’uomo e che tutti insieme possiamo gridare "Abbà, Padre" il nome più dolce e più intimo, con il quale i figli possono chiamare Chi ha dato loro la vita.

Essere testimoni del suo amore è il compito di ogni credente, che ha sperimentato la resurrezione e la vita, quella vita che ogni anno in primavera, nel tempo di Pasqua, cova nascosta nel grembo della natura e che porta frutto solo se con pazienza, con vigilanza, con operosità viene accompagnata alla piena maturazione dalla preghiera e dall’amore gratuitamente donato ad ogni fratello, proprio come ha fatto Gesù.

L’esempio della ruota di S. Antonio Abate ci ha aiutato a capire come le due cose siano strettamente connesse. I raggi, come gli uomini, man mano che si avvicinano al centro, cioè a Dio, riducono la distanza che li divide. Gesù è venuto a dare unità al mondo disgregato e diviso dal male, è venuto a portarci la buona novella dell’amore che salva, nella famiglia, nella Chiesa, nel mondo.

Questa settimana abbiamo fatto esperienza di cosa significhi essere famiglia, in quella nostra d’origine, quando siamo andati a far compagnia a mia madre che ci aspettava per condividere con noi il pasto che con le sue mani tremanti, ci ha voluto preparare per forza, in quella che abbiamo formato, quando stanchi alla sera, dopo un giorno vissuto di corsa, ci siamo guardati negli occhi e senza parlare ci siamo capiti e accolti, quando Giovanni ha fatto irruzione nel silenzio della nostra casa stanca di parole e ci ha chiesto se poteva dormire nel nostro lettone, per consentire al papà di mantenere la promessa, fatta alla mamma a novembre, il giorno del suo compleanno, di portarla al cinema.

Ci siamo sentiti famiglia, quando la comunità parrocchiale, insieme ai figli e ai nipoti, si è stretta intorno a Miranda e Romano, per il loro 50° anniversario di matrimonio, grati al Signore perché ci ha mostrato che con il Suo aiuto è possibile essere fedeli, amarsi e onorarsi tutti i giorni della vita.

Ci siamo sentiti famiglia, quando abbiamo preparato il più grande e pantagruelico banchetto di carnevale che mai Chiesa abbia accolto, dolci e leccornie di ogni genere, frutto della solidarietà di tanti fratelli che hanno messo a servizio tempo, fatica, e denaro per finanziare un sogno, quello di far volare a Colonia quanti più giovani della nostra parrocchia, a qualunque gruppo appartengano, per rispondere al richiamo del Papa, che in loro ripone la grande speranza di un’umanità rinnovata.. Insieme ai giovani abbiamo sognato, con loro ci siamo lasciati portare dall’entusiasmo, per prendere coraggio e credere che non era fatica vana distribuire foglietti con su scritta la parola di Dio: "Non voi avete scelto me ma io voi" (Gv 15,16) e invitare i compagni di banco della domenica a fermarsi e a prendere in considerazione che potevàmo vederci di nuovo e che il martedì e il venerdì c’è una splendida occasione per sentirsi famiglia nel gruppo Sacra Famiglia e insieme lodare e ringraziare il Signore.

Quando ce l’hanno detto che dovevamo parlare a degli sconosciuti ci è sembrata una pazzia, e abbiamo pensato ai testimoni di Geova che dovevano averne di coraggio, per fare sempre quello che noi con difficoltà eravamo chiamati a fare per la prima volta, a due a due, nella nostra parrocchia." Mentre uno parla, l’altro preghi", questo era il mandato.

Ci siamo guardati e abbiamo letto, dipinta sui volti, la stessa domanda. Di questo piccolo sparuto esercito di gente mal equipaggiata, giovani e vecchi, sani pochi, malati molti, cosa avrebbe potuto farne il Signore? Con quali parole avremmo potuto fermare la gente che, finita la Messa ha solo fretta di uscire per tornare alle quotidiane faccende, agli impegni abituali? Abbiamo pensato che il compito più difficile l’aveva il Padreterno, che non si scoraggia e meno male che è onnipotente.

Abbiamo ricordato, per farci coraggio, cosa aveva escogitato per noi, per prenderci all’amo, il Signore. Annamaria e Graziellina, nell’ambito della missione diocesana del 2000, quando bussarono alla nostra porta, erano consapevoli che da sole non avrebbero convertito nessuno, anche perchè naturalmente sono timide e di aspetto minuto. Ma se io sono qui, e se Antonietta è qui, è proprio per quel loro sì detto al Signore, affidando a Lui l’esito dell’impresa.

Canto: Come tu mi vuoi (CD – "Io scelgo te"2)

Ricordo quando mi suonarono difficili e dure le parole del Vangelo quando parla di " servi inutili", ma come riuscii a capirle e a farle mie ripensando ad una pezza di fodera.

Pescara 26 novembre 2001

Quando eravamo bambini, all’ora di pranzo ci mettevamo sulla strada, fuori al cancello per vedere il carretto dei nonni che tornavano dal mercato, dove erano andati a vendere la stoffa.

Ricordo le pezze lunghe e pesanti dei tessuti invernali, quelle corte e leggere delle fodere e dei tessuti di seta.

Noi bambini eravamo sempre eccitati quando dall’angolo spuntava il grande carretto, spinto a fatica dai grandi, che sotto ogni tempo così si guadagnavano la vita.

Ricordo l’ansia e la gioia di poter, una volta che era entrato in giardino, correre per prendere in braccio una o più pezze di stoffa, così da renderci utili e da accorciare il tempo dell’attesa del pranzo.

Gli adulti ci lasciavano fare, sorridenti ci davano ciò che ognuno poteva portare a seconda dell’età, ma con apprensione ci seguivano con gli occhi, quando ci affidavano ciò che spesso finiva per terra sporcandosi.

Così tutti noi piccoli, per quello che sapevamo e potevamo fare, i grandi per quello che dovevano per forza fare, contribuivamo a che la stoffa fosse rimessa in ordine negli scaffali della sala, dove poi si apparecchiava per mangiare insieme il frutto del lavoro di tutti.

Noi bimbi ci illudevamo che fosse così e i grandi ce lo facevano credere, ma quante volte hanno pensato che avrebbero fatto volentieri a meno della nostra collaborazione, perché continuavamo a combinare disastri.

Così è il Signore che ci chiama a servirlo senza che noi sappiamo far nulla, ma lo fa per farci partecipare con più gioia e soddisfazione al grande banchetto che ci ha preparato.

E’ importante, in questo tempo che ci dona di vivere, che sappiamo aspettare con pazienza al cancello, che siamo disponibili a prestare le nostre deboli braccia per portare i vari fardelli.

Non c’è dubbio che Lui ne dosi il peso secondo la statura, la robustezza e l’età di ognuno, proprio come facevano mio padre e mio nonno.

Voglio ringraziare il Signore perché, attraverso questa parabola, mi ha parlato del servizio, dell’importanza che assume nell’ambito del suo progetto, ma specialmente dell’inutilità di quanto ognuno di noi fa, ma che comunque serve per farci crescere e gustare con più consapevolezza e gioia ciò che ci ha preparato, ciò che era già pronto senza che noi lo guadagnassimo.

Ringrazio il Signore di quella pezza di fodera che da bimba ho portato, che mi ha fatto capire quanto sono poco importante, ma quanto valgo per Lui.

Voglio benedirlo perché mi ha ricordato che solo i bambini ci possono aprire il senso delle parabole.

Ridiventare bambini è la strada maestra per entrare nel regno dei cieli che, ogni volta che ci riusciamo, si trasferisce su questa terra e trasforma la nostra storia di schiavi, di servi inutili in storia di figli, a tutti gli effetti eredi di quel patrimonio di grazia che proviene solo da Lui.

Spesso ci siamo trovati già scritte le cose che non sapevamo come dire, e ci siamo stupiti di come ci abbiamo messo così tanto tempo ad accorgerci che il più bel libro scritto da Dio è la Bibbia, in cui il Nuovo Testamento dà luce e senso al Vecchio, che la nostra storia prende colore e acquista un senso, solo se letta alla luce di Cristo, il Verbo di Dio, la Parola incarnata, che ci insegna come si vince l’aridità e il deserto dell’anima.

La convinzione che non avevamo nulla di nostro da portare ci ha spinto ad alzarci presto, e a cercare nel raccoglimento della nostra Chiesa, prima della Messa, quella luce che non riuscivamo a vedere.

L’esperienza del profeta Elia, che sull’Oreb aveva teso le orecchie per sentire passare il Signore, ci hanno spinto a tacere su tutte le parole si affollavano nella nostra mente, perché avvertissimo le sue modulate sul mormorio del vento leggero.

Bisognava che facessimo silenzio per sentire, per vedere la Parola che salva, che non delude, che non cerca approvazione, né applausi, che mette in relazione l’uomo con Dio, comunicandogli il suo amore, perché non rimanga senza parole, quando agli altri lo deve annunciare.

Era in quell’ostia bianca e immacolata che il sacerdote ha consacrato sopra l’altare, la fresca sorgente che ha cominciato ad alimentare il nostro serbatoio inquinato e a corto di acqua limpida e fresca.

Canto: Pane di vita (CD – "Il tuo amore è grande" 6)

"Quando non avete nulla da portare è allora che portate Gesù nella sua interezza", sono le parole che sono arrivate, portate dal soffio del vento leggero.

"Date voi stessi da mangiare".

Sembra un paradosso, che Gesù chieda agli apostoli di collaborare a che tutti siano sfamati. Ma che Dio è questo che non riesce a fare le cose da solo e ha sempre bisogno di qualcuno che gli dia una mano, gli dica di sì per portare a compimento il suo disegno di salvezza per tutti quelli a cui l’ ha destinata?

Un Dio che ha chiesto la collaborazione di una donna per incarnarsi, e continua a chiederla ad ogni uomo per entrare nella sua storia e trasformarla in dono a tutti quelli che ne sono toccati..

Un dono, quello di Dio che si trasforma in una miriade di doni, quando si entra nella logica del dare se stessi, perché altri siano capaci di dare, di perdonare, di amare.

L’uomo ha bisogno di chi si fermi anche un attimo ad ascoltarlo, a chiedersi il perchè di un mesto sorriso o di una ruga che, più profonda, attraversa il suo viso.

Egli è sempre più solo e sempre più inascoltato rimane il suo grido, ovattato dalle pareti di una casa deserta di affetti o di un ospedale, dove rari samaritani s’incontrano, per lenire il suo pianto e curare le sue ferite.

L’idea di amore, che la nostra società ci trasmette attraverso i mass media, contrasta vistosamente con quella predicata dal Vangelo.

Solo in chiesa o in luoghi a lei vicini sentiamo parlare di un sentimento che diventa una scelta di vita, quella che porta a donarsi tutto all’altro, collegandolo a ciò che ogni uomo è destinato ad essere: dono da parte di Dio a tutta l’umanità.

Abbiamo ringraziato il Signore per quel piccolo pezzo di pane con il quale si è comunicato a noi, durante la Messa, per quello esposto nella teca dorata e lucente che don Gino, con caparbietà, continua ad esporre ogni mattina perché nessuno rimanga a secco, l’abbiamo ringraziato per tutti i fratelli in cui lo incontriamo, l’abbiamo ringraziato per Paola, che ci ha lasciato, e abbiamo ricordato la preghiera che Antonietta, lo scorso anno aveva fatto per lei
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7 luglio 2002

Paola è dono di Dio, è mezzo e strumento di grazia.

Negli occhi di Paola, o Dio, ho visto te, la tua mitezza, la tua sofferenza, la tua dolcezza, il tuo amore per noi, Signore.

Tu, Signore, attraverso di lei brilli e ti manifesti; tu ce l' hai donata e ce l' hai fatta amare, ed ora te la vuoi riprendere.

So, Signore, che è cosa tua, come tutte le cose create. Tutto Signore ti appartiene, tutto ciò che di bello e di buono esiste. Signore, Paola é tua in modo indiscusso perché è cosa bella, opera delle tue mani.

Oggi, quando sono andata a trovarla, in ospedale, non ho visto il suo volto gonfio e tumefatto, né i corti capelli da poco ricresciuti dopo lo scempio che ne aveva fatto la chemio, né la ferita profonda dietro l'orecchio dell'ultima speranza da poco naufragata, non ho visto i cerotti che le coprivano le vene martoriate, né sotto le coperte, le gambe immobili, per il male che si era propagato alle anche.

Ho visto, Signore, i suoi occhi spalancati e luminosi, il volto disteso e sereno, il sorriso aperto e gioioso ad accogliere i volti turbati di chi si recava a trovarla.

Attraverso le mani bianche e sottili comunicava il calore di un cuore pieno d’amore per gli altri, in quelle ho visto le mani di chi ha trasformato la sua vita in preghiera e offerta continua di sé.

Mentre si muovevano continuavano a parlarmi di te, Signore, più che ogni altra parte del corpo, un corpo in rovina, attaccato nelle sue fibre più profonde da un male subdolo che non perdona.

Signore, Paola non chiede per sé che di fare la tua volontà nell’abbandono fiducioso nelle tue braccia.

Signore mio Dio, pur se sappiamo che niente avviene a caso e neanche un capello verrà perso di quanto hai creato, che niente delle cose che da Te vengono sarà disprezzato, vogliamo osare chiederti l’impossibile.

Padre, eterno e misericordioso, accogli questa preghiera, fatta nel tempo della nostra storia mortale, un tempo in cui le cose ci si presentano con i colori e i profumi del mondo, un tempo in cui gli affetti dell'anima sono ancora indirizzati a ciò che sentiamo con le nostre orecchie e vediamo con i nostri occhi, un tempo in cui il dolore di un uomo ci fa compassione quando teme per la sua compagna che se ne sta andando, lasciandogli due piccoli angeli a cui dovrà provvedere da solo.

Signore questa sorella tu l' hai donata a sua madre, a suo padre, a suo marito, ai suoi figli e a noi che abbiamo potuto conoscerla e apprezzarne la comunione costante con te.

Signore, ti prego, non toglierci prima del tempo il tuo dono, fa' che possiamo ancora di più apprezzarlo, fa' Signore che in lei possiamo continuare a contemplarti ed amarti.

Il Signore ha ascoltato la preghiera dei suoi cari e di quanti hanno avuto la grazia di conoscerla e di essere consolati da lei, quella preghiera a cui io ho dato voce, consegnandogliela, quando sono andata a trovarla in uno dei suoi tanti ricoveri all’ospedale. Non aveva dubbi che lei, l’interessata, al Signore avrebbe detto ancora una volta di sì.

Quando lo scorso mercoledì delle ceneri, la bara è entrata nella chiesa, che nei giorni precedenti si era stretta intorno ai giovani per condividere un sogno, a una coppia per rendere grazie al Signore, e all’ostia esposta sopra l’altare per riempirsi di luce, il coro ha intonato il canto: "Risplendi Gerusalemme", tutti ci siamo commossi, pensando a quanto aveva sofferto, a quanto aveva dato e a quante cose le erano state negate.

Ma le parole del libro della Sapienza ci hanno fatto guardare in alto per vedere risplendere in cielo la luce di una stella che si era aggiunta a tutte le altre per continuare ad illuminare la terra.

Sapienza 3,1-9

Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio,

nessun tormento le toccherà.

Agli occhi degli stolti parve che morissero;

la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro partenza da noi una rovina.

Ma essi sono nella pace.

Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi,

la loro speranza è piena d’immortalità.

Per una breve pena riceveranno grandi benefici, perché Dio li ha provati

e li ha trovati degni di sé:

li ha saggiati come oro nel crogiuolo

e li ha graditi come olocausto.

Nel giorno del loro giudizio risplenderanno,

come scintille nella stoppia, correranno qua e là.

Governeranno le nazioni, avranno potere sui popoli

E il Signore regnerà per sempre su di loro.

Quanti confidano in lui comprenderanno la verità;

coloro che gli sono fedeli vivranno presso di lui nell’amore,

perché grazia e misericordia sono riservate ai suoi eletti.

Canto: Risplendi Gerusalemme (CD – "Risplendi Gerusalemme" 9)

14 febbraio 2005

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